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NBA, Mark Cuban: “Spero di inginocchiarmi con i miei giocatori durante l’inno”

Il vulcanico proprietario dei Mavericks ha affrontato la questione relativa al caso George Floyd che sta scuotendo l’America

Ci sono voluti solo 3 anni per far cambiare idea a Mark Cuban sulla delicata questione relativa all’inginocchiarsi durante l’inno americano prima di una qualsiasi manifestazione sportiva. Il gesto, lanciato per la prima volta da Colin Kaepernick nel 2017, aveva trovato tra i suoi oppositori lo stesso proprietario dei Dallas Mavericks che aveva commentato con le seguente parole:

“Questa è l’America e io sono orgoglioso delle persone che hanno il coraggio di esprimere in maniera civile la loro opinione, perché questo contraddistingue il nostro Paese. All’inno mi troverete in piedi con la mano sul cuore, e penso che i miei giocatori faranno lo stesso. Anzi, mi aspetto che lo facciano.”

Come detto, Cuban ha però cambiato idea anche di fronte agli ultimi avvicendamenti negli States con il sempre più crescente movimento “Black Lives Matter” per la giustizia sociale. Ma cosa è cambiato dal 2017? Queste le parole del nativo di Pittsburgh, Pennsylvania:

“Ho imparato molto da allora, e come Paese siamo cresciuti. Questo è davvero un momento cruciale, uno snodo storico importante affinché la società americana continui a crescere, diventi più inclusiva e più consapevole delle continue sfide che le minoranze sono costrette ad affrontare ogni giorno. Se i miei giocatori dovessero inginocchiarsi durante l’inno, in maniera rispettosa, sarei orgoglioso di loro. E potrei unirmi al gesto. Lascerò la decisione finale al commissioner Adam Silver e al giudizio del numero uno dell’associazione giocatori Michele Roberts, ma in realtà la mia speranza è che lascino i giocatori fare quello che pensano sia giusto, seguendo quello che dice loro il cuore. Che sia abbracciarsi durante l’inno, inginocchiarsi, qualsiasi cosa… non vedo questi gesti come un segno di mancanza di rispetto né verso la bandiera né verso l’inno.”

 

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