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NBA, Klay Thompson e Paul George rievocano successi e infortuni in una conversazione di rara sincerità

Accomunati dalla sfortuna, ma anche dalla perseveranza. Thompson e George: due campioni che non conoscono la resa

Soddisfazioni e vittorie, ma anche infortuni e ricadute, senza mai tuttavia smarrire il desiderio di redenzione.

Quelle di Klay Thompson e Paul George si presentano come due storie (umane e professionali) particolarmente affini, tanto da sembrare il prodotto di un’unica mente autoriale. Due vicende di talento, successo e notorietà, sfregiate purtroppo da problemi fisici e tormenti mentali. Due carriere travagliate, ma mai compromesse del tutto dalla tribolazione.

Di seguito, a partire dall’introduzione di Paul George, un estratto della splendida conversazione tenuta dai due nel corso dell’ultima puntata del Podcast P, programma condotto dallo stesso PG:

“Ti piace il soprannome “Beautiful Mind”, Klay? Ti dona proprio, secondo me. Oltre ad avere un carattere d’oro, sei un uomo estremamente integro, disciplinato e resiliente. Vorrei che tu condividessi con gli spettatori qualche considerazione a proposito della tua carriera”.

Di seguito, l’intervento di Klay Thompson:

“Non avrei potuto chiedere di meglio, davvero. Devo tutto a Golden State e alla Bay Area. Vado logicamente orgoglioso di tutti i trofei vinti, ma non voglio far diventare questa conversazione il resoconto del mio palmares. Sono ancor più fiero del modo in cui ho saputo reagire agli infortuni, in particolare di fronte all’ultimo. Rifarsi male proprio nel momento in cui pensi di aver smaltito le scorie del trauma precedente è un colpo apparentemente impossibile da metabolizzare. Ho impiegato mesi per riprendermi, cercando di combattere contro i demoni della depressione, ma alla fine ho vinto. Benché non sia stato facile, rifarei onestamente tutto. Quel periodo travagliato mi ha permesso di crescere moltissimo come uomo”.

Prosegue PG, scherzando sui titoli vinti da Thompson:

“Lo so che non ne vuoi parlare, ma almeno tu, durante la convalescenza, avevi la possibilità di consolarti con il pensiero degli anelli vinti. Io posso competere con sei operazioni chirurgiche e una tibia frantumatasi durante una partita di esibizione. Vale?”.

Conclude la guardia di Golden State:

“Vuoi sapere cosa conta davvero? Lo spirito con il quale sei tornato in campo dopo quell’infortunio. Sei stato d’ispirazione per tutti noi. Io avrò anche vinto tanto, ma ho non mai dovuto caricarmi sulle spalle, da solo, il peso di un’intera franchigia. Tu non hai mai smesso di essere un punto di riferimento per i tuoi compagni, nemmeno dal letto d’ospedale”.

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