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Houston Rockets

Houston Rockets Preview: l’antagonista perfetto

Golden State parte ancora davanti, ma le condizioni per giocarsela alla pari ci sono tutte. A patto che Melo non rovini tutto…

La stagione 2017/2018 dei Rockets è già oggi una delle più importanti, a livello di comprensione del gioco, della storia della NBA. In questi ultimi quattro anni, nessuna filosofia cestistica era riuscita a contrapporsi al modello Warriors, e la soluzione migliore sembrava quella di appiattirsi sulle posizioni espresse nella Baia, con il risultato di creare una serie di epigoni non paragonabili alla corazzata di Steph&co. Poi è successo questo (più o meno):

Daryl Morey è uno dei GM più “analitici” della lega, ossessionato dalla parte numerica del gioco e capace di mettere insieme una squadra impressionante per i numeri che riesce a collezionare. Con l’arrivo di Mike D’Antoni sulla panchina di Houston e la trasformazione di Harden da shooting guard pigra a favoloso playmaker, si è passati dalla teoria alla pratica. In estate al già competitivo roster dei Rockets si aggiunge Chris Paul; uno dei fit sulla carta meno indicati per la convivenza con Harden, ben presto tutti i dubbi vengono spazzati via dalle sontuose prestazioni delle due superstar e della squadra in generale all’insegna di una sola parola: Moreyball.

L’idea di base è quella di costruire soluzioni di tiro ad alta percentuale, puntando però più sulla quantità che sulla qualità. Se i tiri più redditizi sono quelli da oltre l’arco allora dev’essere una pioggia di triple. Il 50,2% dei tiri tentati dai Rockets sono conclusioni pesanti. La squadra che più si avvicina a questa statistica sono i Nets con il 41,1%. Un abisso. D’altro canto, è universalmente riconosciuto che la soluzione meno redditizia nell’NBA degli anni dieci è quella del mid-range. Anche in questo caso i Nets dimostrano di aver sviluppato un modello orientato verso questa direzione, con appena il 6,8% di conclusioni dalla media. Davanti a loro (o dietro, in base a come uno la vede) solo i Rockets con il 5,4%. Praticamente per tirare dal mid-range deve mancare un secondo alla fine dell’azione, con nessun compagno libero, con l’area presidiata, e l’impossibilità per fare due passi indietro. Non si tira mai dal mid-range, nemmeno se ti chiami Chris Paul e sei probabilmente il miglior giocatore da mid-range del XXI secolo. L’ex stella dei Clippers è passata dal 53% di frequenza nella sua ultima stagione a LA al 42% durante il suo primo anno nel Texas.

Come lui tanti altri hanno visto il loro gioco mutare, cambiare forma, assecondarsi al sistema pensato da Morey e magistralmente interpretato da D’Antoni e dai suoi giocatori. Le vittorie saranno 65, miglior record della lega, i punti segnati ogni cento possessi (secondo Basketball Reference) saranno 114,7, uno dei migliori dati nella storia della lega. I Rockets arrivano ai Playoff come principale indiziata per impensierire la cavalcata trionfale di Golden State.

Dopo essersi sbarazzati senza troppi patemi di Timberwolves e Jazz, Harden e compagni arrivano alla vera finale della lega (troppa poca cosa i Cavs) con la sensazione di poter scrivere una pagina importante della loro storia recente. L’infortunio di Chris Paul in Gara 5 e la terrificante performance da oltre l’arco nella decisiva Gara 7, con tanto di record infranto, vanificano la possibilità di deporre i campioni e approdare alle Finals. La filosofia di Morey esce comunque vincitrice: in estate sia Chris Paul che Clint Capela rifirmano per i Rockets (con buona pace di una luxury tax intorno ai 27$ milioni). Il GM riesce (finalmente) a liberarsi del contratto di Ryan Anderson, scambiandolo con i Suns per Knight e Chriss, per poi firmare al minimo Michael Carter-Williams e soprattutto Carmelo Anthony, reduce dalla peggior stagione in carriera.

 

Punti di Forza

Quella che Kevin O’Connor di The Ringer ha definito la Iso-Ball Revolution. Per quanto la perfezione stilistica del ball-movement di Golden State coniughi estetica ed efficacia come mai si era visto nella storia della lega, non c’è stato nessun sistema nella scorsa stagione capace anche solo di avvicinarsi all’efficienza del gioco in isolamento dei Rockets. Nell’era dei mutamenti paradigmatici, per cui tirare da 8 metri è spesso una scelta corretta, il gioco in isolamento non è più soltanto l’ultima spiaggia per provare a raccogliere del macinato allo scadere dei ventiquattro secondi.

I Rockets, ma in particolar modo James Harden, hanno preso una pagina del gioco e l’hanno riletta in chiave statistica dimostrando quanto possa essere redditizio l’isolamento. Un volume di gioco in ISO del 14,5% (la seconda squadra per frequenza di ISO sono i Thunder a 10,5%), nonostante questo abuso i punti per possesso sono 1,12 che è una statistica irreale com’è irreale il 52,7% di eFG% da questa situazione. Nessuna squadra si avvicina a questi numeri e la situazione si fa ancora più distopica quando l’occhio si posa sul numero 13. Harden gioca 10 possessi a partita in isolamento, Westbrook, discreto accentratore di palloni, ne gioca la metà. Da questa situazione Harden ricava 1,22 punti a possesso (LeBron è fermo a 0,96) per un totale di 12,2 punti a partita. Lui e Paul sono i due giocatori con il più alto volume di gioco in isolamento, il primo lo esplora il 35,1% delle volte, il secondo il 29,3%. LeBron James, terzo della lista, non arriva al 25%.

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Le idee di Morey vengono attuate alla perfezione se hai un giocatore così…

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…e uno così

L’iso-ball però non dev’essere il risultato di un attacco stagnante privo di situazioni per muovere la difesa e la palla. La squadra di coach D’Antoni fa un grande utilizzo di pick-and-roll, specialmente dal centro (per forzare lo switch in difesa), specialmente con Capela da rollante, e qui sta un altro dei punti di forza di Houston.

Nominate un qualsiasi screener e Clint Capela avrà fatto meglio di lui nella passata stagione. Nel giro di un paio d’anni il gioco dello svizzero si è enormemente sviluppato, trasformandolo in un giocatore funzionale, nonostante la sua totale inconsistenza al tiro. Merito sicuramente della premiata ditta James&Chriss i quali renderebbero il Bill Murray di Space Jam uno dei migliori bloccanti della lega, ma merito soprattutto della disponibilità di Capela a lavorare sulla sua crescita.

Gli screen assist sono 3 a partita, lo stesso dato di Embiid, ma lontanissimo dai 6,2 di Gobert. Eppure, da bloccante è stato il migliore. Giocando 3,9 possessi da screener i punti per possesso sono 1,34 (con il 69,5% dal campo e 91.3 percentile) mentre il già citato Gobert è secondo a 1,28. Nella stagione 16/17 i punti per possesso dello svizzero da questa situazione erano appena 1,14 dato che per la stagione 17/18 lo collocherebbe appena sopra a John Collins e appena sotto Jarrett Allen.

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Leggere, reagire, andare al quindicesimo piano. Facile, no?

Una crescita esponenziale che ha reso il pick-and-roll dei Rockets forse l’arma più indifendibile della lega, specialmente in un periodo storico in cui sempre più squadre accettano il cambio sistematico, e anche quando la difesa non accetta il cambio sono dolori: passare sotto vuol dire concedere spazio a uno tra Harden e Paul (mai e poi mai una buona idea), passare sopra vuol dire accettare il roll di Capela sperando che nessuno lo peschi sopra il canestro (quasi mai una buona idea). Da questo punto di vista avere un backup atletico ed esplosivo come Chriss permetterà alla squadra di non sacrificare queste giocate quando Capela siederà in panchina. Difficilmente l’ex Suns diventerà un giocatore paragonabile allo svizzero, ma il sistema dei Rockets ha già dimostrato quanto possa essere salvifico per questo tipo di giocatori.

Postilla finale dedicata al tiro da 3 di cui si è già parlato ma vale sempre la pena fissare nella mente qualche numero. Il 40,9% dei punti segnati in stagione derivano da un tiro da 3, in totale i Rockets hanno segnato 1256 triple (record all-time) con ben 7 giocatori capaci di segnare più di 100 conclusioni da oltre l’arco. Nessuno avrebbe mai pensato di dover commentare numeri di questo tipo, beh, quasi nessuno.

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Punti Deboli

Difficile parlare di punti deboli per una squadra che ha dimostrato di essere la migliore (o quasi) del lotto. Più corretto forse è parlare di punti di domanda e per la precisione sono due i più spinosi: come sarà il mondo senza Ariza? E di rimando, come sarà il mondo con Carmelo Anthony?

I 15$ milioni garantiti dai Suns al prodotto di UCLA erano oggettivamente troppi (seppur meritati) per il già intasatissimo payroll dei Rockets. Le potenzialità da 3&D di Ariza sono emerse nel sistema di coach D’Antoni, caratterizzando un giocatore “sporco” per certi versi, inadatto a essere letto attraverso i numeri. Uno dei migliori difensori della squadra on e off the ball, capace di switchare su almeno quattro ruoli, quando si andava dall’altra parte riusciva a dare il suo contributo con un solido 41% del campo (36% da oltre l’arco), la sua imprescindibilità si legge nei 33,9 minuti giocati a partita, secondo soltanto a James Harden per utilizzo medio. Alla perdita di Ariza va sommata anche quella di Luc Mbah A Moute, altro difensore sopra media e glue-guy molto apprezzato all’interno della lega (lui forse lasciato partire un po’ troppo alla leggera viste le cifre).

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Qui Ariza toglie il tiro a Durant, lo spinge sul raddoppio e lo costringe all’errore

Per sopperire a queste mancanze è stato firmato James Ennis, onesto mestierante, fino a un paio d’anni fa giocatore da G League, difficilmente riuscirà a eguagliare le prestazioni di Ariza sui due lati del campo. Sicuramente ci saranno più minuti per Gerald Green; ripescato dal prepensionamento e meravigliosamente inserito nel sistema, Green ha disputato una delle sue migliori stagioni al tiro e ha dimostrato ancora tanta voglia di spendersi sul parquet, specialmente in relazione alla mancanza di attitudine che ne ha caratterizzato la carriera. La difesa non è propriamente il suo pane quotidiano, di conseguenza è probabile che D’Antoni dovrà spremere i suoi per ottenere un DefRtg vicino al 103,8 fatto registrare la passata stagione e molto difficile da replicare, anche perché un altro giocatore da nascondere quando sono gli altri ad avere il pallone sarà proprio Carmelo Anthony.

Se i Rockets riuscissero a rivitalizzare il prodotto di Syracuse dopo la disastrosa stagione con OKC – e più in generale dopo un processo di involuzione che non sembra in grado di arrestarsi – allora bisognerebbe glorificare il lavoro di Morey e D’Antoni una volta per tutte. Il gioco di ‘Melo non si sposa per niente con quello dei Rockets: il 28,7% dei suoi punti provengono dal mid-range, tra i giocatori dei Rockets il dato che più si avvicina è il 17% di Paul. La sua inefficacia da ball-handler nei pick-and-roll e la sua scarsa visione di gioco lo portano troppo spesso a fermare il pallone per poi lasciar partire un tiro con scarse probabilità di realizzazione.

Su 3,1 possessi in isolamento segna 0,89 punti per possesso, un dato non da buttare ma inferiore tra gli altri, a quelli di Teague, Dinwiddie, LaVine, Barnes. Detto della sua inconsistenza in difesa, di certo ci sono degli aspetti su cui si può lavorare, come le sue percentuali da 3 (35% lo scorso anno) e la sua funzionalità nell’aprirsi sul blocco, dal momento che i Rockets tendono a forzare i cambi in difesa e uno switch lento garantirebbe a ‘Melo un tiro piedi per terra di quelli che ancora, se vuole, finiscono nel cesto.

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Così come il tiro da 3 è stato croce e delizia per i Rockets (specialmente nella serie contro i Warriors), così Anthony potrebbe essere la chiave per agguantare le Finals o il mattoncino che fa crollare tutta l’impalcatura (sinistramente più probabile). È una squadra che vive di estremi e durante la logorante stagione NBA questa potrebbe essere una debolezza.

 

Scenario Migliore

Si torna sopra le 60 vittorie, la squadra macina la solita pallacanestro ritoccando ulteriormente i record offensivi, l’assenza di Ariza viene ben assorbita dal resto della squadra, ‘Melo accetta un ruolo da comprimario e porta in dote ulteriori soluzioni in attacco. Ai Playoff è una scena già vista, ma questa volta Gara 7 la vincono i Rockets che volano alle Finals dove non ce n’è per nessuno. Primo titolo per Paul, Harden, Anthony e D’Antoni, il cielo è più azzurro sopra Houston.

Scenario Peggiore

Senza Ariza e Mbah A Moute vanno perse delle certezze in difesa, Paul sente l’incedere del tempo e paga a livello fisico, ‘Melo si rivela il granello di sabbia in grado di inceppare uno degli ingranaggi più lubrificati della lega. Le finali di conference non sono in discussione ma all’appuntamento clou della stagione i Warriors annientano la compagine texana con un gentleman sweep. Vale davvero la pena pagare una luxury tax tanto onerosa per non avvicinarsi mai al bersaglio grosso?

Pronostico

Forse un paio di vittorie in meno dello scorso anno ma cambia poco: i Rockets sono destinati a ripetere il cammino che porta dritto alla resa dei conti contro Golden State. Peccato che nemmeno questo sembra l’anno buono per un passaggio di consegne…

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