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Road to NBA Draft 2020: Cole Anthony

Cole Anthony non conosce mezze misure, sia a livello di pregi che di difetti. Riuscirà a fare il salto di qualità necessario per eccellere o finirà per perdersi nel limbo della tarda lottery?

Squadra: North Carolina Tar Heels

Ruolo: Point Guard 

2019-2020 Stats Per Game:

Pts TotRebs DefRebs OffRebs Asts Stls  Blks FG% 3pts
FG%
Ft%
18.5 5.7 5.2 0.5 4.0 1.3 0.3 38.0 34.8 75.0

2019-2020 Advanced: 

Ast% Reb% OffReb% DefReb% TO% Usg% Blk% eFG% TS%
24.1 8.7 1.4 16.4 15.9 30.0 0.9 45.1 50.1

 

Figlio dell’ex campione NCAA e point-guard di lungo corso NBA Greg Anthony, Cole nasce a Portland il 15 maggio del 2000, ma si trasferisce ben presto in quel di New York. Muove, dunque, i suoi primi passi “cestistici” nei playground della Grande Mela, sviluppando sin da subito quella mentalità dura e spregiudicata da “newyorker”. Dopo un primo periodo di attenzione condivisa tra baseball e pallacanestro, decide di dedicarsi interamente alla palla a spicchi, spinto anche dai suggerimenti di Steve Harris, noto allenatore dell’area newyorkese da sempre attento allo sviluppo dei talenti locali nel contesto dei tornei “AAU”. Tra gli altri, mentore anche di Kemba Walker.
Dopo un primo triennio di High School presso la Archibishop Molloy di Briarwood (New York), decide di passare alla ben più quotata Oak Hill Academy per il suo anno da senior. La sua ultima annata liceale si conclude con la roboanti cifre di 18.5 punti, 10.2 rimbalzi e 10.2 assist, grazie alle quali si afferma in qualità di primo giocatore nella storia della scuola a concludere con una tripla doppia di media.
Al suo curriculum aggiunge, in seguito, il prestigioso riconoscimento di MVP del McDonald’s All-American Game. I siti maggiormente specializzati nel recruiting dall’High School lo consideravano, all’unanimità, la point-guard di maggior talento. Sceglie di sposare la causa di North Carolina, mantenendo, a livello di prestazioni, le aspettative elevate. Il suo bottino medio nelle 22 apparizioni con la maglia dei “Tar Heels” recita 18.5 punti, 5.7 rimbalzi e 4 assist, davvero niente male per un freshman con addosso una canotta così “pesante”.

Punti forti

Con i suoi 191 centimetri di altezza per 86 kg di peso, Cole Anthony sembra a tutti gli effetti possedere un fisico già ampiamente sviluppato ed “NBA ready”, tanto più in relazione al ruolo di point-guard. I suoi 5.7 rimbalzi di media parlano chiaro. Il ragazzo cresciuto a Manhattan non difetta di sicuro di forza fisica, atletismo, velocità nel primo passo e controllo del corpo, qualità che, associate a quelle tecniche, non possono che incrementare a dismisura l’appeal in ottica Draft.
Sotto l’aspetto tecnico, parliamo di un giocatore capace di creare qualsiasi tipo di tiro con la palla in mano, un giocatore che non soffre nelle situazioni di isolamento ed è capace di arrecare danni agli avversari anche a gioco rotto.

Ecco, nell’1vs1 parliamo di un giocatore con QUESTO tipo di soluzioni

Anche nella creazione di tiri da oltre l’arco non è che se la cavi malissimo…

Trattasi, in sostanza, di un talento cristallino, di un realizzatore dagli istinti purissimi. Ad un bagaglio di conclusioni al ferro con entrambe le mani pressoché illimitato, abbina un mid-range game di tutto rispetto, tra tiri in step-back, classici pull-up e floaters morbidi, dimostrandosi spesso capace di leggere le difese avversarie ed evitarne le loro trappole.

Qui ad esempio anticipa intelligentemente il movimento di tiro, evitando le braccia protese del difensore con un floater morbidissimo

Sul fronte playmaking, pur essendo prettamente una point-guard dagli istinti realizzativi, si è dimostrato anche capace di mettere in ritmo i propri compagni e di adattarsi ai diversi momenti delle partite, esibendo un QI cestistico già discretamente sviluppato. Non solo improvvisazione e talento, dunque, ma anche consapevolezza e solidità mentale.

Nonostante il cartello “work in progress” posto di fianco alla voce playmaking, ha già fatto intravedere qualche flash molto interessante

Difensivamente ha già dimostrato di saper accettare il duello fisico e mentale contro chiunque, arrivando anche a farsi carico della marcatura dei go-to-guy avversari. Oltre che nelle situazioni di scivolamento e di difesa sulla palla, non ha – quasi mai- fatto mancare il proprio apporto anche negli aiuti e nelle rotazioni dal lato debole.

Punti deboli

Il primo elemento su cui sarà necessario lavorare è il suo decision-making. Troppo spesso, infatti, è sembrato sin troppo consapevole dei propri mezzi, finendo per esagerare e per fare delle scelte avventate e prive di letture. Non si tratta, in sostanza, di un playmaker nel vero senso del termine, di un giocatore interessato a mettere in ritmo gli altri prima che sé stesso. La sua peggior tendenza è quella di esagerare con il palleggio, strozzando le spaziature della propria squadra e ritrovandosi a dover improvvisare contro la difesa schierata; pur con tutto il talento e la creatività di cui può disporre, questo tipo di situazioni a livello NBA potrebbero creargli non poche difficoltà.
Le sue 3.5 palle perse di media, relazionate ai 4 assist, rappresentano un campanello d’allarme non indifferente per una point-guard.
Un’ulteriore criticità può essere individuata nella sua percentuale da tre punti del 34.8%, figlia di tiri spesso affrettati e di un rilascio che talvolta appare un po’ troppo lento e macchinoso. Ci sarebbe da lavorare anche sulla percentuale ai tiri liberi, assestata su un migliorabile 75% nel corso della sua prima ed unica stagione collegiale.
Per quanto riguarda, invece, l’aspetto difensivo, gli sarà richiesto un miglioramento nei cambi e nella difesa sul pick-and-roll, dove in qualche occasione è apparso pigro e distratto.
In conclusione, va aggiunto che un minore dispendio di energie nella metà campo offensiva, probabilmente, potrebbero aiutarlo a migliorare in ognuno degli aspetti sopra citati. La mentalità sembra essere quella giusta per provare a fare il definitivo salto di qualità.

Upside

La sensazione prevalente è che a Cole Anthony manchi quel “quid” necessario per poter diventare un giocatore decisivo anche in NBA, un leader come è stato per i Tar Heels. Le sue carenze da un punto di vista di decision-making, il suo atletismo buono ma non eccelso ed il suo egoismo prevalente sulle sue più che discrete skills da passatore, potrebbero rappresentare un ostacolo più grosso del previsto. Al momento rientra nel limbo che ha portato tanti giocatori d’élite a livello collegiale a fallire tra i professionisti, quel limbo per cui si è troppo piccoli fisicamente per poter giocare con continuità da scoring-guard e, allo stesso tempo, troppo egoisti per poter essere considerati delle vere e proprie point-guard. Starà a lui, adesso, smussare questi spigoli e cercare di plasmare il suo gran talento in base a ciò che gli sarà richiesto dalla sua futura franchigia. Nella migliore delle ipotesi, dovesse riuscire a migliorare la sua efficienza al tiro perimetrale, lo si potrebbe veder ricalcare le orme di un CJ McCollum, altro giocatore che, in uscita dal College, rientrava in quel limbo cui si è fatto cenno. Nella peggiore delle ipotesi, invece, dovesse intestardirsi e continuare a far leva su quelli che erano i suoi punti di forza nella pallacanestro liceale e collegiale, potrebbe limitare il proprio futuro al ruolo di “microwave” in uscita dalla panchina o scivolare totalmente al di fuori dalle rotazioni della sua futura squadra a causa dei suoi limiti di efficienza. L’equilibrio tra “steal” e “bust” è dunque davvero sottile, la speranza è che alla fine possa propendere più verso la prima opzione.

Draft projection

Il nome di Cole Anthony al momento è collocato attorno alla quattordicesima chiamata, in tarda lottery o poco al di fuori. Alla luce delle premesse fatte in precedenza, il suo talento potrebbe far comodo praticamente a qualsiasi squadra e, vista l’assenza di pressioni mediatiche per una scelta al di fuori della Top 10, potrebbe permettere allo stesso Anthony di avere la fiducia ed il tempo necessari per sviluppare il proprio potenziale in tranquillità. Il “best case scenario” per il suo futuro potrebbe collocarsi alla quindicesima scelta, con quegli Orlando Magic che, nel corso degli ultimi Playoff, hanno palesato una carenza preoccupante a livello di pericolosità offensiva nei ruoli di point-guard e scoring-guard. Il talento puro e la faccia tosta del nativo di Portland sembrebbero poter fare davvero al caso della franchigia della Florida.

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