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Un anno di NBA

Salutiamo il 2022 passando in rassegna volti, momenti e temi significativi

Warriors

Il 2022 è stato un anno importante per nbareligion.com, durante il quale abbiamo festeggiato i 10 anni di presenza online. Cogliamo l’occasione del 31 dicembre per mettere in fila momenti e temi raccolti negli ultimi 365 giorni in questo pezzo redazionale, proiettandoci già verso un 2023 che fin dalle prime battute potrebbe regalare nuove pagine di storia.

Golden State, l’orgoglio dei campioni

di Nicolò Basso

Il 14 gennaio 2022 gli Warriors disputano la settima partita dell’anno solare 2022. Di fronte i Milwaukee Bucks campioni in carica. Golden State approccia alla boa di metà stagione con un record parziale da 75% di vittorie, ma affronta il primo vero crocevia dopo tre sconfitte nelle precedenti quattro uscite. Che si tratti di un punto di svolta è chiaro anche senza dare uno sguardo al  calendario. L’andamento anomalo del match –   Warriors doppiati a metà gara sul 77-38 – non fa che confermare queste sensazioni.

Giannis Antetokounmpo chiude con una tripla doppia da 30 punti, la sconfitta arriva, pesante, e dà la scossa necessaria che risveglia i ragazzi di Steve Kerr. Un cambio di passo evidente caldeggiato dalle dichiarazioni al termine dell’incontro. L’allenatore richiama il roster a un ritorno sui consueti binari, mentre Steph Curry suona se possibile ancor più diretto: “A inizio stagione abbiamo posto il metro di paragone con un’asticella molto in alto e dobbiamo tornare a quei livelli. Siamo noi contro noi stessi, nel confronto.

È tipico delle grandi squadre assumere un atteggiamento distintivo sul piano mediatico e nella Bay Area non si sono certo risparmiati. Dal categorico Titolo o fallimento, fino alle previsioni a lungo termine di Draymond Green, la stagione di Golden State è stata una continua ricerca della scintilla.

Gli incroci nel percorso Playoff, fin dal primo turno contro i Denver Nuggets, hanno offerto corsi e ricorsi storici alla Dub Nation e con il battesimo in postseason del Chase Center è arrivata quella spinta in più. Il terzo anniversario dell’infortunio occorso a Klay Thompson, nell’immediata vigilia di Gara 5 delle NBA Finals contro i Boston Celtics, ha permesso alla squadra di riavvolgere almeno idealmente il nastro, riprendendo un percorso interrotto in modo troppo brusco nel 2019.

Al di là del pur significativo rientro in NBA dello Splash Brother dopo 941 giorni lontano dal parquet, la serie di imprevisti che ha caratterizzato la tortuosa risalita di Golden State avvalora il traguardo raggiunto. Nel corso della regular season 2021-2022, ad esempio, Draymond Green è sceso in campo in appena 46 occasioni (career-low se si esclude la stagione 2019-2020 rivoluzionata dalla bolla di Orlando) mentre Steph Curry, ai box da metà marzo, ha tenuto il meglio del proprio repertorio per la fase cruciale.

A otto anni dal primo dei sei viaggi alle Finals nell’era Kerr Golden State è stata capace di reinventarsi in continuazione, tipico delle grandi squadre. Il coach ha fatto tesoro dell’esperienza, lavorando pazientemente per integrare al meglio i nuovi elementi; ha atteso James Wiseman (mai dire mai), coccolato Jonathan Kuminga, lanciato Jordan Poole e (ri)lanciato un ex prima scelta assoluta del Draft come Andrew Wiggins, oggi All-Star. 

La nomina di Mike Brown a capo allenatore dei Sacramento a partire dalla stagione corrente e il concreto interesse di Charlotte nei confronti di Kenny Atkinson (trattativa sfumata per il dietrofront di quest’ultimo) confermano una volta di più l’efficacia del modus operandi Warriors. La proprietà, come noto, non bada a spese pur di consolidare il ciclo di vittorie, ma il conto della luxury tax sempre più salato potrebbe indurre qualche riflessione in vista di un’estate che si preannuncia rovente. In tal senso l’incidente di percorso che ha coinvolto Poole e Green nel pieno del training camp di preparazione potrebbe aver indirizzato almeno in parte le scelte nel medio periodo, ferma restando la player option esercitabile dal numero 23 per la prossima annata. Da definire inoltre la posizione di Bob Myers, silente artefice mai abbastanza celebrato dell’ingranaggio perfetto Warriors, il cui contratto è in scadenza. È presto per dire se il 2023 NBA assumerà i contorni di The Last Dance per il nucleo vincente di Golden State conosciuto fino ad ora. Nel dubbio, mettiamoci comodi.

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