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NBA Rookie Ladder – Ep. 3 – Juan Wick

Tra i due pretendenti, il terzo gode?

Photo via @timaal_bradford on X

Gennaio, metà stagione e buoni propositi. Alcuni dei rookie hanno iniziato il 2024 con il piede giusto, altri con qualche inciampo. In attesa di scoprire i “convocati” al Rising Stars Game, spazio ai 30 nomi della nostra Rookie Ladder.

*Salvo diversa indicazione le statistiche sono aggiornare alle partite giocate nella notte tra venerdì 19 e sabato 20 gennaio 2024.

 

1. Chet Holmgren (=)

L’americano si conferma primo anche in questo terzo appuntamento della nostra Rookie Ladder. Primo posto che probabilmente perderà di qui a poco, più per le incredibili prestazioni di Wembanyama che per demeriti personali.

Il gioiellino ex Gonzaga ha conquistato il premio di Rookie del mese di dicembre e ha continuato a essere un pezzo fondamentale nello scacchiere di Mike Daigneault, con i Thunder che sono inaspettatamente ad una sola partita di distanza dal primo posto a Ovest.

Le percentuali dal campo sono leggermente calate nell’ultimo periodo, ma continuano ad essere di primissimo livello soprattutto per un ragazzo al primo anno (54.2% dal campo, 38.6% da tre e 79.6% ai liberi).

Il successo di Oklahoma – assieme alle percentuali appena citate – è probabilmente l’unico punto rimasto a favore di Chet Holmgren, dato che Wembanyama lo supera in punti, rimbalzi, assist, rubate e stoppate, il tutto giocando addirittura meno minuti.

2. Victor Wembanyama (=)

Oggi, a un mese di distanza, si può dire con certezza che lo spostamento a centro di Wembanyama è stata una boccata di aria fresca. Per lui, per Popovich e per l’ambiente di San Antonio. Il minutaggio è calato: non gli si chiedono più 30-35 minuti a sera, ci si accontenta di 24. Le medie, in compenso, sono schizzate alle stelle.

  • Punti a partita: 21.7
  • Percentuale dal campo: 52.1%
  • Rimbalzi: 8.4
  • Assist: 3.4
  • Stoppate: 3.5

Numeri che migliorano ulteriormente se prendiamo in considerazione solo il nuovo anno, il 2024. Solo a gennaio ha registrato il suo miglior offensive rating (114) e il suo miglior defensive rating (102). La corsa al Rookie of the Year è un testa a testa.  Lo si sapeva. E ciò che trattiene ancora un po’ indietro Wemby è giocare in una delle peggiori squadre della lega. Se però i numeri dovessero rimanere costanti, o addirittura crescere, si salvi chi può.

3. Jaime Jaquez Jr. (↑ 1)

 

Il suo soprannome guadagna il titolo della puntata: è un buon inizio. Non fa più notizia, anche se due volte su due è stato Rookie of the Month della Eastern Conference. Non se ne parla neanche più o quasi. Ma che un rookie scelto con la 18ª pick al Draft abbia un impatto del genere a South Beach non è cosa certo scontata. E che sia il primo degli inseguitori dietro a due unicorni per il Rookie of the Year la dice lunga su Juan Wick. Nell’ultimo mese la media punti si è consolidata su un ottimo 16.3, accompagnato da 4.5 rimbalzi, 2.7 assist e 1.3 rubate. Le percentuali dal campo non sono eccelse (51% ma solo 28% dalla lunga distanza) eppure la sensazione è che sia ormai insostituibile nel quintetto di Spoelstra. E ha ricevuto anche la benedizione di Dwyane The Flash Wade. Non proprio l’ultimo per chi respira e sanguina Heat Culture.

Sono solo tre le gare in cui non ha raggiunto la doppia cifra di punti dall’8 novembre. Peccato che la striscia di presenze consecutive si sia fermata a 39. Jaquez è stato costretto a saltare le ultime tre partite per un piccolo problema all’inguine.

 

4. Brandon Miller (↓ 1)

Nel mese mal contato che ci separa dalle puntate di questa rubrica  il campione di partite è relativo.
Movimenti nella parte alta della classifica, per un verso o l’altro, sono più rari, legati a valutazioni sul contesto complessivo. Gli infortuni, purtroppo, ne sono parte integrante.

Prima della sfida del 20 gennaio contro gli Spurs, una delle poche squadre con un record peggiore in NBA, gli Hornets avevano vinto soltanto due delle precedenti 20. Il successo ritrovato è coinciso,  guarda caso, con il rientro di Brandon Miller, che ha raccolto e gli elogi di LaMelo Ball. In dubbio nel giorno del match, dopo un paio di appuntamenti saltati, l’ex Alabama Crimson Tide ha chiuso con 24 punti, nove rimbalzi e due assist. Nonostante un periodo di naturale flessione, rimane stabilmente nella top 5.

 

5. Derek Lively (↑ 1)

Salito di una posizione rispetto allo scorso appuntamento grazie alla discesa libera di Ausar Thompson, il ragazzone da Duke ha giocato davvero poco nell’ultimo periodo a causa di una fastidiosa distorsione alla caviglia rimediata lo scorso 3 gennaio.

Nell’ultima uscita contro i Lakers ha comunque dimostrato di non aver perso lo smalto, chiudendo con un’ottima prova da 16 punti (8/9 dal campo) e 11 rimbalzi.

6. Keyonte George (↑ 1)

La scorsa rookie ladder avevamo definito Utah una squadra ‘in ricostruzione’. Detto fatto, nell’ultimo mese i Jazz sono letteralmente esplosi con un record di 13-4, andandosi a prendere con merito il nono posto della Western Conference. Uno spicchio sempre maggiore di questa crescita è nelle mani di Keyonte George. Prima usato timidamente da Will Hardy, poi lanciato da titolare fino all’infortunio. Ora centellinato dalla panchina, con un solo compito: giocare con l’acceleratore a tavoletta.

Dal 26 dicembre – data del ritorno sul parquet – a oggi l’ex Baylor ha segnato 11.3 punti a partita (40% dal campo, 34% da tre). A cui ha aggiunto 2.6 rimbalzi e 3.3 assist. Da segnalare i 19 in 23 minuti segnati nella vittoria contro gli Indiana Pacers del 15 gennaio. E i 19, 6 rimbalzi e 4 assist in 22 minuti con cui ha contribuito a vincere a Milwaukee. Insomma, la crescita c’è. E problemi di talento Keyonte George sicuro non ne ha.

 

7. Jordan Hawkins (↑ 3)

 

Molto bene Jordan. Il rookie di New Orleans è tornato a giocare ad alti livelli dopo un mese di dicembre non certo entusiasmante. Nel 2024 siamo a quota 13 punti di media in soli 18 minuti di utilizzo, oltre ad un trentello (il secondo in carriera) arrivato lo scorso 14 gennaio contro Dallas.

Il rilascio è quello dei grandi tiratori e le percentuali non sono da meno (51% dal campo e 49% da tre nell’ultimo mese).

 

P.S.: Jordan Hawkins è l’unico giocatore in NBA ad aver segnato più triple in uscita dai blocchi di Steph Curry in questa stagione… that guy can shoot!

8. Trayce Jackson-Davis (↑ 8)

Ed eccolo qui, il gioiellino pescato con la 57esima chiamata da Golden State è salito di otto posizioni in soli 30 giorni. La squalifica di Draymond Green è stata molto probabilmente la miglior cosa che gli potesse accadere, visto che da lì in poi non ha più lasciato le rotazioni di Steve Kerr.

Reduce da un mese di gennaio dove è andato quasi sempre in doppia cifra (10.6 punti con il 77.1% dal campo), meriterebbe sicuramente più spazio anche dopo il rientro di Green.

9. Brandin Podziemski (↑ 6)

Per otto gare consecutive in doppia cifra tra il 20 dicembre scorso e l’Epifania, il prodotto di Santa Clara si prende la top 10  con merito. Alla sesta partita da titolare, contro Portland, ha sfiorato la tripla doppia (15 punti, 10 rimbalzi, sette assist). Il suo tweet natalizio profuma di defining moment. Siamo molto felici di premiarne la crescita, tale da farlo sentire “snobbato” nelle preferenze per il Rookie of The Month a gennaio.

Mette la palla per terra con gran decisione e – soprattutto – sembra avere le caratteristiche del glue-guy, figura di cui Golden State ha tremendamente bisogno per tenere compatto lo spogliatoio. Aggiungeteci le triple à La Curry nel riscaldamento e capirete perché ce ne siamo ormai innamorati.

 

 

I 23 punti nella “sua” Milwaukee ci dicono solo una cosa: Pod è qui per restare.

 

 

10. Duop Reath (↑ 4)

Da perfetto sconosciuto a insostituibile nello scacchiere di coach Chauncey Billups. La parabola del sud-sudanese Duop Reath è di quelle che assomigliano tanto alle favole. Dal campionato libanese a 20-25 minuti di media nella NBA. E la spiegazione è abbastanza semplice. Di giocatori con quello skillset ce ne sono poche anche negli Stati Uniti. Un centro con il 41% dall’arco, in grado di essere una minaccia sia come spaziatore che come screener che nel pitturato.

 

Un vero e proprio modern 5 che gli ha garantito minutaggio sempre più consistente. E Duop ha risposto presente: 10.5 punti, 5.8 rimbalzi e 0.8 stoppate a partita nell’ultimo mese. Con saltuarie prestazioni dominanti (si veda il 25+9 contro Sacramento del 26 dicembre).

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