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NBA, Kevin Durant contesta narrativa media del periodo Golden State Warriors

Vecchie ruggini

Durant Golden State

Così come l’approdo sulla Baia, discusso dopo la stagione da 73 vittorie e sole 9 sconfitte, anche l’addio di Kevin Durant ai Golden State Warriors nel 2019 aveva fatto altrettanto scalpore. L’effetto domino scaturito è evidente nella NBA di oggi, ma è sempre utile tornare alle ragioni della separazione. A parlarne è stato lo stesso KD in una chiacchierata con Logan Murdoch di The Ringer.

 

Il rapporto burrascoso di Kevin Durant  con la stampa

I punti salienti dell’intervento dell’attuale #7 di Brooklyn:

“Mi aspettavo – e questo è forse colpa mia – che beat writer e chiunque seguisse la squadra mi integrasse nel modo di fare Warriors. Non ho mai cercato di uscire [da un simile schema], ingigantire la situazione o farne una questione personale. Volevo soltanto sentirmi parte del gruppo. Ci sono state parecchie situazioni in cui, ovviamente stando ai media, ero separato dal gruppo. […]”

A questo punto Kevin Durant  ha ritenuto necessarie alcune precisazioni in merito:

“Tutti avevamo una sfera privata, con le nostre famiglie. La Baia è enorme. Draymond [Green] viveva a un’ora e mezza da me, così come Steph [Curry] e Shaun Livingston. Quando stiamo insieme? In trasferta ci vediamo un giorno sì e l’altro pure. Credo sia salutare mantenere un grado di separazione tale per cui quando sei a casa pensi: ‘Ok, voi fate le vostre cose, io mi occupo delle mie. Credo avrei meritato più rispetto. Ho lasciato soldi sul tavolo, messo in gioco il mio nome e sacrificato il mio corpo per rendere nella mia miglior versione  possibile. Ho solo chiesto maggior rispetto e di non venire continuamente tormentato da domande di quel tenore. Pensavo fosse ingiusto miei confronti e nei confronti  del gruppo ragionare su qualcosa che sarebbe successo a fine anno. Secondo me è stato poco professionale. ”

 

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