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NCAA Conference Watch: Big East

Proseguendo nel nostro recap o, per parlare come mangiamo, nel nostro riassunto della situazione, troviamo la Big East. Conference menomata dai cambiamenti prestagionali che l’hanno vista costretta a dare l’addio tra le altre a: Cincinnati, Syracuse, Louisville, Notre Dame, Pittsburgh e probabilmente anche ad una figurina di Poggi. Il torneo della BE era uno dei momenti più attesi dell’anno dagli onanisti del college basket, ma adesso pare più vicino ad una preview del prossimo NIT (la versione povera del torneo NCAA). Non vorrei mai dire che l’attuale Big East faccia schifo, e come vedremo ci sono anche un paio di ottime squadre, però diciamo che non mi fermo a guardare tutte le partite propinate da Fox Sports 2, ecco.

 

  • #9 Villanova (18-2, 7-1) è attualmente la squadra col ranking più alto, ma è portatrice dei classici difetti di questo ateneo: squadra piccola, orientata sul gioco delle guardie e sul tiro da tre che però tende a non entrare con costanza. L’eccellente difesa della squadra ha tenuto botta e dato ai Wildcats alcune ottime vittorie come quelle rimediate contro Kansas e Iowa, ma il potenziale della squadra così come tutti i suoi limiti sono stati messi in mostra nella partita contro Syracuse dove, dopo un’eccellente partenza in cui tutti i tiri parevano trovare la via del canestro, i ragazzi di Jay Wright hanno toccato il 25 a 7, prima di subire però un vero e proprio massacro, venendo totalmente fermati in attacco e continuamente colpiti dai punti in pitturato degli Orange. Nella partita contro Creighton è arrivata una vera è propria lezione coi Wildcats sotterrati da 21 triple dei Bluejays, che con la continua rotazione di palla, i penetra e scarica e i pick’n’roll hanno messo a dir poco in difficoltà la classica difesa a uomo e in aiuto dei Wildcats, parziale dimostrazione del fatto che non sia ancora il momento per puntare su ‘Nova, a meno che questo non sia il 1985 e in panchina sieda Rollie Massimino.
  • Un tiro ad alta percentuale per Doug McDermott (basket-infos.com)

    #20 Creighton (18-3, 8-1), dopo il titolo conquistato lo scorso anno nella Missouri Valley Conference in barba alla poi semifinalista nazionale Wichita State, sembra essersi trovata subito a suo agio anche nella nuova conference: d’altronde se la linea del tiro da tre è sempre alla medesima distanza poco cambia per i Bluejays che hanno letteralmente fatto un’arte di questo aspetto del gioco, con rotazioni perfette e una precisione spesso insostenibile per gli avversari. Come abbiamo visto lo ha scoperto a sue spese Villanova, partita nella quale Creighton ha battuto il proprio record per triple segnata su singola partita e Ethan Wragge, uno che in stagione su 154 tiri ne ha presi 6 all’interno dell’arco dei 3 punti, ha pareggiato il record di triple segnate in una singola partita nella storia dell’ateneo con 9, raggiungendo tale Kyle Korver. Ovviamente non si può menzionare Creighton senza parlare dei McDermott: Greg, il papà, è l’allenatore, Doug, il più celebre dei due, è il figlio, nonché giocatore per il quale non si è ancora trovata, dopo 4 anni, una soluzione difensiva valida per limitarne la produzione, che al momento è di circa 25 punti col 50% dal campo, il 90% ai liberi e il 44% da tre. La sua proiezione nel gioco NBA sarà un altro discorso, ma al momento risulta un’arma quasi illegale, ma tanto siamo negli Stati Uniti, con la sua presenza fisica (parliamo di un 6’8”) e la meccanica di tiro perfetta. La squadra non più tardi di due settimane fa è finita ingiustamente fuori dal ranking a causa di una sconfitta contro la Providence di Bryce Cotton dove Creighton ha tirato col 20% da tre e ha concesso il massimo stagionale per percentuale dal campo agli avversari, ma il ritorno nella top 25 non è tardato a tornare dopo la vittoria contro ‘Nova. Nell’ultima uscita contro St. John’s, prima di una pausa che non li vedrà impegnati fino al 7 febbraio, i Bluejays hanno necessitato di 39 punti firmati McDermott (su 63 totali), con la difesa dei Johnnies che ha deciso che qualora avesse perso lo avrebbe fatto per mano della stella avversaria, peccato per loro che Doug risponda sempre presente in questi casi, con la tripla decisiva messa a segno a 2” dal termine. I limiti sono in questa grande dipendenza dal tiro da tre e in una difesa buona ma che manca di giocatori verosimilmente capaci di tenere le squadre più fisiche e atletiche della Division I. Squadra comunque pericolosa e che lo sarà ancor di più con il ritorno dell’ora infortunato Gibbs.

  • Xavier (15-5, 5-2) è al momento con Providence la terza potenza della conference anche grazie al ritorno dell’ottimo sophomore Semaj Christon, giocatore dinamico che è nel momento migliore della sua carriera collegiale dove ha segnato il suo career high per punti contro Marquette a quota 28, altri 27 nella penultima uscita contro DePaul, salvo poi subire un parziale stop nell’ultima partita, persa proprio contro Providence. Quello che colpisce maggiormente dei Musketeers è l’equilibro della squadra e l’apporto da parte di tutti i membri del team i cui moschettieri sono decisamente più dei tre raccontati da Dumas. I Musketeers mostrano anche del caro vecchio gioco in post-basso con il centro Matt Stainbrook quale giocatore cardine per l’attacco. La squadra non manca nemmeno di carattere come dimostrato dalla rimonta contro G’town e dalla durezza mentale con cui sono riusciti a rimanere in partita contro Creighton, in una di quelle partite in cui i Bluejays erano in versione unstoppable. Tuttavia la sconfitta nell’ultima uscita contro Providence ha mostrato quelli che sono i limiti difensivi dei ragazzi di coach Mack che concedono troppo agli avversari, specialmente a livello perimetrale. Difficilmente per loro più di due partite a marzo.
  • Providence (15-6, 5-3) è fino ad ora una delle sorprese positive della Big East e, dopo una partenza con due sconfitte, ha inanellato 5 vittorie consecutive tra cui ricordiamo quella con Creighton e l’ultima ai danni di Xavier. I ragazzi allenati da un Ed Cooley in ritrovata forma, stanno facendo bene soprattutto a livello di rimbalzo offensivo e nella ricerca dei liberi, dove hanno la miglior percentuale della nazione (quasi l’80%), coprendo così le lacunose percentuali al tiro dal campo. Con l’infortunio del talentuoso Kris Dunn che ha posto fine alla sua stagione e le sospensioni dei freshmen Austin e Bullock, i Friars si ritrovano con rotazioni pressochè inesistenti, con in particolare Bryce Cotton e LaDontae Henton costantemente in campo: nell’ ultima partita, disputata contro Marquette, si sono rivisti questi problemi e, in una partita in cui i liberi realizzati sono stati solo 10 su 17 non è a caso arrivata una sconfitta, nonostante le non certo esaltanti percentuali al tiro di Marquette. Questi aspetti e un calendario che li vedrà in trasferta 6 volte nelle ultime 10 partite potrebbero dare problemi alle loro speranze di torneo.
  • Marquette (12-9, 4-4) era pronosticata come numero 1 all’interno della Big East, ma finora la stagione è stata a dir poco deludente per gli uomini di Buzz Williams, il cui problema principale per gran parte della stagione è sostanzialmente stato la vera e propria difficoltà nel mettere punti a referto. Buzz Williams è un allenatore dal valore comprovato e la squadra ha esperienza di squadra vincente, specialmente nel frontcourt con Otule, Gardner e Wilson, ma è probabilmente troppo tardi per cercare di risollevare la situazione, nonostante qualcosa di buono si sia visto nelle ultime uscite, con la squadra che ha incominciato a trovare con più costanza Davante Gardner in post, rendendo l’attacco più mobile e (leggermente) più efficace.
  • Che Butler (12-9, 2-7) non fosse più la squadra delle due Final Four consecutive nel 2010 e 2011 ormai lo si sapeva e non solo per la partenza di Brad Stevens per i lidi NBA quest’estate, ma dopo una buona partenza di stagione era difficile pronosticare una così brutta partenza all’interno della conference per i ragazzi di Brandon Miller: 7 sconfitte in 9 partite, di cui 4 arrivate all’Hinkle Fieldhouse, e tre in overtime addirittura doppio nella debacle contro DePaul (le cui già due vittorie parlano del valore della conference). Tra i molti aspetti negativi della squadra risalta in particolare la pochezza della difesa, soprattutto all’interno dell’area: in questo senso si sono visti passi in avanti contro Marquette, ma il 35 a 21 a rimbalzo nell’ultima sconfitta contro St. John’s parlano chiaro dei problemi interni dei Bulldogs.
  • Tra le altre squadre in difficolta ricordiamo proprio St. John’s (12-9, 2-6), squadra ricca di talento, ma povera di gioco, specialmente difensivo.Tra le maglie spicca quella del freshman Rysheed Jordan che in nome della sobrietà, visti anche i colori rosso e bianco delle maglie dei Johnnies, ha deciso di prendersi il numero 23: il ragazzo è ottimo, verosimilmente verrà premiato come miglior freshman della Big East, ma difficilmente lo si può confondere con una reincarnazione dell’ “altro” 23. Georgetown (11-9, 3-6) è un altro team che sta facendo la gioia di chi vuole loro male: dopo le due non impossibili vittorie casalinghe contro DePaul e St. John’s sono infatti arrivate 4 sconfitte nelle successive 5 allacciate di scarpe, squadra che ha fatto diversi passi indietro a livello difensivo e con un attacco che non sembra essere quello degli anni scorsi e segue con meno continuità e qualità i principi della Princeton offense. Da segnalare per gli Hoyas però anche la perdita per tutta la stagione di Joshua Smith per problemi accademici e la momentanea assenza di Trawick per infortunio. Assenze pesanti e che stanno dando i loro problemi a livello di rotazioni, se è vero, come è vero, che John Thompson III si è dovuto affidare sempre di più all’aiuto dalla panchina di John Caprio, da non confondersi con l’attore vincitore del Golden Globe, ma non per forza il migliore giocatore dei due.

Prossima fermata del pullman nella più tosta delle conference: la Big Ten

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