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Hall of Famer

Le maglie ritirate della Lega-Prima Parte

Uno dei momenti più toccanti, commoventi ed importanti nell’NBA è il ritiro della maglia, con relativo numero, di un determinato giocatore di una squadra. La cerimonia d’ordinanza, il pubblico commosso in piedi, il beniamino dei tifosi in mezzo al campo a ringraziare della dimostrazione d’affetto, con lo sguardo rivolto verso l’alto. Lassù, sul soffitto del palazzetto, la canotta con la quale ha provato gioie e dolori, trionfi e sconfitte, rimarrà appesa ad imperitura memoria delle sue gesta.

Una scena vista e rivista in tante occasioni, con i grandi protagonisti di oltre mezzo secolo di NBA spesso e volentieri in prima linea. Ma quante sono state le maglie ritirate nella Lega? Allo stato attuale, solo 4 squadre non hanno mai avuto cerimonie di tale spessore: Los Angeles Clippers, Toronto Raptors, Memphis Grizzlies e Charlotte Bobcats. Le altre, chi più chi meno, hanno una discreta lista di numeri che non verranno mai più indossati nella storia della franchigia.

Atlanta Hawks: 9, 17, 21, 23, 40. Mentre il secondo numero è riferito a Ted Turner, storico proprietario della squadra, gli altri riguardano nomi abbastanza noti. In primo luogo Bob Pettit, miglior rimbalzista della storia degli Hawks e condottiero dell’unico titolo vinto dalla franchigia, nel 1958. Al numero 21 The Human Highlight Film, Dominique Wilkins, il volto più popolare di Atlanta, leader all-time per punti segnati e protagonista di una valanga di azioni spettacolari, rimaste indelebili nella mente degli appassionati. Nella lista troviamo anche Lou Hudson, che a cavallo tra gli anni’60 e ’70 fu presenza fissa all’All Star Game. Infine è stata ritirata la numero 40 del povero Jason Collier, deceduto qualche anno or sono per un improvviso attacco di cuore mentre era in attività.

Boston Celtics: 00, 1, 2, 3, 6, 10, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 21, 22, 23, 24, 25, 31, 32, 33, 35. La lista infinita nella squadra più vincente nella storia della Lega. In ordine crescente iniziamo con The Chief, Robert Parish, il centrone delle grandi battaglie degli anni’80. A seguire troviamo Walter Brown, il primo owner dei bianco-verdi, Red Auerbach, il mitico coach, e Dennis Johnson, altro grande protagonista delle sfide contro i Lakers. Al numero 6 il vincente per antonomasia, tal Bill Russell, il simbolo di una dinastia probabilmente irripetibile. Vicino a lui altri compagni di quella squadra magica: Jo Jo White (poi stella negli anni’70), Bob Cousy, lo Houdini di Hardwood, Tom Heinsohn, protagonista sul campo e dietro ad un microfono, e Satch Sanders, 8 volte campione NBA. Col numero 17 John Hondo Havlicek, ancora oggi recordman per quanto riguarda gare giocate e punti segnati. Dopo di lui il re guerriero Dave Cowens, autentico mattatore dei due titoli degli anni ’70, e Don Nelson, autore del famosissimo tiro che decise gara-7 nel 1969. Altri protagonisti ancora: Bill Sharman, poi allenatore anche di LA, Ed Macauley, colui che venne scambiato per Russell, Frank Ramsey, il primo sesto uomo nella storia della Lega, Sam Jones, grande realizzatore, e l’altro Jones, K.C., protagonista anche dalla panchina. Chiudiamo con gli anni’80 ed un’altra dinastia targata Celtics. In primis Cedric Maxwell, MVP delle Finali dell’81, poi Kevin McHale, maestro del post basso, ed il baffetto forse più famoso, quello biondo di Mr. Larry Bird. Col 35 viene celebrato lo sfortunato Reggie Lewis, della cui tragica scomparsa abbiamo parlato qualche settimana fa. Infine, trovano spazio altri due stendardi. Il primo ha la scritta Loscy, a commemorare Jim Loscutoff, altro protagonista dell’era Russell che chiese di non avere il proprio numero, il 18, ritirato. Infine un microfono ricorda il leggendario Johnny Most, proprio quello dell’ “Havlicek stole the ball!”

Brooklyn/New Jersey Nets: 3, 4, 23, 25, 32, 52. Il Mozart dei Canestri, Drazen Petrovic, apre la lista delle maglie ritirate dei Nets. La sua carriera, avviata ad un grande successo in NBA dopo i fasti europei, fu interrotta da un tragico schianto che gli costò la vita. Altro giocatore scomparso prematuramente fu Wendell Ladner, vittima di un incidente aereo. Il suo numero 4 è stato comunque assegnato successivamente. La squadra pluri-campione ABA è ben rappresentata in questo elenco. Troviamo infatti in successione John Williamson, Bill Melchionni e l’unico, inimitabile, Dr. J, Julius Erving. A chiudere è Buck Williams, ancora oggi top scorer e rebounder di franchigia.

Chicago Bulls: 4, 10, 23, 33. Due coppie di compagni di squadra per i Bulls. La prima è formata da Jerry Sloan e Bob Love, attivi a cavallo tra gli anni ’60 e ’70. La seconda vinse un filino di più…con il 23 che è diventato un’icona, il simbolo di uno strapotere senza pari, il numero che quasi tutti i grandi appassionati vorrebbero indossare almeno una volta. Michael e Scottie, Jordan e Pippen, i volti di una delle squadre più imbattibili di ogni epoca. Troviamo anche due banner con le sigle JK e PJ, a ricordare altri due artefici di quella formazione: Jerry Krause e Phil Jackson.

Cleveland Cavaliers: 7, 22, 25, 34, 42, 43. Apri-fila Bingo Smith, attivo negli anni’70. Segue Larry Nance, uno dei più grandi schiacciatori di sempre e compagno di squadra di Mark Price nei Cavs regolarmente battuti dall’Alieno col numero 23 di Chicago. Due altri protagonisti dei Seventies: Austin Carr e Nate Thurmond, componenti di una delle poche versioni vincenti, o sedicenti tali, di Cleveland. Chiudono il 43 di Brad Daugherty, prima scelta assoluta nel 1986, ed il microfono di Joe Tait.

Dallas Mavericks: 15, 22. In attesa di Nowitzki, due soli numeri ritirati dai Texani. Il primo appartiene a Brad Davis, grande condottiero degli anni’80. L’altra fu di un altro componente di quell’epoca, Rolando Blackman, visto anche in Italia, grande realizzatore di una squadra che sfiorò il colpaccio ad Ovest nel 1988.

Denver Nuggets: 2, 33, 40, 44, 432. Da leader all-time per punti segnati, Alex English capeggia, e non potrebbe essere altrimenti, anche questa speciale graduatoria. Lo segue David Thompson, lo Skywalker che ispirò Jordan. Col numero 40 Byron Beck, protagonista degli anni della ABA, seguito da Dan Issel, il centro tiratore nonché sdentato. L’ultima cifra si riferisce alle vittorie di Doug Moe, al timone della squadra dal 1981 al 1990.

Detroit Pistons: 2, 4, 10, 11, 15, 16, 21, 40. Tanti i protagonisti degli anni’80. Il primo numero si riferisce ai titoli vinti da Chuck Daly, poi alla guida del Dream Team di Barcellona nel 1992. In rapida successione, ecco i Bad Boys che misero a ferro e fuoco la Lega alla fine degli anni’80: Joe Dumars, Dennis Rodman, Isiah Thomas e Vinnie Johnson. Due vecchie glorie di epoche precedenti, Bob Lanier e Dave Bing, prima di un altro componente della squadra vittoriosa, Bill Laimbeer. Due sigle ricordano, rispettivamente, gli storici Presidente e GM della franchigia: William Davidson e Jack McCloskey.

Golden State Warriors: 13, 14, 16, 17, 24, 42. Wilt Chamberlain capeggia la lista delle maglie ritirate dai Warriors, passati nel frattempo da Philadelphia a San Francisco; fu proprio con la canotta numero 13 che il mitico Wilt passò alla leggenda con la notte dei 100 punti il 2 Marzo 1962. Dopo di lui il compagno di squadra Tom Meschery, nato in Cina da genitori sovietici. Col 16 Al Attles, “The Destroyer”, un altro dei pionieri dei Warriors. Il numero successivo è esclusiva proprietà di Chris Mullin, componente del Dream team del ’92 nonché di alcune belle edizioni di Golden State. Tiri liberi dal basso, macchina da punti, temperamento focoso con arbitri, avversari e compagni: è l’identikit di Rick Barry, il trascinatore dei Warriors nelle Finali vinte nel 1975. A chiudere, Nate Thurmond, la cui maglia abbiamo già visto essere stata ritirata a Cleveland. Nate tuttora è il leader ogni epoca nei rimbalzi per la franchigia.

Houston Rockets: 22, 23, 24, 34, 45. Protagonista prima al college e poi nel secondo titolo vinto, Clyde Drexler è uno dei simboli più conosciuti dell’intera città. Così come Calvin Murphy, il piccolo folletto che non sbagliava mai un libero ed è ancora oggi recordman per quanto riguarda i passaggi. Ritirato il 24 di Moses Malone, che trascinò di peso i Rockets alle Finali del 1981 pur partendo da un record negativo in regular season. Il numero successivo non ha bisogno di particolari presentazioni: The Dream, Hakeem Olajuwon, l’uomo dei due titoli e delle tante battaglie nella Western Conference. A fargli compagnia come volto della franchigia Rudy Tomjanovich, l’allenatore della Houston bicampione nonché protagonista anche sul parquet. Infine la sigla CD ricorda Carroll Dawson, prima assistant coach e poi GM della squadra.

Indiana Pacers: 30, 31, 34, 35, 529. Tanti alfieri della ABA in questa lista. Il primo è George McGinnis, idolo locale in quanto nato ad Indianapolis e giocatore di High School e Università dello stato. Non sarà più indossato il 31 di Reggie Miller, il volto assoluto dei Pacers e in campo in tante battaglie negli anni’90 e 2000. Ritirato il numero di Mel Daniels, recordman per i rimbalzi, e Roger Brown, che sarà introdotto nella Hall of Fame il prossimo autunno nonostante sia scomparso da diverso tempo a causa di un male incurabile. 529 sono invece le vittorie di Coach Bobby Slick Leonard.

Los Angeles Lakers: 13, 22, 25, 32, 33, 34, 42, 44, 52. Chiudiamo questa prima parte con la parata di stelle in quel di LA. Ancora una volta troviamo l’onnipresente Chamberlain, protagonista del titolo nel 1972. Uno dei primi uomini volanti della Lega, Elgin Baylor si è ritirato senza aver mai avuto l’onore di vincere il titolo NBA, ma rimanendo tutt’oggi il primatista alla voce rimbalzi. Il 25 era invece di Gail Goodrich, californiano DOC, che fu uno dei migliori realizzatori della squadra negli anni’70. Terzetto d’autore in rapida successione che non ha bisogno di ulteriori presentazioni: Magic Johnson, Kareem Abdul-Jabbar e Shaquille O’Neal, protagonisti di due dinastie giallo-viola che raccolsero tanti trionfi. Nessuno vestirà più il 42 di James Worthy, uno dei destinatari favoriti dei no-look pass di Magic. Volto storico della franchigia, Mr. Logo Jerry West vide troppe volte i Celtics spezzargli il cuore alle Finals; da costruttore della squadra di Shaq&Kobe si è rifatto con gli interessi in merito a successi. Chiudono la lista il numero di Jamaal Wilkes, altro componente dello Showtime, ed il microfono che ricorda il mitico Chick Hearn, la voce che per oltre 40 anni ha raccontato le gesta dei Lakers. Da segnalare che sono stati appesi i banner, ma non ritirati i relativi numeri, dei componenti dello squadrone degli anni’50 capitanato da George Mikan.

Alessandro Scuto

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