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NBA, Michael Jordan si racconta a “Good Morning America”

L’ex stella dei Bulls si racconta nella nota trasmissione televisiva a pochi giorni dal lancio di The Last Dance

Un Michael Jordan inedito quello che si è raccontato alle telecamere di “Good Morning America”, una delle trasmissioni più seguite negli USA. Dieci minuti che hanno ripercorso una carriera e una vita, dai tiri decisivi con UNC prima e con i Chicago Bulls poi, al rapporto con il fratello Larry e i genitori Dolores e James. Un’intervista dove l’ex stella NBA parla a 360°, a pochi giorni dall’uscita del documentario di ESPN “The Last Dance” (19 aprile), dedicato proprio alla sua ultima stagione a Chicago, chiusa con il sesto titolo in carriera. Ed è proprio dal titolo scelto per il documentario, che parte la chiacchierata con His Airness.

“Tutti sapevamo che sarebbe stata la nostra ultima annata insieme. D’altronde la dirigenza, in particolare il GM Jerry Krause, erano stati molto chiari con Phil (Jackson): non ci sarebbe stata nessuna chance di riconferma per lui, la stagione successiva. Fu proprio lui a soprannominare quella stagione The Last Dance. E noi abbiamo vissuto quell’annata consapevoli che sarebbe stato il nostro ultimo ballo e che volevamo finire in bellezza

Ed il lieto fine, per quei Bulls, c’è stato, con il tiro di Jordan in faccia a Bryon Russell. Non il primo tiro decisivo della sua carriera e, a suo dire, neanche quello più importante. MJ infatti rivela come la sua carriera ed il suo mito ebbero inizio nel 1982, nella Finale del Torneo NCAA contro Georgetown.

“Fino a quel momento nessuno conosceva il mio nome. Certo, all’Università, per tutti ero Mike, ma fuori da Chapel Hill nessuno sapeva chi fossi. Dopo quel tiro però tutta America imparò il mio nome”

Non solo basket però durante il suo intervento. Jordan ha parlato del rapporto con i suoi genitori e com’era la vita negli anni ’80:.

“Le cose erano diverse al tempo, per me ma per tutti, perché la vita era diversa: non avevamo Instagram, Twitter, si viveva la vita come capitava e quando si trascorreva del tempo con i propri amici, o in famiglia, lo si faceva di persona, faccia a faccia, non tramite un telefono. Si scrivevamo lettere, al massimo, e mia madre ha conservato tutte quelle che le ho scritto quand’ero al college a North Carolina: è un po’ imbarazzante, oggi, ma allo stesso tempo è bello pensare che le scrivessi quanto l’amavo. Ce n’è addirittura una dove le chiedo qualcosa come $60 per pagare la bolletta del telefono”

Dal rapporto epistolare con la madre Dolores a quello con papà James e il fratello maggiore Larry:

“Da loro ho imparato l’etica del lavoro e lo spirito competitivo. Mio padre ha lavorato per anni in General Electric, lavorava duro ma non l’ho mai sentito lamentarsi. A Larry invece devo la mia fama di competitor: dopo ogni partita aveva sempre qualcosa da rimproverarmi, mi spingeva sempre a migliorare. Abbiamo litigato spesso ma non sarei diventato quello sono, se non fosse stato per lui”

 

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