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New York Knicks

Melo-Drama, atto 2. Dove giocherà Carmelo Anthony la prossima stagione?

Manca sempre meno al 23 giugno, termine ultimo dato da Phil Jackson a Carmelo Anthony per far sapere alla dirigenza dei New York Knicks quali sono le intenzioni dell’ex giocatore di Syracuse. Perché l’inizio della free-agency è alle porte (1° luglio) e il Melo-Drama non è ancora arrivato ad una vera e propria svolta. La situazione versa nel suo lato più incerto e ingarbugliato: ad ora, le contendenti per l’ala piccola di casa a New York sono gli stessi Knicks, gli Houston Rockets e i Chicago Bulls. Si è parlato anche di Miami Heat e Dallas Mavericks, ma le ipotesi papabili, ad ora, sembrano le tre sopra citate. Ma, prima di cominciare, è necessario fare una precisazione doverosa vista la mole di news che sta uscendo in questi giorni relativa ai contatti fra Carmelo Anthony e la dirigenza delle squadre contendenti. Fino al primo luglio, Carmelo Anthony è in ogni caso un giocatore sotto contratto con i New York Knicks. Perciò Melo non si è mai potuto incontrare con altri GM se non con Phil Jackson (o perlomeno, non ufficialmente e/o legalmente) per discutere di un nuovo contratto. Le varie franchigie interessate a lui si stanno muovendo in modo tale da essere pronte, non appena Anthony decida o meno di uscire dal proprio contratto, a fargli l’offerta migliore. Il che non dà però alcuna garanzia di successo. Basti pensare alle disavventure dei Chicago Bulls nel mercato dei free agents 2010, quando volevano aggiungere un giocatore di qualità come Wade o LeBron James e si ritrovarono a bocc’asciutta. Come successo anche agli stessi Knicks, che puntarono il Prescelto ma non riuscirono a convincerlo e ripiegarono quindi su Amar’e Stoudemire. Tuttavia si possono analizzare i pro e i contro della possibile scelta di Carmelo qualora decidesse di restare a NY o di tentare di vincere l’anello altrove. Ecco, a poche ore dalla decisione finale, la situazione delle squadre coinvolte nei rumors relativi a Carmelo Anthony.

NEW YORK KNICKS – Durante la Regular Season si era arrivati ad un punto tale che si era praticamente certi che Carmelo Anthony sarebbe uscito dal proprio contratto per cercare speranze di vittoria altrove, non in una squadra che sprofondava sempre di più verso il fondo di una già non irresistibile Eastern Conference. Poi, la firma di Phil Jackson come Presidente delle operazioni sportive della franchigia e il principio di rivoluzione Jacksoniana hanno scombussolato le carte in tavola. L’ex allenatore di Bulls e Lakers ha subito dichiarato che il nuovo progetto ripartirà dalla stella di Carmelo, ma che se il n°7 avesse scelto di abbandonare la causa Knicks non si sarebbero fatti drammi. Si sono svolti diversi meeting fra le parti in causa ed è stato lo stesso Anthony a definire questi incontri produttivi, giudicando positivamente l’operato di Jackson: “He’s doing well”. L’idea del front office di New York sarebbe quella di cominciare il nuovo corso già nella stagione 2014/15, con il nuovo allenatore Derek Fisher (uomo di fiducia del Presidente, ritenuto capace di infondere nei suoi uomini la giusta dose di coraggio, sfrontatezza e sicurezza) e i principi dell’attacco triangolo per poi rifirmare Anthony nel 2015 da free agent (quando sarà scaduto anche l’onerosissimo contratto di Amar’e Stoudemeire) al massimo salariale per 5 anni e costruirgli di conseguenza la squadra attorno. Per massimo salariale si intende qualcosa come 129 milioni per 5 stagioni, un’immensità confrontata con le altre possibili offerte, tutte meno remunerative ma con più probabilità di successo immediato. Perché i Knicks sono un’incognita: chi nella stagione della conquista della seconda piazza ad Est 2012/13 aveva brillato (Raymond Felton e JR Smith su tutti) quest’anno ha mostrato il lato più macabro del proprio gioco, con prestazioni a tratti imbarazzanti e al limite del crollo nervoso. Amar’e Stoudemeire, fallimentare firma della free-agency 2010, pur con qualche sussulto finale non ha mai realmente giustificato l’investimento compiuto su di lui. Gli unici certi del proprio posto sono Iman Shumpert e il rookie Tim Hardaway JR, oltre al centro Tyson Chandler, i cui malumori sono stati però resi evidenti dallo stesso giocatore nel corso della stagione: “Qui non ci si impegna al massimo”, la sentenza dell’ex Bobcats. Andrea Bargnani è poi alle prese con i cronici infortuni, questa volta al gomito, dal quale ancora non è guarito. Son pochi i giocatori che verranno salvati dopo quest’annata dai contenuti imbarazzanti, solo quelli che si dimostreranno più capaci nell’apprendimento dell’attacco triangolo. Non a caso nel finale di stagione è stato firmato Lamar Odom, un giocatore che nel back to back dei Lakers Jacksoniani 2009/10 era importante nelle dinamiche del Triangle Offense. Quanto potrebbe essere leggendario riportare alla vittoria una città che aspetta un anello dai tempi di Red Holzman guidato dal suo allievo (Phil Jackson) che a sua volta ha designato un suo successore (Fisher) il cui carisma è rinomato, così come la sua capacità di leggere le partite? Una linea del tempo potrebbe collegare i leggendari Willis Reed, Earl Monroe, Walt Frazier a Carmelo Anthony. Ma Melo è disposto ad aspettare?

CHICAGO BULLS – La squadra che, a detta di molti addetti ai lavori, è la favorita nella corsa a Carmelo Anthony sono i Bulls. I fantasmi nell’armadio dei Tori però non mancano: già nel 2010 si tentò di firmare Wade o LeBron James, liberando spazio salariale cedendo giocatori importanti (uno su tutti Kirk Hinrich) per poi dover sterzare sul contentino Carlos Boozer, avendo perso il treno per il Prescelto e Flash e offrendo all’ala grande ex Atlanta Hawks un contratto molto remunerativo e, osservato quattro anni dopo, esagerato. In questo mercato proprio attorno a Boozer ruotano le possibilità della squadra di Thibodeau di potersi accaparrare Carmelo Anthony: una prima ipotesi era quella di amnistiare l’ala grande nel suo ultimo anno di contratto (lo stipendio sarà di circa 14 milioni di dollari) e sbarazzarsi di qualche role-player (Mike Dunleavy jr, il cui compenso annuale è di 3 milioni di presidenti spirati) per liberale spazio salariale, che già non versa in buone condizioni (alcuni hanno ipotizzato anche una possibile cessione di Taj Gibson, ala forte che guadagna circa 10 milioni di dollari l’anno e quest’anno si è consacrato come un dei migliori difensori fra i big men della Lega. Inoltre una sua possibile trade non sarebbe gradita a Joakim Noah, che dopo Loul Deng vedrebbe andar via un altro dei suoi amici all’interno dello spogliatoio). Infatti se i Bulls firmassero Carmelo Anthony da free agent e sfruttassero le due chiamate al primo giro del draft (n°16 e 19) non avrebbero poi liquidi per portare al di là dell’oceano la classe di Nikola Mirotic, che sembra finalmente pronto per il salto nella NBA dopo aver dominato in Europa con la casacca del Real Madrid. Per cui è affiorata nelle ultime ore una seconda possibilità che coinvolge sempre Knicks e Bulls: una sign & trade di Carmelo Anthony per Carlos Boozer e le due prime scelte di Chicago (per New York si tratterebbe dell’unica possibilità di ottenere chiamate al draft, non disponendo di proprie, tutte cedute nella trade che portò Melo nella Grande Mela da Denver). Jackson si è dimostrato interessato a quest’ipotesi che porterebbe nella franchigia della Grande Mela due giovani prospetti da integrare nell’attacco triangolo. Anthony, sposando la causa dei Bulls, si ritroverebbe sicuramente meno soldi nel conto in banca ma una probabilità più alta di vincere finalmente un titolo NBA. Il sistema di Tom Thibodeau è infatti una garanzia di difesa, carattere e risultati. Inoltre andrebbe a formare un trio da titolo assieme al rientrante Derrick Rose e al difensore dell’anno Joakim Noah, giunto ormai al suo prime cestistico. Il talento di Anthony sarebbe finalmente immesso in un sistema di gioco vincente e non più abbandonato a se stesso, con la sua capacità di segnatore che andrebbe a colmare la lacuna più vistosa del sistema Bulls: la carenza di giocatori con punti nelle mani, vero tallone d’Achille della squadra di Thibodeau che nella stagione appena passata si è conquistato lo sgradito titolo di peggior attacco dell’intera NBA con 93.7 segnati a partita. Fonti interne alla NBA danno Chicago favorita nella corsa a Carmelo Anthony. L’ultimo a confermare questa informazione è stato Zach Lowe, giornalista di Grantland, nel suo podcast online. Queste indiscrezioni troverebbero conferma anche nel fatto che a più riprese la dirigenza di Chicago ha affermato di voler rafforzare il quintetto titolare con un innesto di qualità. I nomi circolanti, oltre a Anthony, sono i soliti: Kevin Love e LeBron James. Nonostante questi rumors su possibili altri giocatori coinvolti nell’opera di rinforzamento dei Bulls, la pista di Melo sembra la più accreditata, anche grazie al lavoro che stanno svolgendo gli uomini franchigia di Chicago: pare infatti che Derrick Rose e Joakim Noah siano in continuo contatto (così come Tom Thibodeau) con il talento ex Syracuse, tentando in tutti i modi di conviverlo ad accasarsi nella fredda Chicago. Saranno riusciti a convicerlo?

HOUSTON ROCKETS – Se così non fosse, l’ultima destinazione plausibile per Melo è il Texas, la terra dei missili. Houston chiama, ma la situazione salariale anche qui non è delle migliori. La dirigenza per liberare spazio ha deciso di non sfruttare la team option nel contratto di Chandler Parsons, facendo provare all’ala piccola la free agency. Il front office si è poi dichiarato pronto a tutto pur di arrivare ad un giocatore di prima classe da aggiungere al già ricchissimo roster. Omer Asik e Jeremy Lin sono da mesi con le valigie pronte, perché se il GM Morey fiutasse un’occasione, non si farebbe scrupoli a far partire uno dei due. O entrambi. Dalla sua la dirigenza ha il fatto di non aver sbagliato praticamente mai una mossa negli ultimi tempi: azzeccate le firme di Harden e Howard (anche quella di Lin ai tempi sembrava ottima, con Morey che aveva battuto sul tempo la concorrenza per quella che sembrava a tutti gli effetti una nuova superstar in ascesa), ottime scelte al draft e una filosofia di gioco chiara che ha dettato le linee seguite fino ad oggi. I Rockets stanno attraversando il guado: ad ora sono una squadra ricchissima di talento ma non ancora definibile come un top-team. E’ sì vero che la squadra ha raggiunto le 54 vittorie in stagione, ma è subito uscita per mano dei Portland Trail Blazers. I problemi hanno una duplice origine: difensiva e mentale. E’ difficile poter pensare di replicare i titoli di Olajuwon se non si riesce a portare per 48 minuti un alto tasso di concentrazione in campo. La squadra in parecchie azioni sembra girare a vuoto, nonostante i diktat sono chiari: o rapidi tiri da 3, oppure penetrazioni con conclusioni al ferro. O, ancora, pick&roll fra Harden e Howard. Ma spesso l’ago della bilancia, il Barba Harden, ha scombinato i piani cercando tiri a bassa percentuale e intestardendosi nel trattenere troppo il pallone, facendo sfumare i piani della squadra. L’attacco dovrebbe essere il punto forte della squadra di McHale, ma a volte gira a vuoto: 16 azioni su 100 si concludono con un turnover. Per quanto riguarda la difesa, basta vedere la difesa sul possesso decisivo di gara6 contro i Blazers, con Lillard che piazza la tripla decisiva praticamente indisturbato. Inoltre qui Melo avrebbe l’occasione di poter giocare da 4, spot occupato già due stagioni fa, quando arrivò ad un passo dal titolo di MVP. Potrebbe essere un’opzione plausibile e praticabile, ma c’è poi da considerare il fattore difensivo: il povero Howard già è costretto a vedere i suoi esterni passati a piacimento dagli avversari, con anche Anthony in quintetto come si trasformerebbe la squadra di McHale? Presumibilmente una sorta di scolapasta. Almeno fino a che il Barba e tutta la batteria di guardie o playmaker non si decideranno a girare qualche vite nella propria metà campo e iniziare a mettersi sulle gambe, pronti a difendere.

Durante il periodo delle Finals si era poi vociferato di un possibile interesse dei Miami Heat nel firmare Anthony andando così a formare un abbacinante quartetto con gli attuali Big Three. Ma troppe circostanze dovrebbero collimare affinché quest’occasione possa diventare realtà: Wade, Bosh e James dovrebbero uscire dal loro contratto e rifirmare a cifre più basse, così come l’ala di New York. Ma dopo la disfatta delle Finals – e nonostante la provocazione di Pat Riley che ha dichiarato sprezzante che “se i Big Three hanno le palle dovrebbero rimanere qui e rivincere”- non si ha nemmeno più la certezza che la squadra rimanga la stessa l’anno prossimo, bisognosa com’è di una ristrutturazione completa, con molti giocatori che sono giunti alla fine della corsa -Ray Allen?- altri che se ne sono andati -Chris Andersen che ha rinunciato alla player option per la prossima stagione- e altri che sono sulla casella dell’arrivederci -Chalmers? Si vocifera di un interessamento per Kyle Lowry-. Insomma, sembra davvero un’ipotesi remota, anche perché oltre a questi quattro giocatori ce ne sono almeno altri 8 da firmare, e la situazione pare essere assolutamente roba da fantaNBA. Ci sarebbe poi un ultimo spiraglio che vede coinvolti i Dallas Mavericks di Dirk Nowitzki (che sarà free agent ma il 1° luglio ufficializzerà il suo ritorno in Texas) che però non hanno mai avuto grandi feeling con la caccia ai big free agent. La base di partenza dei Mavs per Melo è un quadriennale a 96 milioni e nonostante le parole del Campione NBA 2011: “Farei qualsiasi cosa per riportare il titolo in questa città, mi adatterei a giocare con chiunque”, l’ipotesi Melo a Dallas è veramente utopistica anche perché il giocatore non ha mostrato segnali d’apprezzamento per la franchigia in questi giorni. Che ne sarà di Melo? Ancora qualche giorno, e scopriremo la prima parte del futuro NBA.

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