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Oklahoma City Thunder

Oklahoma City Thunder Preview: The time is now

I Thunder arrivano alla stagione della verità: con Melo altrove e George legato alla squadra per i prossimi anni, è il momento di tornare a fare rumore

Respira, OKC. Respira.

Dopo la prima annata senza Kevin Durant, conclusasi sì con l’epica stagione delle 42 triple doppie ed MVP di Russell Westbrook, ma ben lontana dagli standard di competitività recenti della squadra, lo scorso anno Sam Presti era riuscito a regalare all’ambiente Thunder due star come Paul George e Carmelo Anthony per provare a tornare (vicino) al vertice.

Nada.

La prima (e ultima, thanks God) stagione di convivenza tra Westbrook, George e Melo si è conclusa con una discreta regular season, conclusa al quarto posto a Ovest dopo il rush finale, e la prematura uscita di scena al primo turno dei Playoff per 4-2 contro gli Utah Jazz.
Detto fatto, nuova rivoluzione in estate, via Melo e il suo terribile contratto da 27 milioni annui (con opzione che l’ex Knicks ha, ovviamente, sfruttato), e trade con gli Atlanta Hawks che ha visto giungere a OKC Dennis Schröder, primo vero back-up naturale di Westbrook dai tempi di Reggie Jackson.
Oltre al tedesco, OKC in estate ha tentato la carta Nerlens Noel, firmando l’ex Mavs con un biennale da meno di quattro milioni di dollari complessivi e fornendo alla panchina un secondo lungo con potenziale di protezione del ferro interessante, oltre alla colonna Steven Adams.
In attesa del rientro di Andre Roberson, e con un anno in più di convivenza per la coppia Westbrook-George (che in estate ha firmato il tanto agognato e inaspettato rinnovo, legandosi definitivamente alla franchigia), OKC ha costruito il roster tutto muscoli e atletismo che potrebbe finalmente dare alla squadra una vera identità di gioco, e renderla un ostacolo potenzialmente insuperabile per quanto riguarda la metà campo difensiva.

Punti di forza

Il primo fattore a cui OKC può guardare con positività è sicuramente l’anno di convivenza alle spalle per Paul George e Russell Westbrook, che anno avuto modo di conoscersi, diventare grandi amici e, sopratutto, giocare quasi 90 partite assieme per provare a cavare il meglio l’uno dal gioco dell’altro. In questa cerchia rientra per forza di cose anche Steven Adams, che con la dipartita di Melo sarà sicuramente chiamato ad assumere un ruolo più centrale nell’attacco dei Thunder, aprendo possibilità proprio a Westbrook e George di scaricare la palla verso il ferro, e non più solo fornendo i blocchi granitici che hanno reso il neozelandese una delle armi offensive meglio nascoste della lega (Top 5 per screen assist in entrambe le ultime due stagioni, per NBA.com/Stats).

L’arma migliore nell’arsenale di OKC lo scorso anno è stata un po’ a sorpresa la difesa, che con l’aggiunta di George è passata da average a costantemente nel gruppo delle migliori della lega; specie nei primi mesi, la presenza di George in campo assieme a Roberson forniva a coach Donovan due ali fisicamente rilevanti in grado di marcare almeno quattro posizioni su cinque in campo, e i continui passi in avanti di Adams permettevano allo stesso tempo di ‘nascondere’ le lacune di Melo e la mancanza di applicazione di Westbrook (che, se volesse, sarebbe un difensore ben oltre la media).
Fino a dicembre, periodo del disgraziato infortunio a Roberson che salutò tendine rotuleo e intera stagione, i Thunder erano tra le prime cinque difese della lega per punti concessi e Defensive Rating, e la capacità di George di disturbare le linee di passaggio avversarie e produrre tanti possessi in transizione aveva dato a OKC un’identità ben precisa, facendo raccogliere alla squadra anche scalpi più che eccellenti durante la regular season (memorabili le due larghe vittorie contro Golden State, una in casa e una a Oakland, e il massacro dei Cleveland Cavaliers in Ohio con ben 48 punti segnati nel primo quarto – !!!).

Dal punto di vista offensivo, Donovan può contare su due dei migliori realizzatori in isolamento dell’intera lega, benché la selezione di questo tipo di possessi per i Thunder non sia sistematica, come hanno provato a renderla nella scorsa stagione gli Houston Rockets con Paul e Harden, ma più dettata dall’assenza di altre opzioni in certi momenti della partita.
Da questo punto di vista, l’arrivo di Dennis Schröder può aprire molti scenari interessanti: da quello più ovvio con maggiori occasioni di riposo per Westbrook, con il tedesco a dirigere la squadra al suo posto, ad altri più inesplorati come la presenza di entrambe le point guard sul parquet con Schröder a portare la palla e Westbrook, come ai tempi di Durant, a partire nascosto per combinare le proprie straordinarie doti atletiche con la capacità di tagliare verso il canestro decisamente troppo poco sfruttata negli ultimi anni.

Schröder è un passatore decisamente sopra la media, nonostante abbia la fama di ball-hog e non pass-first guard, e questa sua capacità può sbloccare nuove armi per OKC.

Arrivato alla soglia dei 30 anni, e con la terza operazione al ginocchio in carriera appena effettuata che lo terrà fuori per tutto il training camp e la pre-season, Westbrook ha bisogno di alleggerire un po’ il carico sulle sue spalle e permettere, se il tedesco dimostrerà di esserne capace, a Schröder di gestire qualche possesso in più.

Quando la palla è gestita da un passatore sopra la media (qui Durant), la rapidità di Westbrook diventa un’arma potenzialmente senza freni per offrire soluzioni alternative all’attacco.

Punti deboli

Come detto, la difesa di OKC si era rivelata particolarmente devastante fino a quando Andre Roberson non si è infortunato, momento dopo il quale la squadra è tornata più o meno in linea di galleggiamento e ha concluso la stagione più che altro sulle spalle di Westbrook, visto che l’assenza di Roberson ha esposto George a maggiori responsabilità difensive rendendolo più stanco, e quindi meno efficace, nell’altra metà campo.

Assenza di Roberson che si prolungherà anche per le prime settimane della nuova regular season, con l’esterno ex Colorado che sta migliorando ma non ha ancora una data certa per il rientro in campo. Donovan dovrà quindi essere bravo a non caricare troppo il lavoro sugli esterni di George, in modo da avere PG fresco e in grado di fare la differenza insieme a Westrbook e Adams anche nella metà campo offensiva.
Altro sostegno di cui avranno bisogno i Thunder è un passo in avanti della panchina, vero tallone d’Achille di una squadra che, quando Westbrook e George non erano in campo nella scorsa stagione, sembrava faticare anche a far entrare la palla nell’area avversaria.
Se in questo senso l’arrivo di Schröder da Atlanta potrà rappresentare un significativo upgrade, giocatori come Alex Abrines e Patrick Patterson dovranno cercare di dare di più rispetto allo zero dimostrato nella scorsa stagione.

Un altro cantiere a cielo aperto resta la capacità dei Thunder di aprire il campo con il tiro da fuori. Se si esclude George (che ha sì concluso la stagione con il 40% da 3, ma subendo un tremendo calo con l’arrivo dell’anno nuovo), nessun giocatore dei Thunder ha dimostrato un tiro da tre punti affidabile in grado liberare un po’ l’area e non costringere Westbrook ai miracoli per arrivare al ferro o servire Adams.
Nemmeno due armi molto importanti come il neo arrivato Noel o Jerami Grant (parte fondamentale del roster dell’anno scorso e rinnovato con un ottimo triennale da 9 milioni l’anno) saranno in grado di garantire aiuto sotto questa voce, e starà a Donovan trovare il sistema di rendere l’attacco dei Thunder il più variegato possibile.

Scenario migliore

In ogni caso, comunque, il solo fatto che Anthony non faccia più parte del roster rappresenta un inevitabile vantaggio per i Thunder, che avranno la possibilità di inserire Grant in quintetto e sfruttare i vantaggi che questo portava durante la scorsa stagione (i quintetti di OKC con Grant al posto di Melo erano migliori sia per Net Rating che per Pace – più alto con l’ex Sixers in campo).
Con gli Houston Rockets che hanno perso un elemento fondamentale come Trevor Ariza, sostituendolo proprio con Anthony, gli Spurs che hanno totalmente cambiato faccia e gli Utah Jazz sicuramente più consci delle proprie possibilità ma con il giocatore migliore comunque solo al secondo anno nella lega, niente vieta ai Thunder di provare a diventare la seconda forza della Western Conference dietro gli irraggiungibili Golden State Warriors.
A livello di roster la squadra è inevitabilmente migliorata, e con l’assenza di aggiunte importanti tra gli avversari questo potrebbe essere l’anno giusto per Westbrook e compagni per una statement season, una stagione che riporti i Thunder definitivamente nel ristretto cerchio delle vere contender.

 

Scenario peggiore

La situazione, però, potrebbe anche prendere una piega decisamente peggiore. Se Roberson dovesse impiegare più del previsto a tornare in campo, lasciando la squadra per mesi senza il proprio miglior difensore, il castello potrebbe cominciare a crollare.
Per quanto possa avere risvolti positivi, poi, la convivenza tra Westbrook e Schröder potrebbe anche non decollare mai, lasciando Donovan prigioniero di due point guard principalmente individualiste e che non miglioreranno di un centimetro l’attacco di una squadra che fa ancora troppo affidamento sugli isolamenti.
Con una Western Conference sempre più competitiva, in cui oltre alle avversarie dello scorso torneranno tra le contender per i Playoff anche i Los Angeles Lakers, OKC rischia di venire risucchiata nella lotta e avere di nuovo un avversario scomodo al primo turno, che se non venisse superato neanche in questa stagione diventerebbe una vera e propria chimera per la franchigia.

Pronostico

Il traguardo delle 50 vittorie è sicuramente alla portata dei ragazzi di Donovan, che senza essere troppo ottimisti possono pensare di fare anche qualcosa in più e rientrare, appunto, nella lotta per le prime tre posizioni. Le carte sono in regola, quello che deve premere di più ai Thunder è fare rumore, rumore a suon di vittorie e turni passati nei Playoff. Uno statement che riporti la franchigia stabilmente al tavolo dei vincenti.

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