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Esclusiva NbaReligion: intervista a Lele Adani

Il più noto opinionista calcistico italiano ci svela la sua grande passione per il basket NBA

Le sue telecronache sono un omaggio all’arte oratoria che nella Grecia Antica era considerata la più nobile delle virtù. Le sue analisi post partita, una radiografia impeccabile di ciò che il campo ha espresso. Dietro alla facciata, tanto lavoro, tanto amore per lo sport e soprattutto per la conoscenza. Lele Adani è stato un buonissimo difensore ma è da opinionista che è diventato un assoluto fuoriclasse. Onesto, schietto, preparato. Perfino un po’ politicamente scorretto. Semplicemente il più grande narratore sportivo oggi in Italia. Noi di NbaReligion.com lo abbiamo raggiunto telefonicamente per parlare di NBA ma non solo. Perché il calcio è la sua vita, ma il basket (insieme alle donne) è la sua passione più grande. Buona lettura.

Tutti ti conosciamo come amante “carnale” del calcio ma la tua passione per il basket, in particolare per l’NBA, com’è nata?

È nata grazie alla rivalità leggendaria tra Boston Celtics e Los Angeles Lakers, raccontata dalla voce inconfondibile di Dan Peterson. Ricordo che aspettavo queste partite, con trepidazione. Vedere quei grandi campioni sfidarsi mi provocava delle emozioni che dagli occhi raggiungevano il cuore. Provavo un’attrazione magnetica. Quelle notti davanti alla tv, ammirando quelle sfide, mi hanno fatto innamorare di questo sport.

Passione curiosa per chi, come te, è un assoluto cultore del calcio sudamericano; il calcio più passionale, più autentico, dove si lascia molto spazio all’estro piuttosto che ai tatticismi di casa nostra e quasi completamente estraneo ai concetti di business che invece dominano il basket Made in USA: come te la spieghi?

Molto semplice, pur essendo mondi quasi paralleli, soprattutto in termini di business, il calcio sudamericano e l’NBA hanno un denominatore comune: talento e sfida. Mi spiego meglio. In Sud America il calcio è vissuto come una sfida dove si cerca di superare l’avversario per dimostrare di essere più forti. In NBA accade lo stesso. In maniera più analitica certo, ma l’istinto primordiale del giocatore viene fuori. La giocata del fuoriclasse che risolve la partita mi emoziona e accomuna entrambe le mie passioni.

Passiamo adesso all’attualità. Secondo molti i serbi sono “i brasiliani dei balcani” nel senso di artisti. Non è serbo di nascita, anche se l’origine è quella, ma Luka Doncic si sta conquistando le luci della ribalta grazie a suon di prestazioni clamorose. Potrebbe diventare l’europeo più forte di sempre?

Penso che sia ancora presto per dirlo ma i presupposti mi sembrano esserci. Un mix di classe ed eleganza clamorosa. Vederlo giocare produce emozioni. È magia. Inoltre, una volta raggiunto quel livello, la più grande onorificenza è rappresentata, secondo me, dalla percezione che hanno di te gli altri fenomeni. Ecco, basta pensare a cosa ha detto di lui LeBron James, che è un uomo che non parla a caso, per definire Doncic.

Nelle tue analisi post partita ripeti sempre il concetto secondo il quale le idee e non gli schemi, fanno grande un allenatore e di conseguenza una squadra. Partendo da ciò, conoscendo anche la tua venerazione per El Loco, chi è il Bielsa della NBA?

Questa è difficile, perché Bielsa è unico. Faccio fatica a trovare un nome, tra i coach NBA, che possa ricalcare al 100% il profilo del tecnico argentino, anche perché onestamente non conosco troppo a fondo i vari allenatori. Credo di non sbagliare però nel farti il nome di Popovich. Come in Bielsa anche nel coach degli Spurs c’è questa grande apertura al nuovo, questa grande empatia che crea coi giocatori, questa grande capacità di esaltare un singolo dentro ad un sistema.

11 marzo 2019: durante Utah Jazz-Oklahoma City Thunder, un tifoso dei Jazz rivolge a Russell Westbrook insulti razzisti, in particolare gli urla di “inginocchiarsi come è abituato a fare”: 24 ore dopo, la franchigia con una comunicazione ufficiale lo bandisce a vita dalla propria arena. Il 25 aprile del 2014 viene divulgata una registrazione tra l’ex presidente dei Clippers Donald Sterling e la sua compagna, dove il ricco imprenditore ordina alla donna di non volere afro americani nelle prime file, durante le partite della sua squadra: 4 giorni dopo Sterling viene radiato dalla nba, multato di 2.5 milioni di dollari e costretto a vendere la franchigia. Tutto questo preambolo per arrivare ai vergognosi episodi occorsi in Verona-Brescia e alla domanda che sorge spontanea: quando e se arriveremo anche noi ai livelli di cultura sportiva che hanno raggiunto oltreoceano?

C’è solo una possibilità a mio avviso per raggiungere i livelli di cultura sportiva che si hanno in America e aggiungo anche in Inghilterra nella Premier League. Tale possibilità non è legata al “quando” ma al “quanto” per favorire una cultura sportiva degna di tale nome, perché oggi siamo indecenti, coloro che ricoprono cariche di spicco, sono pronti a perdere. Perderci economicamente, perderci in termini di consensi politici e in termini di seguaci. Non ci possono più essere mezze misure. Chi ha il potere di farlo deve essere disposto a rimetterci anche in prima persona, altrimenti rimarranno manifestazioni di solidarietà belle solo all’apparenza ma non incisive all’atto pratico. E il problema non è solo legato al calcio. Il problema razzismo si risente nel quotidiano, nelle scuole, nelle metro, nei bar e urge fare qualcosa di veramente concreto.

In apertura hai detto come ti sei innamorato dell’NBA e adesso ti chiedo quali sono stati i giocatori che ti hanno emozionato e quali sono quelli che ti emozionano adesso?

Gli idoli di infanzia sono stati senza dubbio Kareem e Magic. Arrivando ai giorni nostri non posso non citare Ginobili. Un mix di classe, voglia di vincere e leadership quasi mistica, inarrivabile. Ma devo dire che anche la costanza e l’etica del lavoro di Ray Allen mi hanno lasciato dentro qualcosa, così come i primi anni a Miami di Wade.

Abbiamo iniziato parlando di Sud America e di Argentina e con l’Argentina, stavolta del basket, finiamo la nostra chiacchierata. Immagino avrai seguito le gesta del Flaco Luisito Scola agli ultimi Mondiali: un pensiero su quella che a mio parere è stata una grande storia di sport da tramandare ai posteri.

È stata l’essenza dello sport. Perché lo sport regala questo. Regala storie all’apparenza impossibili che poi diventano possibili. Scola è un giocatore che va oltre al basket, è depositario di un qualcosa di superiore che viene tramandato tramite la palla a spicchi. Però c’è una cosa che questa storia ci insegna. È vera la parte epica della storia però io sono convinto che gli argentini, perché ne conosco diversi, abbiano sempre creduto al loro talento. Perché come diceva Ginobili “Juego y no huevos” ovvero non basta mettere la grinta, serve il gioco, il talento. Devi saper affrontare una sfida all’apparenza impossibile conoscendo i limiti dell’avversario e con la forza delle idee. La vera impresa dell’Argentina è stata quella di dimostrare che, nonostante tutto, avevano dei valori in termini di talento elevati.

A nome di tutta la redazione di NbaReligion.com, un caloroso ringraziamento a Daniele per la gentilezza e per la grande disponibilità concessaci

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