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Richard Hamilton si racconta: “Voglio giocare ancora un anno”

Richard “Rip” Hamilton, uno dei giocatori-simbolo del primo decennio degli anni 2000, è rimasto tutta la stagione 2013-2014 fuori dal terreno di gioco, svincolato;  ma a quanto pare le cartucce nel suo arsenale non sono ancora  finite, come ammette lui stesso ad una lunga intervista riportata da David Alarcon su HoopsHype.com.
Hamilton, colonna portante dei miracolosi Detroit Pistons vincitori del titolo nel 2004, ha infatti espresso la volontà di giocare almeno per un altro anno in NBA; ecco riportata l’intervista della “mascherina” più famosa della Lega.

Non hai giocato la scorsa stagione. Come mai?”

“Era la prima volta nella mia carriera in cui mi sono trovato ad essere free agent…e mi è andata bene così, perché è stata una mia decisione. Ho avuto l’opportunità di stare con i miei figli, la mia famiglia, e far riposare il mio corpo per la prima volta da quando avevo 7 anni!”

Hai mai pensato al ritiro definitivo?”

“Si, si l’ho fatto. In questo momento della mia vita, ho pensato ‘Hey, ho fatto tutto, ho vinto un titolo NBA, ho vinto al college, sono stato un All Star, ho fatto qualsiasi cosa!’ Così ho preso questa opportunità per mettere come priorità altre cose, come la mia famiglia, e vedere se dopo un anno avrei avuto ancora voglia di giocare”.

“Cosa ti manca del Basket”?

“Oh beh…i playoffs! Mi mancano i playoffs, mi mancano i miei compagni di squadra, mi manca l’atmosfera dello spogliatoio con un bel gruppo di compagni”.

“Ci puoi raccontare qualcosa della tua ultima stagione a Chicago?” (Hamilton ha giocato per i Bulls nel 2012-2013, al momento la sua ultima esperienza NBA)

“Una grande esperienza. Penso che la cosa che ci ha abbattuto maggiormente sono stati gli infortuni, hanno cambiato tutto quanto per me e per gli altri ragazzi. Il mio obiettivo era di competere per il titolo, ma gli infortuni non ce l’hanno permesso”.

Cos’è successo con Tim Thibodeau? Ci sono dei rumors riguardo il vostro rapporto…”

“Non c’è mai stato un problema vero e proprio tra di noi. Nel finale di stagione, mi sono infortunato e ho saltato le ultime 6 settimane  prima dei playoffs, e lui ha voluto giocare i playoffs solamente con i giocatori che ci sono arrivati, escludendomi: questa era una situazione che non poteva andarmi bene. Sai, è stato frustrante,perché i playoffs erano il motivo per cui mi avevano voluto a Chicago”.

“Quali sono i tuoi piani futuri?Ti vedi ancora giocare in NBA?”

“Si, assolutamente. Parlando personalmente, voglio vedere come reagisce il mio corpo dopo l’estate, voglio giocare un altra stagione, magari con l’opportunità di essere in una squadra pronta a vincere un titolo”.

“Qualche squadra NBA si è mostrata interessata a te?”

“Per  questa stagione? Si, ho ricevuto un paio di chiamate da alcune franchigie”.

“Da chi?”

“Ehi, non posso dirtelo! (ride) Non posso dirtelo, ma ci sono delle opportunità per me… al momento sto aspettando la giusta situazione. Come mi ha detto il mio agente, sono nella posizione di poter scegliere io la squadra dove voglia andare.”

“Di recente sei stato accostato ai Timberwolves, è vero?”

“Si, si è vero! (ride)”

“Hai mai pensato di giocare in Cina o in Europa?”

“Non penso che andare in quei posti sia solamente una questione di soldi, sai? In questo momento si tratta solo di capire se ho ancora benzina nel serbatoio o se posso ancora avere la chance di giocare ad alti livelli. Io amo ancora follemente il basket, e questa è la cosa più importante. Quando ero un ragazzino, dicevo sempre ‘Ehi, voglio giocare in NBA fino a che ce la faccio, poi giocare in Europa, e poi sono a posto’. Questo è sempre stato un mio sogno, e adesso ci siamo quasi, ma ancora non so quale sarà la mia decisione.

“Che genere di contratto stai cercando?”

“Ho fatto molti soldi nella mia carriera, sono stato davvero benedetto finanziariamente tanto da stare molto più che tranquillo, e ho avuto anche l’opportunità di vincere ad alti livelli. Quindi cerco solo una chance di giocare, solo per amore del gioco”.

“Ti piacerebbe fare l’allenatore?”

“NO! (ride). Sarebbe un duro lavoro per un tipo come me, è un duro lavoro per tutti gli allenatori. Trascorrono molto tempo sul campo d’allenamento,  non vedono quasi mai i loro figli, e quindi, io come allenatore…no, non credo proprio”.

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