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NBA, Boris Diaw e Tony Parker rivivono la cavalcata Spurs 2014

Un’intervista in formato podcast è divenuta l’occasione per ricordare i bei tempi condivisi sui campi NBA

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Ospite del podcast curato dal suo grande amico Tony Parker, in esclusiva Spotify, Boris Diaw ha ripercorso le tappe fondamentali della sua carriera NBA soffermandosi in particolare sulla gioia seguita alla vittoria del titolo nel 2014. Quegli Spurs erano un manifesto international per una lega già globale.

Boris Diaw e il Draft NBA 2003

Il Draft 2003 è passato alla storia come uno dei più ricchi di talento. L’ l’hype che precede la chiamata dei giovani prospetti, in quel caso, ha poi trovato conferma effettiva sul campo nelle stagioni a seguire. Alla 21 chiamata in quella classe così nutrita gli Hawks chiamarono Boris Diaw, che ricorda così, a distanza di quasi vent’anni, quel momento:

[Rivolto a Tony Paker ndr]. Al Draft siamo entrambi al telefono. Nota a margine per contestualizzare: Internet non era quello di oggi, si trattava di un modem e c’erano 10-15 minuti di latenza, differenza rispetto alla diretta pagine vecchie. Tu lo guardavi alla tv e mi aggiornavi in diretta e io pensavo: ‘Quando sarà il momento mi dirà che sono stato preso’. Ricordo che tu volevi davvero che arrivassi fino [alla scelta di] San Antonio perché avevi parlato con Pop [coach Popovich] e RC [Buford] dicendo che se fossi stato libero alla 28 mi avreste preso. Tu quindi eri contento a ogni scelta che passava, io un po’ meno. Mi chiamò Atlanta, tu avevi talmente assaporato la possibilità che reagisti con un: ‘Nooo, ti ha scelto Atlanta’; io stavo vivendo invece il momento più bello della mia vita. C’era uno scarto [emozionale] di cui mi ricordo bene. Poi mi hai fatto i complimenti.”

L’approdo ai San Antonio Spurs

Appuntamento all’ombra dell’Alamo solo rimandato. Intermediario, in quell’occasione, fu ancora Tony Parker, che racconta il processo di recruting:

Pop mi fa: ‘Cos’ha di speciale? Pensi possa funzionare con noi?” –Assolutamente.’ Mi ha ricordato il Draft quando avevo ripetuto in continuazione ‘Dobbiamo prenderlo, dobbiamo prenderlo, dobbiamo prenderlo’ e dieci anni dopo sei arrivato da noi. Ero così felice e poi abbiamo inanellato 24 vittorie consecutive.”

Per Diaw, la firma con i neroargento rappresentò un nuovo inizio:

Come rinascere. La situazione era difficile [a Charlotte], fine contatto. Mi dicevo: ‘Mi resta un mese’. Un mese da buttare perché non giocavo praticamente mai. Che faccio? Un mese e poi vacanza tutta l’estate o perdo dei soldi per fare i Playoff e giocare due tre mesi in più? Non esitai un attimo. Doc Rivers mi aveva cercato e da loro c’era Michael Pietrus, Pop sapeva dei colloqui e dunque disse: ‘Vorremmo davvero averti, parli con Tony [Parker] e via così. […] Non forzò la mano ma ovviamente la tua presenza in squadra fece la differenza, era l’occasione di giocare assieme. […] Ho in mente l’immagine di noi due all’Insep, in fondo all’aula, vicino al radiatore e alla finestra. [La vittoria del titolo?] Non è tanto la partita che sancisce la vittoria o il fatto di arrivare in fondo alla stagione. Ti passa per la testa  un insieme delle stagioni precedenti, ti ricordi da dove arrivi. Nel 2014 giocammo basket di squadra, non ho  mai avuto così tanto gusto a stare su un campo da pallacanestro. La statistica sul numero di passaggi che facevamo rispetto a Miami era impressionante, 400 a 36 o una cosa del genere. Avevo l’impressione di giocare il basket più puro.”

 

 

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