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Miami Heat

Il cuore della pallacanestro: NBA is back

Ripartiamo da lì.
America Airlines Arena, Lebron alza il Larry O’Brien Trophy al cielo.Sorride rilassato il Re, e con lui l’anima di Miami Dwayne Wade e il “terzo” mai scontato Chris Bosh.
Tutti felici a Miami, hanno dimostrato che anche con giocatori così forti e personalità così ingombranti è possibile giocare di squadra. Perché se andiamo oltre le cifre, James deve ringraziare Chalmers, Miller, Battier e tutti coloro che hanno lasciato il cuore in quelle Finali.

Già, il cuore. Quel muscolo che un giocatore non può allenare, per ironia del destino, è proprio quello che regala le vittorie. Ecco cosa ci hanno insegnato queste 5 gare bellissime. Cuore, oltre il talento e alla fortuna, proprio quello che è mancato in troppi momenti ad Harden o a Brook.
La nuova stagione è alle porte, nomi importanti si sono spostati durante l’estate e i bookmakers si stanno scatenando con pronostici e analisi. Non vogliamo proporvi nulla di simile, non siamo certo in grado di indovinare una previsione valida per 82 partite.

Ci piacerebbe invece fare memoria, insieme a voi, del perché amiamo questo sport. Crediamo sia importante ricordare, nell’istante che precede un nuovo inizio, il motivo di tanta passione.
Non solo grandi uomini e grandi giocatori, perché allora cii limiteremmo a rievocare Jordan, West, Bird e Russell e cadremmo nel vizioso e quanto mai impossibile confronto tra epoche, giocatori e concezioni di pallacanestro differenti, che sì ci fanno appassionare a questo sport e ci tengono occupati in discussioni eterne, ma non sono mai, se prestate attenzione, il motivo principale per cui ci alziamo in piedi, tesi e concentrati, quando la palla lascia le mani del tiratore e lenta, quasi non risentisse della gravità, tanto di quella fisica che di quella emotiva del momento, mentre la sirena ci assorda, si avvicina al canestro.

E’ l’attimo successivo quello che aneliamo, è la vibrazione di una speranza che si avvera, è il calore del raggiungimento di uno scopo, è la conquista di un sogno. Tutto questo rende grande questo sport, è l’eterna indecisione del Fato, questione di dettagli, attimi, millimetri.
“SE” lui non… “SE” avesse… “SE” fosse stato…
Se Horry non avesse messo quella tripla in gara-4 contro i Kings; se nel 2001 Iverson non avesse fatto quel crossover in gara-1; se Jordan avesse sbagliato “The Shot”; se James avesse sbagliato la tripla nel “cramp-game”… potremmo continuare all’infinito, ma non sapremmo mai se le cose sarebbero cambiate nel caso in cui la storia avesse fatto un altro corso. Ed è questa impossibilità di recriminare che spinge i campioni a migliorarsi e noi tifosi a trattenere il fiato per interminabili secondi che possono regalarci giocate di abbacinante bellezza o gioie strozzate in gola. L’emozione della retina che si muove non da spazio a domande, non ci sono rivincite, solo nuove occasioni, nuove sfide, nuovi tiri da prendere.

Questo è quello che cerchiamo quando andiamo al campetto con gli amici o ci sediamo sul divano a guardare una partita. E’ sempre tutto uguale, dal campetto all’AA Arena, è sempre lo stesso gioco. E lo amiamo proprio per questo.
Matteo Manganiello
Twitter: @grandemanga

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