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Washington Wizards Preview: navigare tra Scilla e Cariddi

Un’ottima stagione, qualche rimpianto, molte certezze ma altrettante sistematiche e irrisolte lacune. I Washington Wizards si apprestano così ad iniziare la nuova stagione NBA, che – per l’ennesima volta – lì vedrà chiamati nella difficile impresa di farsi largo tra due formazioni sulla carta ampiamente più attrezzate di loro

Punti di forza e Punti deboli

Quale può essere il punto di forza principale di una squadra che ha chiuso la regular season con 108.5 di efficienza offensiva, con 109.2 punti segnati a partita (quinti), con il 52.8% di percentuale effettiva dal campo (sesti), e che è risultata una delle quattro squadre a rientrare nella top 10 sia per percentuale nel pitturato, dal midrange e dal perimetro, se non l’attacco?

La fase offensiva dei Wizards è stata con pochi margini di discussione una delle più belle e delle più divertenti da vedere giocare la scorsa stagione, grazie ad un quintetto – quintetto, non roster: ricordatevelo che dopo ci torniamo – perfettamente assestato all’interno del quale ognuno sembra consapevole delle mansioni a cui è chiamato in virtù delle sue qualità e della necessità collettive.

Una delle più pericolose e efficienti armi d’attacco dei Wizards è senza dubbio rappresentata dalla abilità della squadra – e di Wall soprattutto – di segnare punti veloci in transizione dopo aver recuperato palla (8,5 steals per game, secondi, con 17,7 punti realizzati off turnovers) o dopo un rimbalzo difensivo. Specie nella seconda circostanza, la squadra di Brooks risulta sempre molto abile sia nei posizionamenti (con Wall che viene sistematicamente fatto appostare nella parte centrale del parquet per avere più possibilità di movimento nella corsa) sia nel nel cercare immediatamente il suo playmaker non appena catturata la palla per lanciarlo in campo aperto contro la difesa non schierata (o comunque mal posizionata). Dopodiché il talento del prodotto di Kentucky fa il resto, come attestano i 15,9 fast break points per game(quinti), ovvero i canestri realizzati nei primi secondi dell’azione.

Situazione esplicativa: Washington recupera il rimbalzo e Porter cerca subito con lo sguardo Wall il quale, ricevuta la palla, si lancia a testa bassa verso il canestro, ostacolato da niente di più che una rivedibilissima difesa di Irving. 

Altra situazione: Washington recupera palla, Morris serve – praticamente alla cieca – Wall che si lancia in transizione e poi…vabé io per John Wall le parole le ho finite.

Ma aldilà delle singole situazioni offensive nelle quali Washington risulta efficace, è – come si diceva – l’intero sistema costruito da Brooks intorno ai 5 starters a funzionare a meraviglia. Non c’è da meravigliarsi quindi nel notare che il coach tendesse a tenerli sul parquet il più possibile; il quintetto Wall-Beal-Porter-Morris-Gortat, che ha chiuso la stagione con un +8.1 di NetRating, è stato infatti per distacco quello più utilizzato all’interno della lega, con 1347 minuti passati insieme sul parquet. Il dato risulta ancora più sconvolgente se confrontato con il quintetto che si piazza al secondo posto, ovvero Rubio-LaVine-Wiggins-Dieng-Towns, che fa registrare complessivamente 880 minuti, ovvero quasi 500 minuti meno di quello dei Wizards.

Eppure “è e non può non essere”, verrebbe da dire molto parmenidianamente. Perché John Wall è davvero la miglior “two-way point guard player” della lega e perché l’anno scorso ha giocato la stagione migliore della sua carriera(vi risparmio le stats più mainstream e mi limito a segnalare l’attitudine difensiva che lo porta a far registrare 2 steals, e a guidare la lega per deflections loose balls recovered). Perché Bradley Beal ha definitivamente trovato il suo posto nel mondo, ha smesso di fare ciò che non sapeva fare(costruire gioco) e si è messo a fare ciò che sa fare meglio, ovvero segnare, segnare tanto(23 punti con il 40% da tre e il 53%(!) da due, e 112.1 di OffRating). Perché Otto Porter ha finalmente fatto vedere che razza di giocatore sia (e soprattutto, potrebbe diventare) su entrambi i lati del campo, giocando una annata letteralmente spaventosa e chiudendo con il 60% di percentuale effettiva dal campo, la seconda – dietro solo a Kyle Korver – tra i “non centri” con almeno 500 tiri tentati. Perché Markieff Morris è il 4 perfetto per l’NBA odierna perché in grado di spaziare il campo(36% da fuori) e all’occorrenza di giocare da centro quando bisogna abbassare il quintetto. E infine perché Marcin Gortat non ci sta proprio a fare la vittima sacrificale della lega in trasformazione, e quindi blocca ogni bipede deambulante su un parquet (6.2 screen assists a partita, primo nella lega) dimostrandosi indispensabile per tutta la costruzione offensiva di Washington, che su singoli e doppi blocchi ha fondato tutte le sue fortune di questa stagione.

Azione molto ricorrente nel playbook di coach Brooks: blocco di Gortat a liberare Beal e catch-and-shoot immediato.

Azione emblema: doppio screen Morris-Gortat per liberare Beal che una volta ricevuto però – proprio per la sua pericolosità dall’arco – subisce il raddoppio di Thomas. Wall allora, rimasto solissimo, taglia verso l’area e punta il canestro, facendo collassare su di lui tutta la difesa, in particolare Horford che deve staccarsi da Morris per andare a difendere il canestro. Risultato: Morris si allarga sul lato debole, Wall lo serve in maniera sublime, open three, BANG

Quindi come punti forti abbiamo la fase offensiva in generale – con un focus particolare su determinate situazioni di gioco – insieme all’aggregazione e all’abnegazione di un quintetto all’interno del quale tutti sanno cosa devo fare e come farlo. Ecco, se a questo punto volete i punti deboli dei Wizards, fate una cosa molto semplice: prendete i due sopra e rovesciateli. 

Primo: la difesa. La ventesima efficienza difensiva con 106.9 punti su 100 possessi (addirittura 27esima dopo la pausa per l’All-Star Game), 24esimi per rimbalzi difensiva catturati (32,6) e per stoppate (4,1), con il 46,6% dal campo concesso agli avversari. Tutti numeri che non possono essere sopportati da una squadra che ha ambizioni da finali di conference e che vuole giocarsela ad armi pari con LeBron e co. Ma quali sono i problemi principali della difesa di Washington?

Uno delle lacune più gravose all’interno del sistema difensivo dei Wizards è creata dall’utilizzo di un sistema peculiare per fronteggiare i pick-and-roll avversari. Questo sistema prevede infatti la scelta sistematica di non cambiare dopo il blocco avversario ma di portare comunque il marcatore del bloccante molto alto per rallentare il ball-handler, e dare così il tempo ad uno degli esterni di scalare dal lato debole sul portatore del blocco(rimasto quasi sempre solo) e a tutta la difesa di muoversi di conseguenza.

Capiamoci meglio:PnR Thomas-Horford. In questa situazione si vede molto bene come Gortat esca molto alto sul portatore di palla, lasciando il diretto avversario (Horford) completamente libero per qualche istante, e come Wall (il giocatore sotto canestro) tenga lo sguardo ben fisso sul lungo dei Celtics per essere pronto ad aiutare, lasciando però il suo uomo completamente libero sul lato debole. In questo caso però la difesa riesce bene perché Beal riesce a non impattare sul blocco (eh?!) e questo permette a Gortat di recuperare in tempo su Horford e a Wall di scalare nuovamente sul suo diretto avversario.

Quindi fin qui sembrerebbe andare tutto bene. Ma c’è un problema. E il problema nasce dal fatto che non sempre il difensore riesce a liberarsi così velocemente sul blocco. Questo determina la conseguenza che il lungo difensivo rimane impegnato più tempo sul portatore di palla, le rotazioni spesso non sono veloci e la squadra subisce un canestro facile. Tipo: ve la ricordate quella gara-1 contro i Celtics di quest’anno al Garden, quella da cui viene la giph? Quella partita iniziata con un parziale di 16-o per Wash? Quella che poi i Wizards hanno perso di 12? Ecco, e volete sapere quanti pick-and-roll ha giocato Boston quella partita? Trentuno, il tutto per 27 punti e due falli. Guardiamo un po’ come finisce l’azione di prima.

Siamo rimasti ad Horford con un tiro contestato. Il lungo dei Celtics decide a questo punto di tornare da Thomas per provare un altro gioco a due. Anche in questo caso Beal è molto bravo a liberarsi sul blocco, ma Gortat questa volta rimane troppo arretrato e non riesce a recuperare e Bogdanovic – ovvero l’uomo che nel sistema di Washington dovrebbe scalare dopo il pick-and-pop – decide di farsi una bella dormita. Risultato scontatissimo: entrambi sono in ritardo e Horford segna un tripla con una prateria a 5 dalla fine con la partita sul filo.

Ultimo esempio: il lungo dei Lakers porta il blocco, Wall viene rallentato di mezzo secondo e Jason Smith esce altissimo. Wall si disinteressa del rollante e porta il raddoppio su Russell che, però, riesce comunque a chiudere il PnR che porta a due punti facili. Perché? Perché sul lato debole Bogdanovic – sempre lui, sì – è di nuovo in colpevole ritardo.

Questo sistema viene poi estremizzato quando Gortat si siede in panchina e Washington si ritrova a difendere con il quintetto piccolo con Oubre da 3, Porter e Morris. In questo caso l’indicazione è semplice: cambiare sempre. E funziona anche molto spesso, perché Oubre è un 2.01 molto rapido ed efficiente e Morris è in grado di sopportare cambi con avversari non eccessivamente veloci. Il problema è che in queste situazioni ciò che viene meno è la benché minima forma di rim protection ( non che le cose vadano troppo meglio con Gortat) condita da una sistematica sofferenza a rimbalzo(10.6 rimbalzi offensivi concessi a partita, vedi sopra per quelli difensivi).

Se poi al quadro complessivo ci aggiungiamo poi una serie di liabilities individuali ecco che abbiamo il quadro completo dal dramma che è la difesa dei Wizards. Abbiamo ad esempio Bradley Beal e la sua capacità di stamparsi contro tutti i blocchi, pure contro quelli che magari manco lo sono; oppure Oubre che è un ottimo difensore quando non decide che è arrivato il momento di fare una boiata clamorosa, e allora la fa, sempre. Infine Gortat che insieme a Drummond è per distacco il centro old style che peggio protegge il ferro all’interno della Lega, visto che gli avversari nei paraggi, con lui in campo, tirano con il 57% abbondante.

Secondo problema: la panchina. E potremmo non scrivere altro perché questo si sarebbero meritati i panchinari dei Wizards lo scorso anno (solo questa: Net Rating ai playoff con il quintetto titolare +18, Net Rating con tutti gli altri -14) ma andando per punti sparsi:

  • nel mondo non sembra esistere un backup quantomeno dignitoso di John Wall, da nessuna parte. Ci hanno provato Session, Burke, Jennings, Satoransky e adesso ci proverà Frazier. L’impressione però è che il ruolo “cambio-di-Wall” assomigli sempre più al canto di una sirena: ti attrae, ti avvicini felice e incuriosito pregustando grandi soddisfazioni e poi finisci male, immancabilmente. L’ultimo a sopravvivere fu un Andre Miller ultra36enne. Qualcuno lo trovi.
  • Kelly Oubre questo benedetto salto di qualità non sembra volerlo fare.
  • Ian Mahimi prende 16 milioni l’anno. E a livello tattico non sembra fare differenza, ma in realtà la fa eccome perché,
  • Washington non ha la benché minima mobilità salariale, si è bloccata quest’estate rifirmando Porter e per la panchina sono arrivati Tim Frazier, Jodie Meeks e Mike Scott, che difficilmente potranno risolvere qualcosa.

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