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Boston Celtics

The Celtics Rise

La risalita della franchigia più titolata della Lega, dalle macerie di una dinastia vincente al gettare le basi di un futuro ancora più luminoso

E’ il 3 Maggio 2013. I Celtics, al Garden, incassano la quarta e decisiva sconfitta contro i Knicks di Melo e coach Woodson al primo turno di Playoff, dando così addio ad una stagione tra alti e bassi e con un record al di poco superiore del 50%. La sconfitta sancisce inoltre la fine dell’era di Doc Rivers e dei Big Three (anche se Ray Allen aveva già salutato ad inizio stagione scegliendo il sole della Florida per ‘marcare’ ancora di più il libro).

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Paul Pierce e Kevin Garnett – rimasti ancora un anno – vengono scambiati in una mega trade con Brooklin imbottita di giocatori ‘tagliabili’ (nessuno degli allora arrivati veste ancora la canotta biancoverde) e preziose prime scelte future.  Anche Rivers saluta Boston, direzione Los Angeles, chiamato per portare alla vittoria i cugini minori. Work in progress.

Oltre allo smantellamento totale della squadra il General Manager Danny Ainge deve trovare anche un nuovo allenatore capace di guidare la squadra nella fase di ricostruzione. La scelta cade, nella sorpresa generale, su Bradley Stevens, trentaseienne allenatore di Butler University. Non ha mai allenato una partita in NBA e non ha certo l’appeal del santone Rivers. Sembra l’ultimo step verso anni di tanking e delusioni. Sarà l’inizio della rinascita.

Brad Stev

Nato a Zionsville come ogni figlio dell’Indiana mastica pallacanestro fin da piccolo. Allo Zionsville Community High School veste la mitica ’31’ in onore del idolo di casa Reggie Miller e gioca da playmaker, meritandosi anche tre premi All-American. Non ha grandi caratteristiche fisiche o tecniche ma possiede un grande spirito di sacrificio ed un’etica del lavoro eccezionale. E’ il classico ‘leader by example’ come lo ha definito in una recente intervista Avery Bradley, suo attuale giocatore a Boston.

Inizia la sua carriera da allenatore proponendosi volontario come assistente nello staff di Butler, università dell’Indiana di Division I del circuito NCAA, e nel 2007 ne diventa capo allenatore. E’ un cultore dello spread offense e trova in Gordon Hayward (oggi stella degli Utah Jazz) uno straordinario terminale offensivo di una squadra che vince e diverte. Porta i Bulldogs per due anni consecutivi alla Finale NCAA (2010 e 2011) entrambe perse contro le più quotate Duke e Connecticut.

Salito al piano di sopra in punta di piedi inizia a lavorare maniacalmente. Già dalla prima stagione (chiusa con un record di 25-57), nonostante la debolezza del roster ed il tanking atto ad avere più palline possibili alla futura lottery, si inizia a vedere un gioco chiaro, basato su corsa e ritmo alto. L’innesto di Crowder, arrivato da Dallas nella trade che ha chiuso definitivamente il cerchio con l’addio anche di Rondo, si rivela fondamentale. L’ex stella di Marquette, arrivato secondo molti solo come ripiego, è da subito molto più di un efficace 3&D, rivelandosi uno dei leader dello spogliatoio.

Il talento puro non abbonda, ma con giocatori come Sullinger, Bradley, Olynyk, Zeller, Jerebko e Smart (scelto alla numero 6 proprio al draft) Stevens ha a disposizione un roster assortito di pezzi intercambiabili, fisici e con grande competitività e voglia di migliorarsi. Infine l’arrivo di Isaiah Thomas dai Suns, sullo scadere della trade line, aggiunge il leader perfetto per guidare l’attacco. Il piccolo grande uomo (175 centimetri) scelto da Sacramento nel draft del 2011 con la scelta numero sessanta (!) da quando è arrivato in Massachussets sta smentendo tutte le voci che lo volevano come un problema in quel di Phoenix ed è diventato subito il primo violino dell’attacco dei “C’s”. Con un netto miglioramento di 15 vittorie nella stagione successiva iniziano a venire fuori i frutti del grande lavoro del giovanissimo coach. Si guadagnano la settima posizione ad Est (nonostante un record ancora negativo, 40-42) e quindi i Playoff, ma vengono eliminati dai Cavs di LeBron James con uno 0-4 senza appello.

Credits to www.hardwoodhoudini.com

 

Ma i progressi fatti dalla squadra sono evidenti e la considerazione della Lega nei confronti di Stevens cresce partita dopo partita. La sua capacità di leggere le gare e la preparazione tattica data alla squadra lo mettono già oggi tra i migliori allenatori in circolazione. Non solo: il giovane coach ha già mostrato grandissime letture anche in uscita dai time-out, dove i Celtics sono tra le squadre più efficienti con anche svariati buzzer beater nel corso delle ultime due stagioni.

Citofonare Utah

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Citofonare Toronto

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Citofonare Cavaliers

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La crescita sembra non fermarsi e in questa stagione la franchigia più titolata della Lega è migliorata ancora, e notevolmente. I Celtics hanno il 4° miglior attacco per punti segnati con 106.1 su 100 possessi, e sono 2° per rubate (9.5/100 poss) e 6° per assist (17.8/100 poss) ma risultando addirittura terzi nel rapporto assist/palle perse dietro solo a Golden State e San Antonio, chiaro segnale di una grande organizzazione di squadra.

Tutto questo correndo come quasi nessuno nella lega (3° per PACE dietro solo a Sacramento e Golden State) e giocandosela alla pari con tutti, compresi Cavs – vittoria a Cleveland sulla sirena – Spurs, e soprattutto Warriors.

I ragazzi di Stevens infatti sono stati sempre un osso duro per Golden State negli ultimi due anni, ovvero sia da quando Curry & Company hanno deciso di riscrivere la storia del Gioco, risultando essere la squadra col minor scarto subito (appena 5 punti), costringendoli ad un doppio supplementare al Garden nella gara d’andata di quest’anno e regalandosi la soddisfazione di essere i primi a battere la squadra di Luke Walton sulla Baia dopo 54 vittorie consecutive di Regular Season. Altro che pesce d’Aprile.

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Stevens può schierare svariati quintetti ed ha già mostrato una spiccata predisposizione a cambiate vari assetti a seconda delle esigenze della partita, mischiando molto le diverse unit (panchina e starting-five). La presenza di giocatori che possono vestire più ruoli rende i Celtics una squadra anomala e difficile da contrastare per gli avversari.

Thomas, Smart, Bradley, Turner o perfino Crowder sono in grado di gestire la palla e giocare il pick-and-roll da palleggiatore, dove Sullinger, Zeller, Amir Johnson, Olynyk o Jerebko sono abili nel “rollare” e finire a canestro, con gli ultimi due che si sono dimostrati anche tiratori affidabili dal perimetro. Particolarmente Olynyk che, non solo possiede il miglior DefRtg (96.5) e NetRtg (6.4) tra i compagni ad aver giocato almeno venti minuti, ma è anche una preziosa chiave offensiva grazie ai pick-and-pop giocati con Thomas che aprono spazio per lui ed i compagni.

Inoltre, di tutti i quintetti schierati dal giovane coach quello che vede appunto la presenza di Thomas ed il canadese (più Bradley-Crowder-Sullinger) risulta essere di gran lunga il migliore (addirittura 116.3 punti di OffRtg contro i 103.2 medi di squadra).

NBA: Boston Celtics at Phoenix Suns

Thomas, infine, sta vivendo una stagione da All-Star. I suoi numeri sono straordinari con 21.7 punti, 6.7 assist e 2.9 rimbalzi in poco più di 32 minuti di utilizzo – tutti carrer-high – più un pazzesco 56.3% di efficienza in restricted area (per rendersi conto Westbrook, non proprio lo stesso fisico, tira poco meno del 58% – assurdo). Numeri che gli hanno garantito anche la prima chiamata alla partita delle stelle.

L’entusiasmo è alto e sembrano esserci tutti i presupposti per considera i C’s almeno una rispettabile outsider nel tabellone dei Playoff della Eastern-Conference, dove, eccezion fatta per i super favoriti Cavs di LeBron, Irving e Love, i giochi saranno molto aperti. Parlare di titolo di Conference o Finals sembra ancora prematuro, ma sicuramente la strada intrapresa è quella giusta. Il futuro sembra essere ancor più roseo se si considera anche il grandissimo lavoro del GM Ainge nell’acquisire una miriade di prime e seconde scelte per i Draft dei prossimi anni, oltre al costruire una rosa giovane e creare una buonissima situazione salariale.

Name 2015-16 2016-17 2017-18 2018-19 2019-20
David Lee (waived) $15,035,105
Amir Johnson $12,000,000 $12,000,000
Avery Bradley $7,730,337 $8,269,663 $8,808,989
Isaiah Thomas $6,912,869 $6,587,132 $6,261,395
Jae Crowder $6,796,117 $6,286,408 $6,796,117 $7,305,825 $7,815,533
Jonas Jerebko $5,000,000 $5,000,000
Marcus Smart $3,431,040 $3,578,880 $4,538,020 $6,053,719
Evan Turner $3,425,510
Tyler Zeller $2,616,975 $3,695,169
Jared Sullinger $2,269,260 $4,433,683
Kelly Olynyk $2,165,160 $3,094,013 $4,279,020
Perry Jones III (Waived) $2,038,206
Terry Rozier $1,824,360 $1,906,440 $1,988,520 $3,050,390 $4,285,798
James Young $1,749,840 $1,825,200 $2,803,507 $3,958,552
Zoran Dragic (waived) $1,706,250
Jordan Mickey $1,170,960 $1,223,653 $1,276,346 $1,329,039
R.J. Hunter $1,148,640 $1,200,240 $1,251,960 $2,259,788 $3,367,084
Coty Clarke (exp. 10-day) $30,888
Coty Clarke (exp 10-day) $30,888
Malcolm Miller (waived) $25,000
Corey Walden (waived) $25,000
Levi Randolph (waived) $25,000
Guaranteed Total: $77,157,405 $33,971,629 $21,866,501 $7,305,825 $7,815,533
Inclusive Total: $77,157,405 $59,100,481 $38,003,874 $23,957,313 $15,468,415

La prossima estate sarà uno spartiacque fondamentale per il futuro della franchigia e molto passerà anche dal Draft. I Celtics detengono tra le tante la prima scelta dei Brooklin Nets, che attualmente possiedono il quarto peggior record della Lega, e non è sbagliato credere che possa cadere – almeno – tra le prime cinque nella prossima lottery.

La stessa trade che vide l’addio di due idoli del Garden come Pierce e Garnett adesso potrebbe cambiare, in positivo, le prossime stagioni dei Celtics. La risalita dei Celtics verso la vittoria è iniziata e sembrano esserci tutti gli elementi per riportare Boston ad essere una franchigia vincente.

Time is a flat circle, diceva qualcuno.

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