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Memphis Grizzlies

Trade Gay-Calderon-Prince, Memphis perde la possibilità di essere una contender per il titolo?

La notizia della trade che ha visto coinvolto tra gli altri Rudy Gay è già storia, data la rapidità con cui gli eventi si susseguono in una Lega sempre piena di spunti come l’NBA. Io però, scopritore di essa con colpevole ritardo, volevo addentrarmi in una rapida analisi della stessa, cercando di individuare possibili scenari futuri che ne possano scaturire nel breve e nel lungo periodo.

Prima di tutto i fatti. Per quei pochi (come me fino a poche ore fa) ancora non informati, i Memphis Grizzlies, più preoccupati dalla luxury tax che non dalla diminuzione del potenziale offensivo della propria squadra, si sono liberati di Rudy Gay, scambiandolo sostanzialmente alla pari con Josè Calderon, includendo nella trattative pedine di scambio come Hamed Hammadi volato in Canada dal Tennessee, rimpiazzato da Ed Davis. Fosse finita qui, secondo quelli che sono i miei sicuramente discutibili gusti cestistici, la trade sarebbe stata tutt’altro che sfavorevole. Però le intenzioni della franchigia di Marc Gasol e compagni erano quelle di liberare il più possibile spazio salariale e non quello di accaparrarsi uno dei migliori playmaker in questa stagione. In ragione di questo è stata portata a termine una seconda trade, questa volta con Detroit, che ha visto la fulminea dipartita del sopracitato Calderon (che in pratica a Memphis non c’ha messo piede), scambiato per Tayshaun Prince e Austin Daye.

Accantonate le più che comprensibili motivazioni salariali, prendendo atto del nuovo scenario, cerchiamo di capire se potranno esserci possibili variazioni nell’immediato futuro delle franchigie coinvolte.

Partirei da Toronto, che ha deciso di investire in maniera totalizzante su un giocatore che potenzialmente ha tutte le possibilità di diventare uno dei più grandi dell’intera NBA (ammesso che non lo sia già). In questa stagione viaggia a più di 17 punti a partita, con 6 rimbalzi e 3 assist di media, un po’ al di sotto della sua media generale di punti, dovuta alla poco prolifica stagione finora condotta dai Grizzlies in fase offensiva. Questo pregevole ingaggio, che non fa altro che rafforzare l’idea di un Bargnani sempre più in partenza da Toronto, ha avuto un costo in termini di perdita di giocatori non indifferente. Se Ed Davis si è dimostrato valido giocatore in ben poche circostanze (la partita contro i Lakers è stata per lui e per i tifosi Raptors una piacevole eccezione), Josè Calderon è stato cuore, anima e mente di questa franchigia fino ad oggi. Il suo impatto sulla franchigia non è sintetizzabile con un semplice 11,1 punti e 7,4 assist a partita, ma è molto di più. E’ colui che nei momenti di difficoltà riusciva letteralmente a “prendere per i capelli” la squadra e a tirarla fuori dalle paludi nelle quali costantemente si andava ad infangare. Certamente non mancano capacità di leadership al neo acquisto Gay, che avrà davvero il peso di un’intera franchigia sulle spalle. Se fosse arrivato e i Raptors fossero riusciti a tenere Calderon (magari riuscendo a scambiare Bargnani), Toronto sarebbe diventata una possibile candidata ad un posto ai Playoff già da questa stagione. Così invece spera di riuscire a costruire attorno alla propria stella (come fatto con Bosh non più di 5/6 anni fa) una squadra che possa lottare ad Est per ambire ad un piazzamento migliore del decimo attualmente occupato.

Chi invece potrebbe usufruire nell’immediato dello scambio è Detroit, attualmente decima, a 5 partite dai rimaneggiatissimi Celtics, che dovranno far fronte alle assenze di Rondo e Sullinger e a 2 partite e mezzo dai 76ers, che attualmente occupano il nono posto ad Est. La franchigia del Michigan aveva un disperato bisogno di qualcuno che portasse ordine e Josè Calderon, almeno sulla carta, sembra essere proprio il giocatore ideale. Squadra che aveva impostato la rifondazione post 2004 su Stuckey, che in questa stagione sta attraversando grosse difficoltà sia dal punto di vista realizzativo, sia sotto l’aspetto della  leadership, ha avuto come note liete di questa prima metà di regular season Drummond, centro di 213 centrimetri che, partendo dalla panchina, riesce ad avere subito impatto sulla partita, mettendo insieme cifre che alla sua età solo Howard era riuscito a mettere a referto. Assieme a lui dalla panchina anche Will Bynum, che sta vivendo la sua migliore stagione da quando è approdato in NBA, sta avendo un impatto tutt’altro che trascurabile. Questi, uniti ai vari Monroe, Maxiell e Maggette hanno tenuto a galla una squadra partita non male, malissimo. Il sacrificio di Prince, unico “superstite” del roster di quel glorioso 2004, sembra ben speso, visto che ha permesso l’acquisto di un playmaker in ascesa nel panorama cestistico NBA, le cui doti di organizzatore di gioco faranno molto comodo a coach Frank. L’aver scambiato Prince prima che perdesse definitivamente valore è ciò che dovrebbero pensare di fare anche i biancoverdi di Boston con Pierce. Qualora questo non avvenisse, le probabilità dei Pistons di puntare ad un posto ai PO sono a mio avviso tutt’altro che trascurabili.

Infine analizziamo la trade dalla prospettiva dei Grizzlies, per i quali questa è stata certamente una grandissima perdita, senza se e senza ma. Il discorso economico dovrebbe sicuramente portarci a fare considerazioni più ampie, partendo ad esempio dal fatto che, nonostante le ultime ottime stagioni della franchigia del Tennessee, non si riescano a superare le 700.000 presenze totali in un’intera stagione al FedExForum, classificandosi soltanto al 19esimo posto in NBA. Già la settimana scorsa la trade conclusa con i Cavaliers che aveva coinvolto Speights ed Ellington, scambiati per una prima scelta ed un giocatore di D-League, lasciavano intendere come in casa Grizzlies l’obiettivo non fosse più quello di puntare forte sui PO di quest’anno. Eppure la squadra di coach Hollins, nonostante la partenza estiva del free agent O.J. Mayo, sembrava poter ambire, grazie alla solidità del suo gioco, ad avere un ruolo importante in questa stagione. Inutile nascondere il fatto che da parte della proprietà questa volontà non sia stata condivisa, almeno economicamente. Pensare di allestire una squadra che possa definirsi contender senza pensare di dover mettere mano al portafoglio è una cosa infattibile all’interno delle dinamiche NBA, considerando anche il fatto che, nonostante nei prossimi anni lo stipendio di Gay sarebbe andato a salire, comunque il trio Gasol-Randolph-Gay sarebbe stato sulla carta il meno pagato rispetto a tutti i terzetti delle altre Big. Peccato perchè la costruzione della squadra era stata eccellente e questa sembrava davvero poter essere l’occasione buona per una squadra che, ora come ora, ha smarrito la bussola offensiva del proprio gioco ed alla quale l’assenza di Rudy Gay non potrà fare altro che renderle ancor più difficile la vita. L’innesto di Prince potrebbe dare sicuramente qualcosa in quanto ad esperienza e punti dall’arco (l’ex Pistons viaggia in stagione con un 43,4% da tre), ma non credo che riesca a cambiare le sorti offensive dell’intera franchigia. Penso comunque che un piazzamento playoff non sia in discussione, ma visto il buon periodo sia dei Warriors che dei Nuggets, non mi meraviglierei di vedere i Grizzlies sesti nella griglia della post season, magari trovandosi a dover affrontare nuovamente un primo turno di PO contro i Clippers. Quest’anno, però, vista la situazione, credo proprio che un’ipotetica serie tra le due squadre sia molto meno equilibrata rispetto a quella del Maggio dello scorso anno.

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