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Vocabolario NBA: Cos’è un expansion team?

Come entrano in NBA nuove squadre? Quando è successo in passato? Cos’è il dispersal draft? E l’expansion draft? Le risposte nella rubrica Vocabolario NBA.

Un expansion team è una franchigia che entra a far parte di un campionato sportivo, al quale non aveva partecipato in precedenza. Può essere una squadra proveniente da un’altra lega oppure una franchise costruita da zero.

Per comprendere questo capitolo di #VocabolarioNBA è consigliabile avere ben chiari i concetti di franchigia e il funzionamento del campionato NBA. Potrebbe essere una buona idea rileggere alcune puntante precedenti della rubrica (come quella sul Draft o, linkandola per la quarta volta, quella sul significato di franchise). In fondo alla pagina si trovano tutti gli altri capitoli.

NIENTE PROMOZIONE – In NBA non esiste il meccanismo della retrocessione e della promozione da campionati minori. Per questo motivo le squadre che partecipano di anno in anno sono sempre le stesse, a meno che non si ritirino o se ne aggiungano di nuove. C’è anche l’eventualità di un cambio di città e/o del nome. Qui di seguito ci concentreremo sul caso dell’entrata in NBA di una nuova franchigia. [Questa volta non c’è il link al post sulla franchigia. Ops.]

EXPANSION TEAM – Sono numerosi i casi di expansion team nella storia della NBA, ovvero di nuove squadre che sono entrate a far parte del campionato. In passato accadeva più spesso, quando la lega era agli inizi e il processo di crescita portava con sé uscite ed entrate con maggiore frequenza. Prima di affermarsi come maggiore lega mondiale di pallacanestro, la NBA era solo uno dei campionati americani e doveva scontrarsi con gli altri per la supremazia. Senza tornare troppo indietro negli anni, la sfidante più insidiosa per la National Basketball Association fu negli anni ’70 la ABA, fucina di talenti passati anche in NBA: uno su tutti Julius Erving.

Julius Erving in ABA

Julius Erving in ABA. Credits to: www.clutchpoints.com, via Google.

BUSINESS – Come evidenziato parlando di franchise, la presenza di una squadra in NBA è soprattutto un business. Una città ricca, demograficamente in crescita e che magari ha già disponibili le strutture fisiche per ospitare una squadra, rappresenta un’ottima candidatura per un expansion team. Oltre alle normali spese per il sostentamento di una squadra professionistica, esiste anche una tassa per l’espansione, ovvero l’entrata in NBA, definita dalla lega. Quando giunsero in NBA i New York Nets (provenienti dalla ABA) furono costretti a pagare anche una tassa aggiuntiva, in quanto “invasori” del territorio dei Knicks. Ogni nuova entrata negli anni ha dovuto ricevere il “via libera” dai proprietari delle altre franchigie.

DALLA ABA – Nel 1976 arrivarono in NBA ben quattro nuove squadre, provenienti dalla ABA (American Basketball Association) in disfacimento. Oltre ai già citati Nets, arrivarono i Denver Nuggets, gli Indiana Pacers e i San Antonio Spurs. L’impatto della ABA sulla NBA fu epocale, anche se ufficialmente non è considerata una “fusione” fra le due leghe, ma – appunto – una espansione della NBA. Oltre alle nuove città, in NBA arrivarono nuovi talenti, stili di gioco, regole. [Il tiro da tre chi pensate che l’abbia sperimentato per prima? Ovviamente la ABA.]

CON QUALCHE OSTACOLO – Essendo quelle quattro squadre già formate e rodate, le regole imposte dalla NBA per entrare nel proprio circolo furono abbastanza incisive. Tutte e quattro dovettero pagare una tassa d’espansione di 3,2 milioni di dollari, cui i Nets ne aggiunsero altri 4,8 per il motivo già spiegato dell’invasione della Grande Mela. I record e la storia della ABA non furono riconosciuti. Le quattro squadre non avrebbero ricevuto i diritti televisivi per le prime tre stagioni. Vi fu anche un dispersal draft, ovvero un Draft per accaparrarsi i giocatori delle ultime due squadre sopravvissute in ABA, che non avevano aderito alla NBA: i Kentucky Colonels e gli Spirits of St. Louis. Fra questi c’erano ben tre hall of famer: Artis Gilmore, che finì ai Chicago Bulls, Moses Malone, selezionato dai Portland Trail Blazers e Louie Dampier, preso dagli Spurs.

Kentucky Colonels, ABA

Il logo dei Kentucky Colonels.

CURIOSITÀ DEI TEMPI ANDATI – I lettori più attenti avranno calcolato: 4 squadre passate da ABA in NBA, altre 2 che si sono disgregate… La ABA era composta solo da 6 squadre? No, all’inizio della stagione 1975-1976, l’ultima della ABA, ce n’erano altre quattro che non arrivarono a vedere la chiusura della lega, per un motivo o per l’altro. Anzi, il motivo era sempre quello: il danaro. Prima di disputare una sola partita ufficiale della nuova stagione, i Memphis Sounds si trasferirono a Baltimora, cambiarono nome due volte, da Baltimore Hustlers a Baltimore Claws e chiusero baracca dopo un paio di partite di preseason. I San Diego Sails e gli Utah Stars foldarono nel bel mezzo della stagione. I Virginia Squires arrivarono a fine stagione, ma – dopo aver saltato più di qualche paga – vennero cacciati dalla lega. [Cacciati da una lega che sta per sciogliersi e offrire baracca e burattini alla concorrenza: non dev’essere stato un gran motivo d’orgoglio per i proprietari.] Bisogna dire che gli Squires giocavano alternativamente in tre diverse città della Virginia e nessuna di queste averebbe avuto le caratteristiche e un’arena per lo sbarco in NBA.

In queste righe abbiamo trattato la modalità più “pura” di espansione: quella di una squadra già formata che entra – pacchetto completo – in NBA. Un’altra strada per aggiungere una franchigia in NBA è l’expansion draft, modalità riservata alle squadre nate “da zero”. Ne parleremo nella prossima puntata di #VocabolarioNBA; sempre di martedì, sempre alle 17.00.

La rubrica #VocabolarioNBA:

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