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Miami Heat

Miami Heat Preview: “One last dance”

Dwyane Wade ha deciso di tornare per un ultima stagione, e Miami si presenterà con lo stesso roster della scorsa stagione, sarà un vantaggio o no? Difficile la situazione Hassan Whiteside, che sembra in rottura totale con il coaching staff dopo i Playoff e più volte la franchigia a provato ad inserirlo in una trade. Tanti contratti pesanti e poche scelte al Draft, una situazione che in NBA può condurti nel limbo per diverso tempo

Una stagione senza infamia e senza lode quella chiusa dai Miami Heat: 6th posto ad est e sconfitti 4-1 dai Philadelphia 76ers, in una serie comunque piacevole e più equilibrata di quanto il punteggio possa dire. Conclusi i Playoff però la franchigia si è trovata con diversi interrogativi per la prossima stagione, e una situazione salariale che non permetteva alcun movimento facile durante la free agency ($158 milioni chiamati dai contratti per la stagione in arrivo, compresi i $26.8M dell’ultimo anno di Chris Bosh).

Il primo dubbio era quello sul futuro dei due veterani della squadra, Udonis Haslem e Dwyane Wade, indecisi se continuare o appendere le scarpe al chiodo; il secondo, la volontà o meno da parte della società di continuare con il proprio centro titolare Hassan Whiteside. Sono stati diversi i rumors durante l’estate che ipotizzavano un futuro lontano dalle spiagge della Florida per il nativo del North Carolina, e probabilmente non smetteranno di circolare anche durante il corso della stagione con gli Heat che con la sua partenza potrebbero risparmiare i $27 milioni della sua player option per il 2019-20.

La settimana a Miami è pero cominciata con una grande notizia per la franchigia e non solo: dopo le indiscrezioni che lo vedevano vicino al ritiro, o intenzionato a continuare la propria carriera in oriente ingolosito da un grosso contratto promessogli nel campionato cinese, Dwyane Wade ha finalmente deciso di giocare un’ultima stagione nella sua squadra:

“Ho dato sempre tutto quello che avevo per questo sport, e in quest’ultima stagione darò tutto quello che mi rimane”.

Queste le parole del tre volte campione NBA, che come il suo amico fraterno Haslem, tornerà a calpestare il parquet della Triple-A per ancora una stagione. In questa maniera la squadra allenata da Erik Spoelstra si ripresenterà ai nastri di partenza con un roster pressapoco identico a quello che ha concluso la scorsa annata, anche perché Miami ha perso la sua scelta in questo Draft sia al primo giro – una volta in cui essa non è finita entro la protezione che era 1-7 – che al secondo giro finita a Houston via Memphis Grizzlies (De’Anthony Melton la scelta). Rientrerà dall’infortunio alla caviglia Dion Waiters che problemi fisici permettendo nelle due stagioni in Florida ha giocato la miglior pallacanestro della sua carriera e potrebbe “comandare” con DWade la second unit.

La situazione per i Miami Heat, in vista del futuro, è di quelle pericolose in NBA: diversi contratti pesanti (diverse player option che verrano verosimilmente esercitate alla fine della prossima stagione), poche scelte al Draft e giocatori che non hanno tantissimo mercato. Miami è sempre una piazza con un grande mercato che potrà attirare giocatori nelle free agency future, ma non è chiaro se in questo momento esista un progettualità definita e stare troppo tempo nel limbo in questa lega può poi risultare controproducente.

 

Punti forti

Il gruppo è ormai consolidato, tutti si conoscono e giocano insieme da diverse stagioni. Paradossalmente il giocatore più nuovo da inserire è Dwyane Wade, tornato a Miami dopo una stagione e mezzo, ma che fin dalla prima partita ha mostrato grande confidenza con il gruppo e si è reinserito quasi in punta dei piedi portando la sua grande esperienza e la capacità di essere decisivo nei momenti caldi delle partite.

Il ritorno di Flash da inoltre grande entusiasmo all’ambiente già caldo dell’American Airlines Arena, sesta per presenze media a 19 631 spettatori a partita.

La difesa è sicuramente l’arma principale dei Miami Heat: la squadra di Pat Riley è la quarta della lega per punti concessi a partita (102.9) e la settima per Defensive Rating (106.3). Nonostante il rendimento altalenante di Whiteside durante la stagione, il centro di 213cm è ancora una presenza condizionante nel pitturato (1.7 stoppate a partite, dato in calo come però lo sono stati i suoi minuti in questa stagione, disastroso nei Playoff). Anche sul perimetro gli Heat dispongono di un’ottima batteria di difensori, con James Johnson e Justise Winslow che possono ricoprire sia il ruolo di interni che di esterni e Josh Richardson che sta crescendo in fisicità e consapevolezza nei propri mezzi.

Seppur in attacco i Miami Heat non siano tra le migliori squadre della lega per produzione, hanno una grande possibilità di trovare diversi protagonisti di partita in partita: non esiste un grande realizzatore, ma la scorsa stagione hanno chiuso con 8 giocatori in doppia cifra (uno era Waiters che ha giocato solo metà stagione) tra gli 11 e i 14 punti di media e il solo Goran Dragic a quota 17.3. Di conseguenza gli Heat hanno la sesta panchina per produzione offensiva della NBA con 41 punti di media a partita. Inoltre Spoelstra riesce a sfruttare la versatilità dei suoi giocatori anche in attacco con molti pick and roll giocati in hand off (secondi nella lega per utilizzo) anche da stretch four come James Johnson e Kelly Olynyk, molto bravi sia ad aprirsi o a farsi trovare nelle giuste posizioni in situazione di short roll e concludere da una distanza intermedia o aprire il campo con ottime visioni di gioco.

I due possono fungere anche da handler e non solo da bloccanti.

Un punto di forza della squadra è ormai anche la presenza e la mano sulla squadra di Erik Spoelstra. Il coach statunitense, di chiare origini filippine, entra nella sua undicesima stagione come capo allenatore dopo gli altrettanti anni da assistente e, dopo un inizio difficile con la pressione dei “Big Three” e la necessità di vincere, si è affermato come uno dei migliori allenatori della lega; Pratico e funzionale, riesce sempre a mettere i propri giocatori nella situazione migliore per rendere al massimo.

 

Punti Deboli

Il rapporto Whiteside con il resto della squadra, giocatori e coaching staff. Le potenzialità del giocatore sono sicuramente altissime: atletismo, verticalità, fiuto per la stoppata, una buona mobilità e una mano non così poco educata come potrebbe sembrare. Ma sono l’ego e la disciplina a fregare il prodotto di Marshall University. Spesso fuori posizione, sia in attacco che in difesa, spesso condizionato dai problemi di falli, troppe volte ha fatto più parlare di per quello che ha detto fuori dal campo che per quanto fatto nel rettangolo di gioco. Nei Playoff la situazione è parsa essere ormai giunta ai titoli di coda, con il giocatore che ha perso nettamente lo scontro con Joel Embiid ed è stato più volte panchinato (15 minuti di media). Come detto le sue statistiche sono in costante calo, inversamente al suo contratto, di cui il front office vorrebbe liberarsi con piacere.

L’attacco spesso non riesce a capitalizzare lo sforzo fatto dalla squadra in difesa. Nonostante diversi giocatori in grado di produrre punti, i Miami Heat hanno solamente la ventiduesima efficienza offensiva della NBA. Una delle motivazioni è il PACE molto basso a cui la squadra è abituata a giocare, 95.6, con 21.9 secondi di media di durata media dei possessi, penultimi della lega davanti solo ai Portland Trail Blazers. Questo vuol dire che molto spesso Miami non capitalizza la propria capacità di contestare tiri (sesti per stoppate) e di concedere pochissimi rimbalzi offensivi agli avversari velocizzando la transizione offensiva, ma preferisce giocare a pochi possessi e a difesa schierata per mantenere un certo bilanciamento (solo 12.7% dei possessi offensivi di Miami viene giocato in transizione).

Ai Miami Heat, manca sicuramente gioco interno. È vero che il gioco si è trasformato e i lunghi che giocano solamente con i piedi dentro l’area sono sempre meno, ma anche con gli esterni la squadra Spoelstra raramente gioca in avvicinamento (Wade è uno dei pochi ad essere efficace in situazione di post).

Spesso la circolazione è piuttosto perimetrale e le penetrazioni degli esterni di Miami risultano fine a se stesse con tante riaperture per tiri da oltre l’arco ma, nonostante la mole di tiri da tre punti presi in stagione, 30 a partita (il 13% in più rispetto alla stagione precedente), le percentuali sono ancora da seconda metà della classifica (36% di squadra) con il solo Wayne Ellington che si avvicina al 40%. Il 33% delle volte una penetrazione si chiude con uno scarico, ma solo nel 9.5 % dei casi ne viene fuori un assist (contro il 7% di palle perse) sintomo di una difficoltà nel segnare tiri aperti, quintultimi in NBA con il 37%.

A questi Heat forse manca un vero leader, quello che è stato Wade per tanti anni e che ora può continuare ad essere, ma con meno potere sul campo. Quindi nei momenti decisivi a chi va il pallone?

In diverse occasioni è stato Dion Waiters a prendersi i tiri pesanti, ma per carattere e temperamento non può certamente essere un leader per tutta la stagione. C’è poi Goran Dragic che nelle ultime stagioni si è preso la squadra in mano in diverse situazioni. Poteva esserlo in difesa Whiteside, ma il progetto sembra essersi arenato da diverso tempo. Insomma non sempre avere tanti buoni giocatori in grado di segnare può essere di facile gestione all’interno di una squadra

 

Scenario migliore

Dwyane Wade gioca l’ultima stagione ad un ottimo livello, Dion Waiters torna il Dion Waiters dell’ultima stagione, Hassan Whiteside ritorna sulla terra e riprende a fare quello per cui è stato pagato così tanto. La panchina degli Heat continua a produrre punti e ad essere una delle migliori della lega e giocatori come Winslow, Richardson e Tyler Johnson cominciano ad essere affidabili anche da oltre l’arco. Dietro le inarrivabili Boston Celtics, Toronto Raptors e Philadelphia 76ers i Miami Heat provano a giocarsela per il quarto/quinto posto con i Milwaukee Bucks di “The Greek Freak” e gli Indiana Pacers della nuova stella Victor Oladipo, cercando magari di far prevalere l’esperienza negli scontri diretti e successivamente ai Playoff per provare a passare il primo turno.

Scenario peggiore

Wade non riesce ad avere impatto come la franchigia si aspetterebbe, Whiteside in rottura totale con la società viene ceduto (poi ovviamente in base allo scambio si può valutare chi ci possa guadagnare); la mancanza di gerarchie fa si che la squadra, sopratutto in attacco latiti nei momenti decisivi delle partite con Spoelstra che non trova alternative di gioco ad un tiro da tre punti che va e viene. Miami naviga in linea di galleggiamento con l’ultima casella disponibile ai Playoff che vorrebbe dire giocare il primo turno con una delle prime tre sopra citate, non alla portata degli Heat in nessuna maniera possibile.

Pronostico

I Playoff sono d’obbligo, soprattutto con i Cleveland Cavaliers che si sono defilati lasciando libero uno spot per la post season. Per passare il primo turno dovrebbero arrivare quarti o quinti per evitare Boston, Toronto e Phila, difficile, ma non impossibile. Premesso però che se ciò avvenisse sarebbe per demerito di Milwaukee e Indiana, che hanno sicuramente più talento e potenziale.

 

 

 

 

 

 

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