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Chicago Bulls

Toni Kukoc ricorda il primo impatto con Jordan e Pippen

L’inizio del rapporto con le due stelle dei Bulls non fu proprio positivo per l’Airone di Spalato

Ogni matricola che inizia la sua carriera in NBA sa che la prima stagione sarà difficoltosa, sia per l’impatto col basket vero e proprio, sia per il nuovo spogliatoio. Spesso e volentieri, infatti, i veterani “bullizzano” i rookie, come si è potuto vedere anche in “The Last Dance”per il neo-arrivato Pippen.

Una volta affermatosi come stella però, lo stesso Pippen non esitò a fare altrettanto con un altro, povero malcapitato. A subire l’ira del numero 33 (e pure di Jordan) è toccato anche a Toni Kukoc. Il campione croato ha raccontato come il suo inizio di carriera in NBA non sia stato dei più facili. Draftato da Jerry Krause nel ’90 e arrivato in NBA solo nel ’93, Kukoc ha ricordato l’astio delle due stelle, subito già alle Olimpiadi di Barcellona del ’92:

“C’è mai stato un altro giocatore nella storia che aveva un Dream Team che se l’era presa con lui?”

Il croato giocava ancora in Europa al tempo, quando il Dream Team incontrò e spazzò via la Croazia alle Olimpiadi. Nella sfida del girone, Kukoc terminò a soli 4 punti e 7 palle perse. In finale andò un po’ meglio, con 16 punti segnati, ma per la Croazia fu comunque un massacro visto il risultato finale di 117-85 per Team USA:

“Non pensavo che fossero così carichi. Non avevo idea che volessero dimostrare qualcosa così tanto”

La motivazione va ricercata nel lungo “corteggiamento” effettuato da Krause nei confronti di Kukoc. Corteggiamento che ebbe un impatto immediato anche sul contratto di Pippen. E questo non poteva proprio essere tollerato, come ammesso dallo stesso Jordan:

“Non stavamo giocando contro Toni Kukoc. Stavamo giocando contro Jerry Krause con una divisa della Croazia”

Kukoc arrivò poi ai Bulls nel ‘93, proprio nella stagione in cui MJ annunciò il suo primo ritiro. Ad aiutarlo ad inserirsi giocò poi un ruolo chiave proprio lo stesso Pippen:

“Quando sono arrivato, ho capito subito come funzionasse, perché anche in Europa i giovani volevano provare qualcosa e noi li trattavamo male. Fa parte dell’essere il novellino. La differenza per me, però, era che stavo per far parte dei campioni dei Chicago Bulls. Tutti erano fantastici, tutti sapevano cosa fare. Non è stato facile. Ma posso dire in tutta onestà che, nonostante ciò che dicesse Scottie, è stato un grande aiuto per me, specialmente nel primo anno. È stato fantastico nei miei confronti”

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