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NBA, Ray Allen: “Mi ringraziano ancora per il canestro del 2013”

L’autore di “The Shot” riceve annualmente chiamate di ringraziamento dai compagni dell’epoca

Uno su due ai liberi di Kawhi Leonard. Venti secondi scarsi al termine di Gara 6 delle Finals NBA 2013. I San Antonio Spurs, in vantaggio tre a due nella serie, godono di un possesso pieno di vantaggio sui Miami Heat. L’American Airlines Arena rivede i fantasmi del 2011, anno in cui un’altra franchigia texana, i Dallas Mavericks, sollevò il trofeo a South Beach. Chiunque in quell’istante spera in una giocata decisiva, che mantenga viva la partita, oltre che le possibilità di titolo. LeBron James esce dal blocco di contenimento di Bosh e tira da tre punti. Errore. Lo stesso Bosh cattura il rimbalzo e riapre verso Ray Allen, che non si trova perfettamente in angolo, ma si coordina mentre corre all’indietro e lascia andare il tiro. Solo rete.

L’ex giocatore dei Celtics si volta, visibilmente infastidito, e rivolge parole poco gentili all’indirizzo degli steward, che avevano già predisposto il cordone per isolare il campo dalle tribune e dare inizio alla festa Spurs. Miami vincerà quella partita al supplementare ed anche la successiva Gara 7, bissando il successo dell’anno precedente contro i Thunder. Se è vero che la memoria degli appassionati non permetterà mai che il gesto tecnico di Ray Allen cada nell’oblio, i giocatori che condividevano con lui il parquet in quell’occasione ne ricordano lucidamente ogni singola sfumatura. Recentemente intervistato da CBS, l’ormai ex giocatore ha cercato di quantificare la gratitudine che i suoi compagni ed allenatori serbano ancora oggi per lui:

“LeBron e Spoelstra mi chiamano almeno una volta all’anno per ricordare quel momento e ringraziarmi di aver segnato quel tiro. E’ sempre emozionante ricordare quegli istanti: l’incertezza del pubblico, l’errore di James, il rimbalzo di Bosh, la mia sospensione ed i salti in panchina di Norris Cole. Ad ogni modo, sono io a dover ringraziare loro per avermi accolto in squadra con grande considerazione. Ero un ‘nemico’, arrivando dai Celtics, ma mi hanno voluto fortemente ed avevo il dovere minimo di ripagare la fiducia.”

 

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