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Perché i Wearable stanno facendo discutere l’intera NBA

Il caso dei Wearable non trova l’estrema felicità della NBPA poiché i dati rischiano di ‘rovinare’ le trattative tra giocatori e franchigie

Quanto vogliamo sapere su un giocatore? LeBron passa più tempo in isolamento o in panchina? A quanti battiti andava il cuore dello stesso LeBron quando stava stoppando Iguodala in gara 7 nel 2016? Quando il numero 23 dei Lakers smetterà di essere così dominante? La fame di dati di ogni tifoso è insaziabile, ma la fame di statistiche di una società sportiva è invece necessaria. Negli ultimi anni la tecnologia ha portato in NBA i Wearables, dispositivi indossati dai giocatori corredati da centrali operative a disposizione dei tecnici, sensori sul pallone e telecamere installate sui canestri. Di ogni giocatore si sanno posizione, battito cardiaco, sudorazione, accelerazione, angolo di rotazione e svariati altri dati tutti molto precisi. Con questi dispositivi è possibile non solo analizzare le statistiche di gioco ma anche il grado di salute di ogni membro della propria squadra.

Nel 2017 Joel Embiid ha sofferto diversi infortuni che rischiavano di tenerlo ai box per molto tempo. In questo periodo i Philadelphia 76ers si sono appoggiati ad una delle società che si occupa di Wearables e – grazie ai dati forniti dai dispositivi – i personal trainer sapevano quanto potevano gestire l’intensità dell’allenamento di Embiid senza sottoporlo a troppo stress e a inutili rischi. In poco tempo il giocatore si è ristabilito. Qualche tempo dopo il leader del progetto dei Philadelphia 76ers ha presentato ad una conferenza ufficiale i risultati ottenuti.

 

Wearable sì, wearable no: la diffidenza della NBPA

Questi dati stanno rivoluzionando il modo in cui le squadre si preparano ad affrontare gli avversari, infatti le varie compagini possono analizzare anche tatticamente il movimento dei propri quintetti e adattarlo al team avversario.

La NBA non permette, però, di utilizzare questi dispositivi all’interno delle partite ufficiali, per ora sono consentite solo le telecamere in vari punti strategici del campo ma non i Wearables. Diversi giocatori hanno provato ad indossare smartband o altri dispositivi, ma nel 2016 la lega ha ufficialmente bandito ogni tipo di dispositivo che tracciasse i dati dei giocatori.

Nel 2020 all’All-Star Game di Chicago c’è stata la prima apertura, infatti per la prima volta in una partita ufficiale i giocatori hanno indossato i Wearables. Una seconda apertura è avvenuta nella bolla di Orlando: tutti i giocatori sono tenuti a indossare un anello chiamato Oura. Questo dispositivo permette di controllare lo stato di salute del giocatore e di mantenerlo a distanza di sicurezza da un altro anello.

Ma perché i Wearables sono così mal visti dall’associazione Giocatori NBA? Questi dispositivi permettono si di preservare la salute di chi li indossa ma raccoglie anche innumerevoli altri dati. I dati quando vengono analizzati permettono di costruire uno spettro evolutivo di un giocatore.

 

Come funzionano i Wearable: il caso di LeBron James

Prendiamo ad esempio il già citato LeBron. James – a parte la stagione da rookie – ha sempre avuto una media punti in stagione regolare superiore ai 25. Secondo questa statistica, il nativo di Akron nei 18 anni di carriera è stato un giocatore dominante, ma se analizzassimo come il suo corpo gestisce lo stress fisico potremmo anche calcolare quali probabilità ci siano che LeBron nei prossimi anni non confermi le prestazioni a cui siamo abituati. Ai Lakers un dato di questo tipo potrebbe interessare molto e potrebbe decidere di fare delle valutazioni al ribasso sul contratto da proporre al Re.

Per questo motivo l’associazione Giocatori nell’ultimo contratto firmato con la lega nel 2016 ha richiesto che questo tipo di dati non potessero rientrare nella contrattazione squadra/giocatore. Le nuove regole della NBA stabiliscono che i giocatori siano proprietari di tutti i dati che li riguardano e vietano che le informazioni ottenute dai Wearables possano essere utilizzate nelle negoziazioni. Le squadre potranno utilizzare i dati solo per monitorare la salute dei giocatori o per determinare strategie e tattiche da adottare in campo.

Se nei prossimi anni la lega adotterà questi potenti mezzi, ESPN si è già proposta di acquistarli per creare mappe statistiche alla mercé degli appassionati, ovviamente sempre se l’associazione giocatori sarà favorevole.

La FIBA in merito non si è ancora espressa, attualmente non ci sono regole che vietano alle squadre di raccogliere e utilizzare i dati a loro piacimento.

 

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