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Boston Celtics

G.G.G: il Giramondo Gerald Green

Dall’amputazione di un dito ai Rockets: le montagne russe di un atleta pazzesco

Comincia l’odissea della talentuosa ala piccola attraverso il continente Euroasiatico, che lo vedrà vestire nel giro di un paio d’anni, le casacche dei Krasnye Kryl’ja Samara (Russia) e Guangzhou Long-Lions (Cina).

Credits @ Stroshow – Inside Hoops

Ma a Gerald non piacciono le zuppe di barbabietole o gli involtini primavera, così come non gli va a genio giocare nei freddi palazzetti di sperduti villaggi o di essere fissato come un extra-terrestre dato che è l’unico uomo di colore in circolazione. Un’esperienza trascendentale, che ha però il potere di riaccendere in GG il piacere di giocare a basket, la dedizione per la palestra e la voglia di essere un giocatore NBA.

Con una forma-mentis nuova di zecca e un obiettivo ben chiaro in mente, Green torna dalla parte “giusta” dell’oceano e lo fa con stile, regalando sprazzi del suo talento cestistico agli spettatori dei L.A. D-Fenders in D-League.

Il General Manager dei New Jersey Nets, Billy King, si fa ammaliare da questa energia straripante e si convince a dare una chance (un contratto da 10 giorni) al figliol prodigo tornato in patria. La sua presenza ai Nets è testimoniata da una stagione a 12.9 punti e 3,5 rimbalzi di media a partita, nonché da una delle schiacciate più sbalorditive della storia NBA (proprio contro la sua Houston).

Forse una delle migliori schiacciate del decennio!

Gli anni successivi viaggiano, ancora una volta, a bordo della carrozza sulle rotaie delle sue solite montagne russe. Gli Indiana Pacers credono in lui e gli offrono un contratto garantito da 3 anni, salvo ripartire dopo una sola stagione sottotono alla volta di Phoenix.

Ai Suns trova un sistema a lui congeniale (veloce ed atletico), un amico di nome Goran Dragic e un allenatore (Hornacek) che gli dà spazio e libertà. Phoenix organizza il caos anarchico che caratterizzava il suo gioco, e i risultati si vedono.

Le statistiche individuali in maglia viola-arancio si gonfiano e arriva il career-high da 15,8 punti a gara, col 49% da due e il 40% dall’arco. Dopo una seconda stagione da 19 minuti e quasi 12 punti ad ogni palla a due, porta il suo talento a South Beach insieme all’amico Goran.

Uno dei pochi sprazzi di luce nella grigia esperienza ai Suns.

A Miami trova Hassan Whiteside (un altro giramondo come lui) e un sistema totalmente diverso. Una strategia, quella di Erik Spoelstra, che mira a rallentare il gioco e a spingere sulle sue punte di diamante: Chirs Bosh, Joe Johnson e Dwyane Wade.

Una stagione in maglia Heat da veterano, a 30 anni suonati, durante la quale prende sotto la sua ala protettiva il talentuoso Justise Winslow e Josh Richardson. Una stagione non proprio da veterano affidabile, che lo vede infatti multato per “gesti minacciosi” e ricoverato per 10 giorni in ospedale per ignoti motivi.

Nella stagione 2016-2017 abbiamo visto il suo ritorno ai Boston Celtics, che gli dimezzano i minuti di gioco (da 22 a 11) e gli concedono poco spazio, preferendo il solido Jae Crowder e l’esuberante rookie Jaylen Brown. Con l’arrivo di Gordon Hayward, la crescita di Brown e la scelta al Draft del sorprendente Jayson Tatum, lo spazio per GG non poteva che azzerarsi.

Nonostante i tentativi di pre-season con i Bucks, Green diventa un free agent e non ottiene alcuna offerta per la stagione successiva. Se foste passati dalle parti casa sua l’estate scorsa, l’avreste trovato in cortile ad allenarsi, giocando 1-vs-1 contro il suo rottweiler! Un allenamento singolare, ma che sembra essergli servito, dato che gli arriva la chiamata della sua adorata Houston.

Non c’era una squadra disposta a darmi una chance: per questo l’avventura che sto vivendo coi Rockets è ancora più incredibile. Sono felicissimo di essere qui.

I Rockets gli offrono un anno non garantito, e lui torna come solo un gran figliol prodigo sa fare: 15 partite con 13,8 punti di media in 25 minuti di utilizzo, col 38% dall’arco e il 46% da 2.

A Houston, vista anche la sua dominante prestazione da 29 punti con 8 triple contro i Golden State, si dicono più che felici di garantirgli un anno di contratto e riabbracciare il loro rampollo. Un ragazzo dal talento indiscutibile, definito in tempi non sospetti da Kobe Bryant “a hell of a talent” e che tanto era mancato alla sua città.

Sembra il finale di una favola bellissima, in cui il protagonista torna a casa e trova il suo popolo ad abbracciarlo, per vivere per sempre felici e contenti.

“Siamo stati scelti nello stesso Draft. Gerald è un ragazzo pieno di talento, lavora davvero sodo. È bellissimo che siamo finiti nella stessa squadra” Chris Paul

Forse sarà così, o forse Gerald dovrà fare un altro giro sulle sue amate-odiate montagne russe, prima di appendere le scarpette al chiodo. Non lo sappiamo per certo. Ciò che sappiamo per certo è che, anche se dovesse cadere di nuovo, Gerald Green saprà come rialzarsi e spiccare il volo, saltare più in alto di tutti, lasciando le difficoltà e le paure a terra, remotamente piccole e innocue.

Quando ti arrendi, sei finito. Io ho solo continuato a lavorare sodo. Mi sono detto: quando è finita è finita, lo saprò. Ma non mi arrenderò mai!

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