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Houston Rockets

NBA Playoff Preview: Houston Rockets – Utah Jazz

Houston Rockets e Utah Jazz sono, per motivi diversi, due delle migliori squadre dell’ultima regular season e arrivano a questa serie dopo aver dato eccellenti conferme nel primo turno di Playoff. Una sfida di questo genere potrebbe essere decisa dalla maggior determinazione con cui uno dei due team inseguirà con coerenza la propria filosofia.

Houston Rockets e Utah Jazz sono al momento, senza mezzi termini, due delle squadre più cool della NBA.
Grazie a una regular season che le ha viste, in modi diversi, sconfiggere ogni perplessità nei loro riguardi, si sono guadagnate non solo delle posizioni molto pregiate nella griglia-Playoff ma anche un’ammirazione crescente da parte degli appassionati di tutto il mondo che riconoscono come al momento queste siano due delle migliori squadre che possiate vedere su un campo NBA.
Sulle due panchine siedono il Coach of the Year uscente, Mike D’Antoni, e uno dei candidati più seri a succedergli, Quin Snyder; in campo si sfidano il probabilissimo MVP, James Harden, e il quasi certo Difensore dell’Anno, Rudy Gobert. Entrambe le squadre hanno in parte riscritto il proprio destino nell’ultima bollente off-season: in Texas è arrivato Chris Paul a seguito di uno scambio che potrebbe aver cambiato la storia recente dei Rockets, nello Utah si è materializzato il fortunatissimo trade-up al Draft che ha portato all’arrivo di Donovan Mitchell.

Donovan Mitchell e la sua felpa su cui è impressa la definizione di Rookie sono decisamente due delle cose più cool di tutta la stagione. (credits to sportscanyon)

Insomma, malgrado le evidenti differenze di sistema e di percorso, i parallelismi tra le due squadre sono numerosi e intriganti. In più, le rispettive vittorie ai primi turni non hanno fatto altro che aumentare la considerazione del pubblico nei confronti delle rispettive squadre: Houston è riuscita a giocare quasi alla perfezione il ruolo della schiacciasassi contro i Minnesota Timberwolves, regolando con un netto 4-1 un team che non aveva le armi per impensierirla continuativamente; Utah ha, invece, avuto la meglio in sei gare su un team almeno sulla carta più talentuoso e più esperto in ottica Playoff.
Insomma, Rockets-Jazz potrebbe essere una delle serie più accattivanti di questa post-season.

Precedenti stagionali

Certo, se volessimo fondare tutte le nostre speranze di assistere a una super serie sui precedenti stagionali resteremmo delusi: i Rockets hanno sculacciato i Jazz nei quattro confronti stagionali con vittorie ampiamente in doppia cifra di scarto.

Nel primo confronto stagionale Harden ha deciso di riscrivere momentaneamente il suo career-high, servendo anche 13 assist, all’interno di una vittoria monstre per 137-110.

Stando alle statistiche NBA.com, nel corso delle quattro gare, la squadra di coach D’Antoni ha realizzato ben 118.1 punti su cento possessi, concedendone appena 100.6 ai ragazzi di Snyder.
Il differenziale di ben 17.5 punti la dice lunga sugli equilibri in campo nel corso della stagione regolare, a maggior ragione se si considera che ben tre delle quattro sconfitte dei Jazz sono maturate con Rudy Gobert in campo e quindi non sono neanche configurabili all’interno del momento di crisi generale attraversato da Mitchell e compagni in contumacia al loro centro titolare.
In ogni caso, però, bisogna riconoscere delle attenuanti a Utah: le quattro sonore sconfitte sono arrivate in momenti molto risalenti all’interno della stagione, quando ancora il sistema di Snyder non aveva completamente attecchito sui suoi nuovi interpreti e risentiva marcatamente delle partenze dei suoi uomini chiave della scorsa stagione.
L’ultimo confronto tra le due franchigie risale a febbraio: molte cose sono cambiate per i Jazz da quel momento in poi, tanto sul campo, quanto nella loro considerazione tra i fan NBA.

Chiavi tattiche

Presentando tatticamente la sfida non possiamo fare a meno di dire che i concetti alla base delle due filosofie di gioco sono molto simili: entrambe le squadre non giocano su ritmi altissimi, vanno molto forte a rimbalzo e cercano tiri di qualità -preferibilmente da tre, al ferro o in lunetta, provando a epurare completamente i tiri dal mid-range – ma lo fanno in maniere così diverse da sembrare antitetiche.

Così evitano i tiri dal mid range gli Utah Jazz. Il pick-and-roll genera l’attacco ma non è necessariamente l’arma con cui concluderlo, attraverso tagli profondi ed extra pass viene generato un vantaggio decisivo.

Le due squadre risultano eccellenti nella capacità di evitare i long 2s: Utah produce appena  il 10% dei propri punti dalla media distanza, Houston addirittura supera a mala pena il 5%. È evidente che siamo dinnanzi a due fiere esponenti della pallacanestro moderna e, a confermarlo, arriva la statistica che ci racconta come siano le due squadre che generano la maggior percentuale dei propri punti grazie al tiro da tre (40.8 Houston, 32.4% Utah).

Questo è, invece, il modo in cui Houston epura le situazioni intermedie dal proprio attacco. Il pick-and-roll, preferibilmente di tipo fist-up, costringe la difesa a reagire immediatamente, aprendo tre ghiotte possibilità al Barba: conclusione personale al ferro, servizio per il taglio di Capela o assist per il corner three non contestato, il tiro più pregiato della NBA moderna.

A leggere le statistiche potremmo anche pensare di accostare in qualche modo i due team, ma in realtà le differenze filosofiche non si traducono in una somiglianza sul campo. Partiamo dalla divergenza più evidente, ovverosia il ball movement.
Grazie alla presenza simultanea di più creatori di gioco sul campo, Utah è, per sua stessa natura, una squadra che ha bisogno di passarsi tantissimo la palla per rendere il proprio attacco efficiente. I Jazz possono spesso schierare in campo almeno tre trattatori di palla e questo porta a risultati armonci e particolarmente appaganti per gli occhi. Durante la regular season, la squadra di Salt Lake City effettuava in media 318.8 passaggi a partita, risultando la settima miglior squadra NBA per numero di passaggi a gara, nonchè la terza tra le squadre da Playoff dopo i soli Sixers e Warriors. Malgrado tanto movimento di palla, il team di Quin Snyder è rimasto solo nella media NBA nella percentuale di canestri assistiti in regular season (58.6%) e ha prodotto un’ assist to pass percentage del 7%, la terzultima nella lega. Il motivo è presto spiegato: il movimento di palla e uomini di coach Snyder persegue il raggiungimento di un vantaggio che può essere ottenuto solo dopo numerosi penetra e scarica ed extra pass. In questo modo si alza il numero di tocchi nell’attacco ma diminuisce sensibilmente l’incidenza del passaggio vincente finale.

In un sistema così incentrato sulla capacità di creare un vantaggio un passaggio dopo l’altro, è davvero così importante l’incidenza dell’assist finale?

In questa post-season, invece, pur avendo alzato il numero di possessi a gara (da 97.78 a 99.88) i Jazz hanno diminuito sensibilmente il numero di passaggi effettuati, portandoli a una media di 284.8. In questo sono risultate decisive le capacità da accentratore di Donovan Mitchell e la bravura di Ricky Rubio nel supportarlo. Il primo, con la sua sola presenza, è stato in grado di fornire ripetutamente sostanziose alternative allo spartito offensivo di coach Snyder.

Pur prendendo sotto braccio tutti i palloni più pesanti già a partire dalla rimessa, Mitchell non si è mai mostrato spaventato di uscire dallo spartito.

Il secondo, invece, ha giocato una serie di un livello eccellente e, malgrado alcune giornate difficili al tiro, ha mostrato quanto sia fondamentale nella NBA moderna risultare aggressivi e pericolosi già con il portatore primario di palla. L’assenza di quest’ultimo per dieci giorni potrebbe, di fatto, segnare indissolubilmente la serie.

Un Rubio iper aggressivo nella serie contro OKC prende il tiro da tre in transizione, segue a rimbalzo e tenta addirittura il jumper dal mid-range, teoricamente vietato. Un atteggiamento di questo tipo riscrive completamente il tipo di difesa da adottare su un giocatore di solito riluttante al tiro, costringendo gli avversari ad accoppiamenti immediati in transizione che generano vantaggi per i compagni.

I Rockets, invece, sono per distacco la squadra che muove meno la palla nella lega (253 passaggi completati a gara, che nei Playoff sono diventati addirittura 227.6) ma si piazzano terzi nell’assist to pass percentage (8.5). Il motivo anche qui è molto presto spiegato: Chris Paul e James Harden sono l’alpha e l’omega dell’attacco di Houston e sono loro a dirigere l’intera orchestra di Mike D’Antoni, a toccare il maggior numero di palloni e a creare ogni tipo possibile di vantaggio per sè e per i compagni. L’attacco di Houston si presenta inarrestabile, pur limitiandosi ad alternare prevalentemente due soluzioni: il pick-and-roll e l’isolamento. Paul e Harden sono due degli artisti di pick-and-roll più efficienti della lega. Quest’ultimo è, statistiche alla mano, il miglior attaccante in isolamento di sempre e Paul lo segue a ruota con cifre non così distanti dalla sua iper efficienza in quella situazione.

Una compilation niente male.

La loro sola presenza contestuale sul campo costringe ogni tipo di avversaria ad accorciare sensibilmente la coperta difensiva per cercare di arginarli, esponendosi a una situazione che che gli statunitensi definiscono pick your poison: l’avversario deve solo decidere in che modo pagare dazio. A questo punto la domanda è: lasciare l’uno contro uno a dei giocatori di isolamento di quel genere o mandare raddoppi sistematici sui due portatori primari di palla, esponendosi così alla loro superiore visione di gioco capace di premiare qualsiasi tipo di vantaggio dei compagni?

Ecco cosa vuol dire mandare un raddoppio preventivo (e in questo caso neanche particolarmente sensato) su Harden: la coperta è decisamente corta.

In più, a complicare ulteriormente il rebus c’è la presenza di Clint Capela, ormai universalmente riconosciuto come uno dei migliori rollanti della lega, che trasforma di fatto l’attacco di Houston in una thriple-threat continua e insostenibile per quasi ogni squadra della lega.

Capela sa bene che bisogna seguire la scia di Harden, anche se non viene direttamente coinvolto sul pick-and-roll con un lob.

La presenza di Rudy Gobert, eccellente difensore di pick-and-roll e super rim protector grazie alla sua rapidità di piedi, alla sua mobilità sia verticale che laterale e alla sua apertura alare infinita risolve solo parzialmente l’enigma. Teoricamente la presenza di Gobert nei pressi del ferro può permettere a Utah una difesa perimetrale tanto aggressiva da far collassare l’attacco di Houston costringendolo a prendere i tiri dal midrange che tanto vogliono evitare, di fatto replicando la tecnica con la quale San Antonio ha eliminato Houston ormai un anno fa. Il punto di rottura con il passato è, però, la presenza di Chris Paul, per distacco il giocatore che dispone del miglior mid-range game della lega: anche quando è costretto a lavorare in quella zona Paul è sempre capace di procurare ai suoi un tiro che non esca dallo spartito del Moreyball.

Come vedete, anche spinto dentro e contenuto da un difensore, Chris Paul non si scompone e trova una traccia di qualità per un tiro perfettamente da Moreyball.

Non è un caso che nel corso dei quattro scontri stagionali Houston abbia tirato con un eccellente 64.5% reale anche contro una difesa di assoluta elite come quella di Utah (terza per Defensive Rating, prima per punti concessi) che pure avrebbe la versatilità difensiva per provare a inceppare il meccanismo di coach D’Antoni. Una statistica simile dimostra come la ricerca di tiri di qualità dei Rockets non possa essere arginata neanche dalle migliori difese della lega. 

Players to watch

Malgrado il pesante infortunio di Rubio, di certo non si può dire che in questa serie manchino giocatori da guardare e riguardare. Da soli James Harden, Chris Paul, Donovan Mitchell e Rudy Gobert valgono il prezzo del biglietto. Non mancano, però, anche i giocatori di contorno pronti a incendiare la serie: Joe Ingles e Derrick Favors, straordinari protagonisti contro i Thunder saranno due dei giocatori da tenere maggiormente d’occhio in casa Jazz. Saranno loro a dover fornire alternative importanti nella produzione offensiva e dal loro contributo difensivo passa molta della capacità di Utah di limitare il supporting cast dei Rockets. Dall’altra parte, invece, il ritorno ormai certo di Luc Richard Mbah a Moute aggiunge un tassello molto importante sui due lati del campo allo scacchiere texano. Il carmerunense è un difensore iper competente e spendibile su esterni e ali, in in questa stagione non è battezzabile da tre e potrebbe rivelarsi un’ulteriore arma molto importante per Mike D’Antoni, la cui prima preoccupazione sarà proprio quella di imballare le fonti di gioco di Quin Snyder. Oltre a lui, occhio a PJ Tucker e Gerald Green, che hanno già dimostrato di poter portare contributi fondamentali sulla singola gara.

Partite del genere in uscita dalla panchina fanno sempre comodo ai Playoff.

Pronostico

Malgrado l’ammorbante bellezza del gioco degli Utah Jazz, risulta difficile non pronosticare vincenti gli Houston Rockets, che sembrano avere troppo talento e troppa cattiveria nel perseguire la propria idea di gioco per poter cadere in semifinale di Conference. Senza dubbio la preparazione tattica e gli aggiustamenti di Snyder giocheranno una parte fondamentale, soprattutto nelle gare casalinghe, e non è da escludere che il team di Salt Lake City possa strappare più di una vittoria a Harden e compagni.
Un 4-2 piuttosto combattuto e appagante per i nostri sensi potrebbe essere la soluzione di questo giallo. Ma, come ci ha insegnato questo primo turno di post season, mai sottovalutare la tenacia degli Utah Jazz.

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