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Chris Paul parla del suo percorso in NBA: “Da Rookie mangiavo al McDonalds dopo gli allenamenti”

Il giocatore degli Oklahoma City Thunder ha fatto il recap della sua carriera all’interno della Lega

Chris Paul si avvia al suo 15esimo anno in NBA con una nuova avventura all’orizzonte in maglia Oklahoma City Thunder. Prima di capire cosa succederà in questa stagione, CP3 si è aperto ad una intervista speciale ai microfoni di ESPN, raccontando in esclusiva la sua avventura nella Lega partendo dal primo anno, da rookie, ai tempi dei New Orleans Pelicans:

“Al mio primo anno mi fermavo dal McDonald’s fuori dalla nostra palestra di allenamento ogni singolo giorno. A volte ordinavo patate extra e succo d’arancia. Poi a casa mangiavo ancora in maniera disordinato, sandwich al pollo e pizza. Oggi è tutto diverso, tanto da essere diventato vegano: per il momento solo durante la offseason ma spero di riuscire a mantenere questo tipo di alimentazione per tutto il campionato”

Poi un cambio di mentalità dovuto anche a qualche tirata di orecchia da parte di giocatori più esperti come ha confessato lo stesso CP3:

“Grant Hill è stata la mia prima reale guida: eravamo in squadra assieme il suo ultimo anno nella lega, ai Clippers. Mi ripeteva in continuazione che in estate adottava la regola dell’80/20: mangiava sano sempre durante la settimana, concedendosi al massimo qualche debolezza o il sabato o la domenica. Altri due grandi esempi sono stati Steve Nash e LeBron James: tutti questi grandi atleti hanno un aspetto in comune, ed è la disciplina. Quest’anno ho 34 anni, e dovrò correre dietro a giocatori di 19-20, gente che entra nella lega perché vuole prendere il tuo posto. Per me questa non è un’opzione: nessuno si prende il mio posto. Non voglio cercare scuse, neppure l’età”.

Dovesse cambiare qualcosa all’interno del suo percorso NBA, cosa cambierebbe?

“La gente è convinta che se potessi cambiare qualcosa nella mia storia di infortuni, sarebbe quello sostenuto in gara-5 con Houston contro Golden State nei playoff 2018. Non è così, non è una questione di una singola gara, vinta o persa. Se dovessi cambiare qualcosa cambierei il modo in cui ho affrontato la riabilitazione al mio primo infortunio, quello al menisco del 2010. Farei tutto più seriamente”

 

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