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Daniel “Danny” Biasone, l’italiano che cambiò l’NBA

A Miglianico, piccolo comune abruzzese da poco meno di 5.000 anime, si può bere dell’ottimo vino (Cerro, Montepulciano, Chardonnay) frutto di un territorio contaminato da ottimi vigneti che danno vita ad un tripudio di sapori nel palato del fortunato degustatore. Questo paese inoltre è stato onorato della Medaglia di bronzo al merito civile conseguentemente alle vicende patite durante la seconda guerra mondiale:

«Piccolo centro, nel corso dell’ultimo conflitto mondiale, fu oggetto di una feroce rappresaglia delle truppe tedesche che trucidarono alcuni suoi cittadini inermi e di ripetuti bombardamenti con la distruzione di numerose abitazioni. La popolazione, costretta allo sfollamento, dovette trovare rifugio nelle località vicine, tra stenti e dure sofferenze. Nobile esempio di spirito di sacrificio ed amor patrio.»

Ma a Miglianico non tutti sanno che, nel lontanissimo 22 febbraio 1909, è nata una parte importantissima della pallacanestro giocata come la vediamo e la intendiamo oggi: Daniel “Danny” Biasone. Nel 1920 gli italiani erano storicamente conosciuti come un popolo di “migratori”, stessa sorte toccò alla famiglia Biasone (composta da padre Leo e mamma Bambina), approdata sulla sponda Est degli USA in cerca di maggiore fortuna rispetto a quella che potevano scovare nel “belpaese”. La città dove risiedette fu Syracuse (fondata nel 1805) che in quel periodo stava godendo di una crescita demografica imponente anche grazie alla grande disponibilità di lavoro che favorì, appunto, lo sbarco di nuovi futuri cittadini americani; in quel periodo infatti la popolazione era costituita per il 16,7% da Bianchi nati all’estero (35.010 individui, di cui 8617 Italiani, 5037 Polacchi, 4560 Tedeschi, 4693 Canadesi, 2869 Irlandesi dello Stato Libero, ecc.).

Danny frequentò le scuole del posto fino a diplomarsi, nel 1928, alla Blodgett Vocational High School. Nel 1941 dopo aver effettuato qualsiasi tipo di lavoro ed essere stato proprietario di un ristorante, decise di gestire una sala da bowling: l’Eastwood Recreation Center di Syracuse. Dopo la seconda guerra mondiale Daniel ebbe la brillante idea di costituire (insieme all’imprenditore George Mangin) una squadra di basket, ovvero i Syracuse National, che vennero iscritti alla NBL (divenuta poi BAA ed infine NBA) a fronte di un costo di iscrizione pari a 1.000 dollari. La pallacanestro non era lo sport più seguito ai tempi, anzi, faceva tremendamente fatica a svilupparsi e ad attrarre nuovi “adepti” disposti ad osservare un gioco noioso, limitato da un regolamento obsoleto che condannava le partite a risultati inguardabili (il famoso 19-18 Pistons e Lakers ne fu la prova più accecante). I Syracuse National, in controtendenza, erano comunque una delle squadre più seguite dell’epoca, con una media di 5,000 spettatori a partita, anche grazie al grande roster che avevano saputo costruire: guidati da Dolph Schayes, Paul Seymour e Johnny Kerr la squadra NewYorkese riuscì a raggiungere le finali NBA nel 1950 e nel 1954, che persero contro i temibilissimi Minneapolis Lakers.

Per risolvere il problema della “noia” e della standardizzazione di quasi tutte le partite NBA ( protagoniste della stessa identica trama costituita da possesso palla da parte del team in vantaggio e falli continui ricevuti dalla controparte), Daniel (su consigli del GM Leo Ferris) ebbe una idea che rivoluzionò il gioco: la regola dei 24 secondi. Ma perchè proprio 24? Essi sono il frutto di una formula matematica che include diversi parametri: il risultato deriva dalla trasformazione dei 48 minuti di gioco in 2.880 secondi; il numero dei secondi fu poi diviso per il numero medio dei tiri totali effettuati da entrambe le squadre nel corso di una partita (120) fino ad arrivare al risultato finale di 24. A detta di molti esso fu IL cambiamento radicale per la pallacanestro, la regola che salvò la NBA dal fallimento totale, dopo che 9 squadre (su 17) negli ultimi 4 anni, dovettero arrendersi ai costi divenuti insostenibili. Nel 1954, per convincere i più dubbiosi decise di organizzare una amichevole alla quale parteciparono tutti i proprietari delle franchigie che, successivamente, rimasero molto soddisfatti e si accordarono per il successivo utilizzo.

“Il basket aveva bisogno di un limite temporale” disse lo stesso Biasone. “Nel baseball hai tre tentativi, nel football devi guadagnare 10 yard in quattro azioni o perdi palla. Ma nel basket, se sei in vantaggio e hai un buon palleggiatore, puoi tirarla alla lunga per tutta la sera”

L’anno successivo, l’introduzione dei 24 secondi si notò fin da subito grazie ai 14 punti di media in più fatti registrare dalle squadre stesse; gli spettatori aumentarono del 40 e gli introiti dei team videro raddoppiarsi grazie all’interesse delle televisioni locali che stipulavano i contratti per i diritti delle partite. A beneficiarne di più furono gli stessi Syracuse che vinsero il campionato NBA del 1955 sbarazzandosi, in sette partite, dei Fort Wayne Pistons. Nel 1963 Biasone decise di vendere la franchigia ad un gruppo di imprenditori i quali decisero di ricollocarla a Philadelphia (i 76ers). Tale decisione fu presa per godersi  ‘a tempo pieno’ la moglie Rachel: il loro matrimonio che durò quasi 50 anni prima che una infezione virale decise di portarsi via Danny il 25 maggio 1992.

“L’adozione del cronometro dei 24 secondi fu l’invenzione più importante della NBA” commentò l’allora commissioner Maurice Podoloff. “E Danny Biasone è l’uomo più importante della storia della lega! Ciò che la NBA è oggi lo deve a quel piccoletto di 1.67. Non fosse stato per lui, la Lega non sarebbe durata. Biasone è il santo patrono della NBA”

La National Basketball League decise di inserirlo nella HALL OF FAME solamente nel 2000, come ringraziamento per il prezioso contributo al miglioramento del gioco, mentre il “nostro” Danny da lassù sorride sorseggiando il suo calice di vino rosso abruzzese. Thank U Daniel!

 

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