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Un anno di NBA

Diamo l’addio al 2019 rivivendo i migliori momenti dell’anno NBA. Dal trionfo di Toronto alla trasformazione di Golden State; passando per il derby di Los Angeles, generazioni di nuovi fenomeni, addii strappa-lacrime, Mondiale cinese e controversie diplomatiche. Buon Anno a tutti!

I buoni propositi di Lakers e Clippers

di Federico Ameli

Chi l’avrebbe mai detto un decennio fa che, in una Western Conference dominatrice quasi incontrastata del panorama NBA, sarebbe arrivato il giorno in cui la City of Angels non avrebbe trovato lo spazio che merita? La squadra che fu di Magic e Kareem, di Shaq e Kobe, dello stesso Kobe e Gasol, drammaticamente finita nei bassifondi della Conference. E che dire dei rampanti Clippers, con molti meno trofei in bacheca, ma che con la testa di Chris Paul e i muscoli di Blake Griffin e DeAndre Jordan sembravano avere tutto per invertire il maledetto corso della storia? Mentre San Antonio e Golden State cercavano con alterne fortune di sottrarre l’anello a LeBron James, Los Angeles scompariva lentamente dai radar della lega, in un declino che nemmeno le democratiche logiche della lottery sembravano poter invertire.

C’è voluto più del previsto, ma con più di 30 partite in archivio, possiamo dare ufficialmente il bentornato a Los Angeles nell’NBA che conta, anche se, a dirla tutta, già il solo mercato estivo delle due franchigie californiane aveva già dato più di un indizio circa la discreta volontà di tornare a fare la voce grossa in una Conference meno agguerrita rispetto agli anni scorsi.

Con le voci che si rincorrevano già dalle prime settimane del 2019, lo scorso giugno Anthony Davis è finalmente approdato alla corte di LeBron James. A fare il percorso inverso sono stati Lonzo Ball, Brandon Ingram, Josh Hart e un pacchetto di scelte, un prezzo tutto sommato neanche troppo stracciato per un giocatore costantemente a rischio infortuni e ormai da mesi in rotta con l’ambiente Pelicans. Eppure, sembra proprio che il gioco sia valso la candela, almeno a giudicare dal feeling che Davis e James stanno dimostrando sul parquet a scapito dei malcapitati avversari. Mentre scriviamo, il numero 3 dei Lakers viaggia a 27,7 punti, 9,3 rimbalzi e 3,2 assist e, se non bastasse, è anche uno dei principali candidati al premio di DPOY.

davis

Oltre ad aver dotato i gialloviola di uno dei giocatori più rappresentativi della pallacanestro moderna, l’arrivo di Davis ha attirato l’attenzione di diversi free agent, pronti a servire il Re e la sua corte verso la conquista dell’anello. Se è vero che la scommessa Cousins – causa infortunio – non ha portato i suoi frutti, d’altra parte il fresco campione in carica Danny Green sembra aver portato quella pericolosità dall’arco che mancava, così come il ritorno del figliol prodigo Dwight Howard, tirato a lucido per l’occasione, ha contribuito a dare profondità e una ritrovata affidabilità sotto le plance. È vero, le 4 sconfitte consecutive raccolte a cavallo di Natale rappresentano un primo campanello d’allarme per la truppa di coach Vogel, ma allo stato attuale risulta difficile pensare che i Lakers non abbiano le carte in regola per lottare per le posizioni che contano.

Proprio quando i Lakers erano finalmente riusciti ad allestire un supporting cast all’altezza di LeBron, colmando una delle principali cause del flop della scorsa stagione, i cugini “sfortunati”, con un paio di magistrali mosse firmate, ironia della sorte, Jerry West, sono riusciti a stravolgere la geografia della pallacanestro americana. Per i Clippers, che a differenza dei Lakers potevano già contare su un roster equilibrato e profondo, era fondamentale elevare lo star power della squadra, nella speranza di compiere quel salto di qualità e colmare quella pesante lacuna, anche a livello di consapevolezza, che qualche mese fa ha impedito ai losangelini di accedere al secondo turno dei Playoff a scapito degli Warriors.

Clippers

Detto, fatto: in cambio di Shai Gilgeous-Alexander, Danilo Gallinari e cinque scelte future, Paul George è sbarcato finalmente nella sua Los Angeles e, in compagnia di un certo Kawhi Leonard arrivato da Toronto da free agent, cambia il volto di una franchigia che ora non può più permettersi di perdere. A dirla tutta, qualche sconfitta – undici finora – sarebbe già stata incassata, ma con Leonard alle prese con il suo personalissimo load management e George tornato sul parquet a stagione già iniziata, è piuttosto evidente come il meglio debba ancora venire. Il 2020 rischia sul serio di essere l’anno dei Clippers, ma per arrivare fino in fondo sarà prima necessario sbarazzarsi dei ragazzi con cui condividono il parquet dello Staples Center.

A questo proposito, è tempo di tornare al titolo del nostro paragrafo per snocciolare una breve lista di buoni propositi per il nuovo anno:

Arrivare fisicamente integri ad aprile: James contro Leonard, due fisici diversi con visioni totalmente opposte della pallacanestro e del rapporto con il pubblico. Staremo a vedere se alla veneranda età di 35 anni LeBron riuscirà ancora una volta a stupirci o se ai piani alti qualcuno inizierà a storcere il naso di fronte ai capricci di Kawhi. A ogni modo, sarà fondamentale riuscire a scongiurare il rischio infortuni per arrivare in fondo, Golden State docet;

Non buttare via una (altra) stagione: vale in particolar modo per i Lakers, ma i Clippers non sono da meno. Sprecare un altro anno, forse l’ultimo, del prime di LeBron significherebbe dire addio non solo alla stagione, ma anche ai sogni di legacy della stella di Akron. Discorso simile in casa Clippers: la fuga con l’anello al dito di Leonard da Toronto è indicativa di quanto velocemente le cose possano cambiare nell’NBA dei nostri giorni. Anche in questo caso, citofonare Warriors;

– Raggiungere (almeno) le Finali di Conference: giunti a quel punto saranno necessari ben altri propositi, di cui, eventualmente, saremo ben felici di parlarvi.

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