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NBA, DeMar DeRozan e l’aneddoto su Kobe: “Da quel momento smisi di calzare Jordan”

La guardia dei Bulls ebbe la brillante idea di “provocare” Bryant giocando su un dettaglio estetico non esattamente trascurabile, a maggior ragione per le esiziali facoltà percettive del Mamba

Intervenuto nel corso dell’ultima puntata di “How hungry are you?”, podcast condotto da Serge Ibaka, DeMar DeRozan ha rivelato alcuni toccanti dettagli della sua viscerale affinità con l’eredità lasciata da Kobe Bryant, ricordando quanto imparato in anni di idolatria e simultanea condivisione del parquet con il Black Mamba, senza tacere al contempo aneddoti indelebili legati proprio alla memoria dell’ex Lakers.

Di seguito, le parole di DeRozan:

“Porto sempre nel cuore i suoi insegnamenti, la sua mentalità ed il suo approccio alla pallacanestro. Devi avvicinarti ad ogni partita come se fosse l’ultima della tua carriera, lasciando perdere tutte le speculazioni sul divertimento e la serenità. L’obiettivo di Kobe non è mai stato quello di partecipare al gioco. Egli ha sempre inseguito ossessivamente soltanto la vittoria, sorretto dalla convinzione di dover affinare ogni microscopico aspetto tecnico e comportamentale esistente per poter avere un prezioso vantaggio sugli altri nel raggiungerla. Gara 7 di Finale od una partita di preseason non appartengono a due mondi separati e non richiedono pertanto approcci diversi. Conta solo la pallacanestro, in qualunque sua declinazione.”

DEROZAN VESTE KOBE: L’EPISODIO CHE CHIUSE DEFINITIVAMENTE LE JORDAN NEL CASSETTO

Continua DeRozan, ricordando un aneddoto tanto singolare quanto formativo, soprattutto per le decisioni assunte successivamente in termini di calzature predilette:

“Kobe mi ha sempre apprezzato molto in campo, anche perché la mia stima nei suoi riguardi era tanto evidente da apparire prossima all’idolatria. Nel 2012, quando i Lakers vennero a giocare a Toronto, scelsi appositamente di indossare un paio di Jordan in vista della partita, convinto di attirare in tal modo l’attenzione di Kobe, sempre incline a farmi i complimenti per la mia predilezione verso la sua linea di scarpe. Non si trattò comunque di sfacciataggine o di mera ricerca d’attenzione dal mio punto di vista; descriverei la scelta più come una trovata provocatoria e goliardica. Egli notò immediatamente il dettaglio e cominciò ad usare un quantitativo esagerato di trash talking nei miei riguardi, volendo apertamente affossarmi sul piano psicologico prima ancora che su quello tecnico. Quella sera chiuse la partita perfino con un game-winner dalla bellezza stordente, dimostrando di saper prender spunto da ogni singolo dettaglio scomodo o sospetto per poi incidere nei momenti decisivi. A partire dal quel giorno, non ho mai più indossato un paio di Jordan in una partita ufficiale, qualunque fosse l’avversario.”

 

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