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Hall of Famer

Un Re nella Hall of Fame

Il mese di Settembre, per gli appassionati NBA, è tradizionalmente legato alla cerimonia dell’ingresso nella Hall of Fame degli atleti che hanno maggiormente contribuito allo sviluppo ed alla crescita del gioco. Scorrendo la lista delle new entries della collezione 2013, scorgiamo subito un nome “regale”, che non ha mai vinto un titolo ma che non può non far tornare alla mente la meravigliosa pallacanestro a stelle e strisce degli anni’80. Signore e signori, Bernard King.

La storia di King potrebbe sembrare quella stereotipata del giocatore NBA dalle mille controversie. O forse lo è. Cadute e risalite ne hanno accompagnato l’intera carriera, un’altalena di emozioni che hanno reso più dolce la già citata mancanza di anello. Bernard solo col binocolo ha visto le Finali NBA, per non dire di Conference; raramente ha giocato in squadre di alto borgo nella Lega. Una cosa però la sapeva fare, eccome. King segnava, a raffica. Una macchina di punti da far girare la testa ai propri tifosi, il tutto con un fisico non proprio ben messo.

Nato a Brooklyn il 4 Dicembre 1956, il piccolo Bernard crebbe in una famiglia che trasudava basket. Il fratello Albert, infatti, ebbe lui pure una discreta carriera nei pro, giocando anche in Italia nella Milano scudettata ne

l 1989. King subito dimostrò confidenza con lo Spalding, mettendosi in bella mostra alla high school. Al college venne reclutato da Tennessee, dove crebbero di pari passo le sue prestazioni sul parquet e le controversie fuori dal campo. C’era qualcosa che non andava in Bernard, solo che ancora non era chiaro ai più.

Il giorno del Draft 1977 i New York/Jersey Nets spesero la settima chiamata assoluta per assicurarsi le prestazioni del realizzatore, nonché enfant du pais. King rispose subito alla grande, divenendo il top scorer di squadra grazie ad una media di 24 punti ad incontro. Non male per un rookie. I Nets, finiti i fasti dell’epoca ABA, erano diventati una franchigia da perenni bassifondi della Lega. Bernard nell’anno da sophomore scollinò ancora oltre i 20 punti a gara, ma era traboccato il vaso a causa della classica goccia. Attirato dalla tentacolare natia New York, il giocatore fece uso di droga, non “disdegnando” anche la bottiglia.

New Jersey ne ebbe abbastanza. Nonostante fosse la loro star, King fu sbolognato senza mezzi termini agli Utah Jazz, appena arrivati da New Orleans. L’anno sabbatico tra i Mormoni, sebbene trascurabile dal punto di vista prettamente cestistico, provocò una forte reazione in Bernard, che prese l’importante decisione di curarsi dai mali che lo tormentavano. I risultati si sarebbero visti presto.

All’inizio della stagione 1980-81, il giocatore venne ceduto ai Golden State Warriors. Sotto il sole della California King semplicemente rinacque, risorgendo come araba fenice dalle proprie ceneri. 21,9 e 23,2 punti a partita, la convocazione per l’All Star Game 1982 ed il titolo di Comeback of the Year nell’81, un riconoscimento, ormai scomparso, che era all’epoca destinato a coloro i quali fossero riusciti ad uscire dal tunnel delle dipendenze (o da seri infortuni) giocando, al contempo, un’ottima pallacanestro. Diventato una temibile e costante minaccia offensiva, Bernard firmò nella off-season con i New York Knicks. Questa volta non avrebbe più commesso l’errore di qualche anno addietro.

Gli anni di King con la gloriosa maglia dei Knickerbockers sono rimasti indelebili nella mente dei tifosi della Grande Mela. Il giocatore era diventato una devastante presenza all’interno della classifica marcatori, migliorando di anno in anno il proprio rendimento. Nel 1985, all’apice della sua avventura a New York, fu il capocannoniere NBA con quasi 33 punti di media. Memorabili furono alcune sue partite nel periodo in questione. Nel gennaio 1984 divenne il primo giocatore, dopo 20 anni, a segnare 50 punti in due gare consecutive, cucendoli sulle pelli di San Antonio e Dallas. Quello stesso anno, seppur seriamente infortunato, di peso trascinò New York dentro i Playoffs, eliminando sostanzialmente in prima persona i Detroit Pistons, a suon di 40elli. Incredibile fu una sua schiacciata a rimbalzo offensivo, vero simbolo della serie.

Dopo aver segnato 60 punti il giorno di Natale 1984, record franchigia imbattuto, ed essersi vendicato dei Nets con 55 pere, il mondo crollò addosso alla stella dei Knicks. In una partita contro Kansas City, il ginocchio cedette di colpo. Il danno fu così grave che, di fatto, King perse due stagioni intere, oltre alla fine di quella 84-85. Saltò completamente l’annata 1985-86, rientrando solo per le ultime 6 gare della successiva. Le cifre furono buone, ma il front office di New York non si fidò delle condizioni fisiche di Bernard. I Knicks, che tanto gli avevano dato e tanto lo avevano amato, decisero di scaricarlo. King, ritrovatosi senza squadra, firmò quindi con i Washington Wizards. Tutti, proprio tutti, lo consideravano finito.

Nella Capitale Bernard King decise che era giunto il momento dell’ennesima risalita dall’Inferno. In un crescendo rossiniano, l’ala tornò ai livelli pre-infortunio, riadattando il proprio gioco alle esigenze di un fisico ormai martoriato. 17,2, 20,7, 22,4 per finire con la chicca dei 28,4 punti di media nel 1991, terzo marcatore, alle spalle di Jordan e Malone, e All-star Game riconquistato a furor di popolo, il tutto a 34 anni di età. Più nessuno aveva dei dubbi sul suo enorme valore.

Quello fu l’ultimo ruggito del Re da Brooklyn. Il fisico, nuovamente il ginocchio, lo abbandonò per la seconda, seria volta. Perse un’altra annata, venne tagliato da Washington e giocò le sue ultime partite NBA con la maglia dei Nets, appendendo le scarpe al chiodo alla fine della stagione 1992-93.

Con l’elezione nella Hall of Fame è stato attribuito il giusto riconoscimento ad uno degli scorer più esplosivi nella storia della Lega, la cui carriera ai massimi livelli, ed a cifre maggiori, è stata frenata da problemi personali e gravi infortuni.

Due sono stati i suoi più grandi crucci a livello NBA. Il titolo sfuggito ed i 20000 punti solo sfiorati, chiudendo un pelo sotto la fatidica soglia, a quota 19655. Al riguardo, però, lo stesso King ha splendidamente risposto già nel 1993:

Sapete che farò? Prima che inizi l’inverno andrò in cortile a segnare 350 punti. Così raggiungerò quella cifra.”

Complimenti Bernard!

Alessandro Scuto

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