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Angolo D-League – “Gatorade Call-Ups” e “Assignments”

Puntata Quattro

Dopo un primo passo nella nebulosa galassia dei contratti degli atleti della NBA Development League, analizziamo ora le due “manovre” più significative, quelle che permettono lo scambio di giocatori fra NBA e lega di sviluppo. Il presente “excursus” nella vita della NBDL fa parte di una raccolta nella rubrica “Angolo D-League” su NBAReligion.com: in fondo alla pagina si possono trovare i link delle precedenti puntate.

 

Cosa sono i “Gatorade Call-Ups”?

Essenzialmente, sono il motivo per cui un cestista sceglie di giocare in D-League.

Un giovane potrebbe decidere di approdare in altri campionati internazionali, dove crescere, maturare e soprattutto guadagnare bene: Europa in primis, o Cina, piazza che attira sempre di più. In D-League la media degli stipendi è significativamente inferiore, ma la NBA sembra più vicina: il “Gatorade Call-Up” è lo strumento creato ad hoc per il salto nella “classe regina“, per dirla con un epiteto motociclistico.

Sostanzialmente, in ogni momento, qualsivoglia squadra NBA può prelevare un giocatore qualsiasi della D-League (tranne quelli “assegnati” da altri team) per inserirlo nel proprio roster. In genere l’interessato firma un contratto da 10 giorni. Se la franchigia ne è soddisfatta può proporre un ulteriore decadale. Al termine di questi due contratti la squadra deve decidere se tenere il giocatore per il resto della stagione, oppure – ed in tal caso perderà i diritti su di lui – se lasciarlo tornare in D-League, dove potrà essere chiamato da altri team.

Il sistema del Call-Up è sempre più usato negli ultimi anni: sia in numero assoluto, sia per la quantità di singoli giocatori interessati. Ecco alcuni Call-Up di successo: Rafer Alston, Chris Andersen, Matt Barnes, Will Bynum, C.J. Watson. Altri due nomi hanno scosso le franchigie che li hanno accolti in NBA durante l’ultima stagione (2013-2014): Troy Daniels agli Houston Rockets dai Rio Grande Valley Vipers (firmato poi in off-season) e Kendall Marshall dai Delaware 87ers ai Los Angeles Lakers.

Durante l’ultima stagione, i Call Ups sono stati ben 49 (37 i singoli cestisti). Il record però è stato registrato durante la stagione 2011-2012, quando furono addiruttura 60, a fronte di 43 giocatori singoli.

 

Cosa sono gli “Assignments”?

Viste le novità per la stagione che sta per iniziare, dovremo analizzare due aspetti: la regola e l’eccezione.

La regola è rappresentata dai 17 team NBA con affiliazione singola in D-League. In tal caso ogni squadra può “assegnare” alla propria corrispettiva in D-League qualsiasi proprio rookie o sophomore (atleti del primo o secondo anno), in ogni momento, per qualsivoglia periodo di tempo, quante volte vuole. La squadra NBA mantiene i propri diritti sul giocatore e può richiamarlo in ogni momento (ne sa qualcosa Jordan Farmar, che giocò nello stesso giorno sia per i Los Angeles D-Fenders che per i Lakers!). Il dato dell’ultima stagione: ben 187 assignments, per 62 singoli giocatori, numero record.

Jordan Farmar con i Lakers

Passiamo all’eccezione: i Fort Wayne Mad Ants. Ovvero l’unica franchigia indipendente della D-League, che si deve far carico degli assignments delle 13 squadre NBA non dotate di affiliata. Naturalmente le regole normali non garantirebbero nè alle squadre NBA, nè ai singoli giocatori, spazio adeguato. Per cui ecco l’eccezione: nel caso i Mad Ants siano già occupati con quattro assignments (oppure due nello stesso ruolo), la D-League individuerà altre squadre disposte ad accogliere un ulteriore prospetto inviato da una franchigia NBA. Questa sceglierà la meta per il proprio giocatore, fra quelle proposte. Se nessun team della D-League si sarà fatto avanti, la scelta avverrà tramite lottery (fra le squadre che non sono possedute direttamente da una rispettiva in NBA).

 

Precedenti puntate della rubrica “Angolo D-League”:

Puntata Zero

Puntata Uno

Puntata Due

Puntata Tre

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