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I nuovi Lakers di D’Antoni, come cambierà l’assetto dei Gialloviola

La notizia del giorno è sicuramente l’ingaggio da parte dei Los Angeles Lakers di Mike D’Antoni. Le notizie, che nelle ultime 48 ore sono di fatto rimbalzate in tutto il mondo, lo davano in ballottaggio con l’eterno Phil Jackson, indimenticato e indimenticabile coach dei Lakers nell’ultimo decennio. Sono stati fatti sondaggi, analisi e speculazioni sui due (e non solo loro) contendenti alla panchina tra le più prestigiose (e per certi versi “scomode”) del mondo dello sport professionistico. I tifosi si erano apertamente schierati per “The Big Return”, il ritorno dell’artefice degli ultimi successi dei gialloviola, sognando già il ritorno al tanto amato attacco Triangolo, reinterpretato con Bryant, Gasol e Howard.

Stamattina però è arrivata l’ufficialità dell’ingaggio di coach D’Antoni che ha un po’ sconvolto piani (e soprattutto sogni) della maggior parte dei tifosi losangelini. Nelle ore che hanno preceduto l’annuncio si era raffreddata la pista legata all’allenatore ben conosciuto in Italia per i suoi lunghi trascorsi all’Olimpia Milano sia da giocatore che da allenatore, poichè erano state avanzate delle problematiche legate sia al suo stato di salute (si parlava di un’indisponibilità di 6 settimane, dovuta ai postumi di un’operazione alla gamba, che gli avrebbe reso difficile muoversi e coseguentemente allenare) sia rispetto al suo procuratore, essendo assistito dallo stesso manager che cura anche gli interessi di Mike Brown, appena esonerato dai Lakers.

Tutto risolto a quanto sembra, visto l’annuncio arrivato qualche ora fa. D’Antoni firma un quadriennale per una cifra che dovrebbe aggirarsi attorno ai 12 milioni di euro (inviatogli via fax, prassi quantomeno “particolare” vista l’entità e l’importanza del contratto), ricomponendo con Nash la coppia che a Phoenix ha portato spettacolo (tanto) e successi (pochi). Le prime dichiarazioni di Bryant (che in queste ore si era esposto valutando positivamente l’ingaggio di coach Zen) riguardo la firma del contratto di D’Antoni sono state:

“Io amo Phil Jackson, ma sono molto emozionato e carico per l’arrivo di Mike D’Antoni”

Analizziamo un po’ quelle che potrebbero essere le decisioni tecniche prese dal coach di Mullens per guidare la squadra gialloviola.

Prevedibilmente, come è sempre successo durante le sue gestioni, D’Antoni farà uso ripetuto del pick and roll, soprattutto nel momento in cui la squadra si ritrovi ad attaccare a difesa schierata (non la soluzione “preferita” da D’Antoni), sperando che le condizioni di Nash si mantengano accettabili nell’arco della stagione. Sotto questo aspetto, qualora funzionasse, si potrebbe scrivere un nuovo capitolo della storia del gioco, visti gli interpreti che i Lakers di questa stagione possono vantare. Si potrebbe pensare di usare come rollante (il giocatore che porta il blocco e poi sul cambio difensivo gira rapidamente su se stesso e corre verso canestro) sia Howard, che innescato in una situazione dinamica diventerebbe sostanzialmente immarcabile, sia Gasol, che all’attaccare il canestro potrebbe alternare situazioni in cui aprirsi per liberare spazio a quel tiro dalla media che, con le mani da clavicembalista che si ritrova, non avrebbe problemi a mandare a bersaglio con continuità. In tutto ciò, tenendo conto delle meravigliose doti di passatore di Nash, unito all’inevitabile raddoppio che la difesa sarebbe costretta ad effettuare sull’Howard o sul Gasol di turno, si libererebbe spazio sul perimetro per Metta World Peace (al secolo Ron Artest), che in questa stagione sta “ritrovando” la vena realizzativa totalmente persa la scorsa stagione, e soprattutto Bryant, sicuramente non abituato a giocare sugli scarichi, ma che in una situazione del genere gioverebbe di così tanto spazio da diventare letale. Di tutto ciò si fantasticava già in estate, quindi aspettiamo il lavoro di D’Antoni per giudicare la messa in atto di quello che potrebbe diventare il pick and roll “ideale”, magari da far vedere ai ragazzini che giocano a MiniBasket, così come lo stesso coach spiega in questo video di qualche tempo fa:

Mike D’Antoni spiega il pick and roll

I contro però, ci sono eccome. In attacco la capacità di correre tutto il campo, fondamentale nelle precedenti esperienze del nuovo allenatore gialloviola, nel quintetto titolare (e non solo) dimostra di averla solo Nash (con Gasol che, più degli altri, in un contesto del genere risulterebbe davvero un pesce fuor d’acqua). D’Antoni ha per anni predicato la rapidità della ricerca della soluzione offensiva, il tentativo quasi ossessivo di prendere la conclusione all’interno dei primi 7 secondi dell’azione, i famosi “Seven Second or Less” (titolo anche del libro sull’argomento scritto da Jack Mc Callum). Questo, almeno in una prima fase, sarà molto difficile da applicare. Come ha prontamente ricordato Flavio Tranquillo, il gioco di D’Antoni ricorda molto quello dello “showtime” dei Lakers di Magic e, nonostante Kobe e compagni non siano i più adatti a fare questo tipo di gioco, si potrebbe applicare una massima dell’allora allenatore losangelino Pat Riley, il quale, nonostante la squadra “andasse di corsa”, manteneva in quintetto Kareem Abdul Jabbar, dicendo:

“Quando andiamo di corsa siamo una democrazia, quando giochiamo a metà campo diventiamo una dittatura”

facendo chiaro riferimento al fatto che in contropiede, la sapiente gestione del pallone da parte di Magic portava ad una equa divisione di responsabilità ed opportunità, mentre nell’attacco a difesa schierata la palla doveva sempre andare a Kareem. Concetto magari riproponibile da D’Antoni, lasciando spazio alle scorribande di Nash e Bryant, e dando la palla dentro ad Howard e Gasol quando si tratta di attaccare a metà campo.

Inoltre ci sono le solite lacune difensive che le squadre di D’Antoni hanno sempre dimostrato, cercando di porvi rimedio alzando il numero di possessi, eseguendo rapidamente in attacco, cercando di alzare le percentuali realizzative e non concedendo contropiede. Viste le difficoltà difensive già mostrate in questa stagione dai Lakers, sarà impresa ardua per un allenatore così poco “difensivista” (anche il vice, Eddie Jordan, è un cultore del gioco offensivo, meno di quello nella propria metà campo) trovare la giusta chimica per evitare grosse imbarcate dietro, dove la sofferenza è evidente e dove le doti di marcatore di Metta World Peace non possono sopperire alle lacune di sistema.

Sulla porta dello spogliatoio losangelino campeggia in bella vista il cartello “Lavori in corso”, a noi non resta che aspettare e goderci il risultato.

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