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NBA, Chris Webber inserito nella classe Hall of Fame 2021

L’ala grande resterà per sempre nella storia dei Sacramento Kings

Chris Webber è probabilmente una delle ali grandi più sottovalutate della storia NBA. Nonostante alcuni infortuni di troppo, infatti, C-Webb fu un assoluto pioniere del basket positionless adottato oggi da tutti i team della lega; Webber fu infatti uno tra i primi (se non l’unico) power forward della propria era in grado di passare la palla, driblare e tirare dalla distanza (oltre ad avere un ottimo repertorio in post ed un superbo senso del posizionamento per i rimbalzi).

Con il senno di poi, un giocatore con uno stile così unico non poteva che esplodere in una squadra “unica” come i Sacramento Kings.

Dopo una stagione con gli Warriors e quattro con gli Wizards, Webber venne infatti spedito nella città californiana, allora come oggi poco competitiva dal punto di vista cestistico. Nonostante qualche malumore (tra cui un vero e proprio tentativo di boicottare la trade), l’ala grande fu costretta a raggiungere Sacramento, dove paradossalmente visse i sette anni migliori della propria carriera, portando la propria squadra a competere in più occasioni per un titolo.

Quasi per magia, infatti, Webber ed i Kings si imposero come una minaccia per i migliori team della Western Conference. Nonostante uno stile di gioco “strano” (ma anche molto divertente) per gli standard NBA degli anni 2000, Webber divenne immediatamente la star perfetta da abbinare ad un roster promettente e ricco di giocatori interessanti (tra cui Jason Williams, Peja Stojakovic, Vlade Divac, etc.). In un lampo, Webber trasformò Sacramento in una città pazza per il basket e si affermò come candidato MVP in più stagioni.

Queste le parole di Doug Christie, ex-compagno di squadra del prodotto di Michigan:

“Sapevo fosse pieno di talento ma non l’avevo ancora conosciuto personalmente. Quando l’ho incontrato, l’ho apprezzato ancora di più. Tante volte giochi con star che monopolizzano il gioco. C-Webb avrebbe potuto dominare la palla e mettere a referto 35 punti e 17 rimbalzi, ma decise di includere tutti nel gioco e di creare un’atmosfera dove tutti avrebbero potuto giocare e fare bene. Fu la cosa giusta, non solo per la squadra, ma anche per lui. Fu l’architetto di uno dei basket più belli mai visti. È il motivo per cui lo considero così tanto, sia come persona, sia come atleta.”

Belle parole a parte, il resto della storia è però (ahimè) tristemente conosciuta, almeno per i fan di Sacramento. I Playoff 2002 segnarono infatti l’inizio della fine del miracolo cestistico successo negli anni precedenti: i lanciatissimi Kings (arrivati alla postseason dopo 61 vittorie) si scontrarono infatti con i Lakers di Kobe e Shaq. Al termine di una Gara 7 ricordata per un numero decisamente anomalo di sviste arbitrali, saranno i gialloviola a strappare il biglietto per le Finals e, con esso, il trofeo Larry O’Brien. Sarà poi l’infortunio del 2003 a chiudere definitivamente gli anni da superstar di Webber e, con essi, lo status di contender dei Kings, pochi anni dopo lontani dai Playoff (che mancano ormai da 15 anni).

Dopo una trade verso Philadelphia nel 2004-2005 ed alcune stagioni in costante devoluzione, C-Webb annuncerà il ritiro nel 2008 con gli Warriors; non mancheranno comunque i rimpianti per quello che sarebbe potuto accadere in quella divisa viola, divenuta la Cenerentola della NBA, privata però troppo presto del suo principe azzurro.

A distanza di più di un decennio, la leggenda di Sacramento ha avuto la sua rivincita (in parte). Tra qualche giorno, Webber potrà finalmente (e meritatamente) dichiarare di essere un membro della Basketball Hall of Fame. E stavolta, nessun infortunio (o arbitro) potrà rovinare un momento così magico.

 

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