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NBA Mock Draft, Chapter One

Il Draft 2018 non è solo pieno di talenti davvero interessanti, è situato in un contesto storico che potrebbe cambiare cambiare le sue regole per sempre.

Uno dei più sconvolgenti tornei NCAA di sempre è da pochissimo stato consegnato agli archivi: la vittoria dei Villanova Wildcats è stata una conclusione piuttosto lineare al termine di un romanzo nel quale si sono susseguiti scandali, exploit personali, colpi di scena e sottotrame che ti riconciliano col creato.

L’annata collegiale appena conclusasi verrà ricordata non solo per il suo straordinario bagaglio emotivo e tecnico ma anche perché sarà probabilmente l’ultima stagione dell’NCAA per come siamo stati abituati a conoscerla e, di conseguenza, ci condurrà a quello che con ogni probabilità sarà uno degli ultimi Draft che si svolgeranno secondo i canoni con i quali abbiamo sviluppato familiarità. Dopo anni di assordanti silenzi, il mondo NBA si è mostrato stanco di far transitare le proprie future stelle attraverso un sistema corrotto come la NCAA e ha già preso le prime contromisure rendendo molto più larghe le maglie del regolamento nelle ultime stagioni: già due anni fa Thon Maker si è guadagnato la decima scelta assoluta al Draft senza aver mai giocato un minuto né in NCAA né in un campionato professionistico. Lo scorso anno, invece, era stato concesso ad Hamidou Diallo di dichiararsi dopo aver lasciato l’high school a gennaio e aver trascorso quattro mesi a Kentucky senza aver mai messo piede in campo. La guardia ha poi ritrattato, scegliendo di vivere questa stagione sotto la guida di coach Calipari ma il messaggio è stato chiaro e le possibilità che qualcuno in questa stagione cogliesse la palla al balzo erano tutt’altro che remote. Il 18 settembre scorso è stato il turno di Mitchell Robinson, prospetto a cinque stelle secondo il Big Board ESPN, che ha deciso di rinunciare al college dopo un lungo tira e molla con Western Kentucky per allenarsi autonomamente in vista del proprio approdo in NBA. Si è così arrivati agli straordinari casi di Afernee Simons e Darius Bazley. 

Entrambi nella Top 10 dei prospetti liceali, hanno scelto di bypassare il college. Il primo è stato dichiarato eleggibile già in questo Draft avendo concluso un quinto anno di liceo nella prestigiosissima IMG Academy di Nick Bollettieri, mentre il secondo ha deciso di rinunciare alla sua lettera di intenti già firmata con Syracuse, decidendo addirittura di diventare il primo liceale a effettuare il salto direttamente in G League.

Una scelta che fa discutere, anche abbastanza animatamente.

Cinque indizi sono più che sufficienti a costituire una prova: siamo alle primissime scosse di un terremoto causato dagli scandali, dalla crescita della G League e dalla volontà dei giocatori di abbandonare ogni ipocrisia. Da una rivoluzione di queste dimensioni emergerà una nuova NCAA e soprattutto una nuova formula di Draft. Con queste premesse è necessario approcciare a una classe di prospetti che, con ogni probabilità, resterà nel nostro immaginario anche al di là della sua capacità di incidere sulla lega. A queste specificazioni straordinarie è, poi, necessario aggiungere quelle ordinarie: fino a quando non saremo a conoscenza del definitivo ordine di chiamata (la Lottery si terrà il 15 maggio) e finché gli atleti non avranno preso parte alle combine (in programma dal 16 al 20 maggio), gli equilibri di questo Draft saranno ancora estremamente suscettibili di stravolgimenti. Inoltre, gli early entrant hanno tempo fino al 22 aprile per dichiararsi e fino all’11 giugno per ritirare le proprie candidature. In questo lasso temporale, dunque, scopriremo se LiAngelo Ball ha effettivamente intenzione di rischiare di finire undrafted e se, in controtendenza, qualcuno seguirà la scelta di Daniel Gafford che, pur potendo essere selezionato in Top 20, ha scelto di ritornare ad Arkansas candidandosi ad essere uno dei migliori lunghi nel prossimo Draft dominato dalle ali.

Esaurite, almeno superficialmente, tutte le questioni gravitanti attorno alla classe di talenti targata 2018, andiamo a conoscere meglio quali sono, in questo momento, i maggiori candidati a un posto in lottery all’interno di un Draft che si prospetta piuttosto profondo e, pertanto, pieno di insidie per gli scout NBA.

 

1) DeAndre Ayton (C, Arizona Wildcats)

DeAndre Ayton è davvero uno di quei prospetti per cui vale la pena di ridiscutere i propri preconcetti. Poco più di un anno fa sembrava realmente impensabile che qualcuno spodestasse Dončić dalla vetta del Draft, eppure il lungo bahamense ci è riuscito e non sembra poter più abdicare. Alto 216 cm, pesante ben 113 kg e con una wingspan di ben 227 cm, Ayton ha catturato l’attenzione degli scout per un mix di qualità fisiche, talento innato e capacità di apprendere che davvero lasciano a bocca aperta. Pur avendo iniziato a giocare tardissimo a basket, il freshman da Arizona dispone già ora di uno skillset avanzato ma in continua evoluzione, che gli potrebbe fruttare di diritto l’ingresso nel variegato mondo degli unicorni NBA. Nella stagione appena conclusa si è dimostrato un giocatore multidimensionale, capace di essere nell’élite NCAA per punti realizzati in post basso (novantunesimo percentile in Division 1), di correre egregiamente il campo e di mostrare sprazzi abbacinanti nel suo gioco fronte a canestro. Pur avendo preso solo 35 tiri da tre punti in stagione, li ha convertiti con un solido 34.3% e ha mostrato una meccanica compatta e piuttosto rapida che fa sognare gli scout: a tal proposito, il 73.3% fatto registrare su base stagionale in lunetta è già considerato un indizio piuttosto rilevante sul suo sviluppo al tiro.

Inoltre, dispone di un istinto che gli permette di leggere le situazioni ed uscirne in modi anche piuttosto creativi per un baobab delle sue dimensioni: il suo outlet pass è un fondamentale nascosto per palati fini, le sue riaperture dal post per punire i raddoppi sono sempre educatissime e la sua capacità di battere le zone NCAA con dei passaggi rapidi dal post alto ha fatto inarcare il sopracciglio agli scout, lasciando intravedere delle skills da point center che rappresentano l’El Dorado della NBA moderna. Se sugli istinti e sulla meccanica di tiro è davvero difficile esprimere riserve, sulla sua shot selection dovranno essere effettuati vistosi miglioramenti: troppo spesso di accontenta del mid-range jumper, un tiro che vuol essere epurato dalla NBA odierna, e non di rado è incapace di concludere con la mano debole, cimentandosi in tentativi complessi.

Un repertorio quanto meno interessante.

Inoltre, il suo atletismo straripante, unito alla giovanissima età, lo rende automaticamente esposto a degli errori di valutazione in difesa: è ancora molto lontano dal comprendere come usare i suoi mezzi atletici e come posizionarsi in difesa per massimizzare il suo impatto. La sua block percentage di 6.1 stona notevolmente con le sue potenzialità e pure il 21.4 di total rebound percentage (28.5 in difesa) è lontano dall’élite del ruolo.

La sua interpretazione difensiva del pick-and-roll è, senza mezzi termini, tutta da costruire.

Malgrado ciò, Ayton dispone di una rapidità di piedi bruciante e un’apertura alare immensa che potrebbero renderlo un potenziale lockdown defender, laddove riuscisse a lavorarci correttamente, trovando con continuità la giusta concentrazione. Le liabilities, presenti ma tutte cancellabili, non possono far scomparire l’unicità di un talento simile, a maggior ragione in una NBA in cui le tendenze a preferire i big men agli esterni e a diffidare dei prospetti europei sono tutto men che definitivamente sopite.

 

2) Luka Dončić (PG, Real Madrid)

Imbattersi in sede di Draft in un giocatore con il pedigree di Luka Dončić è davvero raro: questo la dice lunga sulla specialità del giocatore e di questa classe di prospetti più in generale. Lo sloveno è già una delle stelle più lucenti del firmamento europeo: è già stato eletto nel miglior quintetto dell’ultimo Eurobasket, ha già vinto un premio Rising Star dell’Eurolega ed è un serissimo candidato al primo quintetto e all’MVP della massima competizione europea ancora in corso. Tutto ciò senza neanche citare i trofei vinti col Real Madrid e l’Europeo conquistato con la nazionale slovena. Mai come nel suo caso sky is the limit: il numero 7 madrileno ha davvero tutto per sfondare e non è il primo della pista solo perché Ayton si sposa meglio con la cultura del gioco made in USA. Luka ha, però, dalla sua una visione di gioco e una maturità probabilmente mai viste in un ragazzo così giovane, tre stagioni di esperienza già alle spalle e un talento naturale da iniziato del gioco.

Un anno e mezzo fa David Pick faceva questo genere di osservazioni: quanto meno interessante, no?

Dončić ha già dimostrato di poter essere il ball handler principale di squadre con serissime ambizioni di vittoria, di poter migliorare i suoi compagni e di saper convivere con stelle più affermate di lui, che apparentemente avrebbero dovuto oscurarlo per presenza e caratteristiche. Questo ci testimonia come abbia senza alcun dubbio la dose più elevata di QI cestistico nell’intero Draft e sappia adattare il proprio multiforme talento ai contesti in cui è coinvolto, migliorandoli notevolmente dall’interno. È un passatore ampiamente sopra la media e, malgrado lo slump al tiro da tre di questa stagione (30.6% tra Eurolega e Liga ACB) dispone delle armi giuste per convivere anche con giocatori anche più ball dominant di lui. Non dimentichiamo che nelle primissime apparizioni coi blancos doveva limitarsi a sfruttare i vantaggi creati dai compagni (ha tirato col 40% da tre nei primi due anni, su 60 tentativi). I veri dubbi, come è ovvio che sia, riguardano le sue capacità di adattamento al contesto americano: i ritmi, la fisicità, l’atletismo e il talento puro che dovrà fronteggiare nel suo ruolo ogni notte.

Le possibilità di riuscita sono, in ogni caso, altissime: un playmaker di due metri per 100 kg che a 19 anni abbia già inciso nella storia del basket continentale come Dončić non si è mai visto. Come ci diceva Lorenzo Neri un anno fa: la sola presenza dello sloveno in questo Draft è in grado di elevare l’intera qualità della classe 2018.

Ed è anche clutch.

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