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Hall of Famer

Earvin Magic Johnson. La magia di un sorriso.

Ci sono date che non si possono scordare. Rimangono indelebili nella testa di ognuno di noi. Era il 7 Novembre 1991. Provate a immaginare un ragazzino di tredici anni che vive da poco tempo a Basilea, che si alza la mattina per andare a scuola vestito di gialloviola dopo aver dormito tutta notte sotto il poster del suo eroe. Immaginatelo salire in macchina di suo padre, Joe, chiudere la portiera con la spensieratezza che solo un bambino può avere. Si diverte a guardare fuori dal finestrino, a distrarsi tra i grattacieli francesi. Guardatelo un attimo in volto. Sorridente. Come il suo idolo gli aveva insegnato ad essere. Sempre. Ma ci sono momenti che sconvolgono la vita di ognuno di noi. Sono quei giorni che non possiamo dimenticare. Il 7 Novembre 1991, fu uno di quei giorni nella vita di Kobe Bryant. E nella vita di altri miliardi di persone. Ma Kobe, come il resto del mondo, inspiegabilmente ad ogni razionalità logica,  non smise mai di vedere il sorriso di Earvin Magic Johnson.

Magic Johnson è legato indissolubilmente all magia gialloviola losangelina, come lo è stato Jerry West e come lo sarà Kobe tra qualche anno. Anzi, di più. Magic non ha giocato solo per i Lakers. Non ha portato lo ShowTime solamente al The Foum (casa della ranchigia prima dello Staples) ma l’ha portato nella vita. Nella Storia. Partiamo dal principio di questa storia lunga un sorriso dei suoi.

Il piccolo Earvin nasce a Lansing (capitale dello stato del Michigan) il 14 Agosto 1959. Figlio di un operaio della General Motors, cresce con impiantata nel DNA una palla a spicchi arancione andando a fare la spesa palleggiando, spalando la neve la mattina presto nello spiazzo di fianco a casa per poter tirare prima e dopo la scuola, anche se la sua passione non è quella. Il suo vero talento è sempre stato portare la sua immaginazione al servizio della squadra: una definizione di ciò che in un futuro prossimo chiameranno ShowTime. Ma procediamo con calma, anche se lui di calma non ne ha mai avuta troppa. Già dagli esordi con la squadra liceale, la Everett High School di Lansing, risulta essere la stella assoluta della città. Già in età adolescenziale gli viene affibbiato il soprannome Magic per la sua capacità di cui sopra, ovvero di immaginarsi e realizzare in una velocità pari al nanosecondo modi di passare la palla che sono d’avanguardia anche al giorno d’oggi. Andrà alla Michigan State University dove il suo coach Jud Heathcote ha un’idea rivoluzionaria: far giocare Magic da playmaker con i suoi 2.06 di altezza. Condurrà la MSU al titolo nel 1979, giocando una finale da brivido contro un certo Larry, che di cognome faceva già Legend. Fu la finale più vista e sentita dello sport universitario americano.

 

Approdato nella Nba, Johnson viene subito introdotto come “L’uomo capace di accendere le televisioni con il suo sorriso”. Assieme aKareem condurrà i Lakers al titolo nel 1981, sebbene la gara decisiva nelle finali contro Philadelphia la giocò senza il centro inventore del gancio cielo. E la giocò proprio al suo posto, in tutti i sensi. A partire dal volo di andata per Phila, dove sull’aereo Magic si sedette nel posto riservato a Jabbar, e disse “Tranquilli ragazzi, ci sono qui io“. Quella sera Johnson divenne il primo giocatore della storia ad essere stato sul parquet di gioco sia come playmaker che come pivot, realizzando 42 punti, 13 rimbalzi e 7 assist. Nel 1982 la storia si ripeterà sempre contro Philadelphia. Sembra andare tutto a gonfie vele, finchè Magic, nelle finali del 1984, incontra il suo nemico di sempre nel più grande spot che l’Nba abbia mai avuto. Sempre Larry e sempre Legend. Earvin crolla: in gara 2 sbaglia un passaggio cruciale, in gara 4 i liberi del successo. Ma l’apoteosi avviene in gara 7, quando Dennis Johnson gli ruba l’ultima palla che può togliere il titolo ai Celtics. Viene risoprannominato Tragic Johnson. Ma la tanta agognata rivincita arriva l’anno successivo. “Stasera vi porterò alla Terra Promessa“. Gara 6 in casa biancoverde, i Lakers vincono il titolo per la prima volta dopo ben otto finali perse al Boston Garden. Nell’estate dello stesso anno, la Converse decide di girare uno spot con Magic e Larry assieme. Sul set tra i due nasce una grande amicizia, tant’è che durante le riprese dello spot, che prevedeva una sorta di duello stile “Far West”, i due non riescono a smettere di ridere. Ma in campo, siamo di nuovo alle solite: ancora Lakers-Celtics in finale del 1987. Altra super prestazione, altro titolo ai gialloviola. A Magic, però, viene chiesto di essere più egoista. E con ciò arriverà un’altro titolo l’anno successivo contro i Pistons di Isahia Thomas, riuscendo in un repeat che la Nba intera non vede dal 1969. Raggiungerà altre due finali prima di quel famoso 7 Novembre: una contro i Pistons e l’altra contro i Bulls di Jordan, entrambe perse.

Non serve un illuminato per capire quanto siano irrilevanti i 5 titoli Nba nella storia di questo giocatore. Il 7 Novembre 1991, infatti, arriva la tragica notizia, quella che Kobe non si aspettava. Quella che nessuno non si sarebbe mai aspettato. “A causa del virus dell’HIV che ho, devo ritirarmi dai Lakers oggi… devo chiarire: non ho l’AIDS, mia moglie è negativa“. A più di vent’anni da quel giorno d’autunno, Magic risulta essere la persona ad aver contribuito maggiormente alla conoscenza e al finanziamento della ricerca sull’AIDS, contratto da rapporti sessuali non protetti come lui stesso ammetterà. Giocherà per il Dream Team alle olimpiadi di Barcellona del 1992, e un All Star Game da favola tranciando di netto tutti i pregiudizi che fino ad ora gravavano sulle persone afflitte dalla sua stesa malattia. Sempre con quel fantastico sorriso che gli solca il volto. E poi non ditemi che questa non è vera magia.

Magic Johnson Annuncia il ritiro (Parte 1)

 

Magic Johnson Annuncia il ritiro (parte 2)

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