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Phoenix Suns

Ritratto a Devin Booker

La stagione dei Phoenix Suns è da prendere, accartocciare e buttare nel cestino. Se non fosse che Devin Booker ha comunicato a tutti che vuole fare sul serio.

In estate ebbi la fortuna di trascorrere due settimane in California. Andai a pranzo con Kevin Danna, telecronista dei Santa Cruz Warriors, campioni in carica in D-League. Ci trovammo in un classico ristorante americano, né paninoteca né Bastianich. Ampio parcheggio, vecchietti davanti alla TV con del baseball in onda, profumo di pollo fritto e ordinazione da fare alla cassa. Parlammo di quanto la Development League si stesse ampliando o di come l’organizzazione Warriors avesse appena concluso la doppietta titolo NBA-titolo D-League. In quei giorni, si stava giocando la Summer League di Las Vegas e, avendo il fuso dalla mia parte, riuscii a vedere diverse partite. Mi innamorai di diversi giocatori. Da Jonathon Simmons a JaMychal Green, passando per Bobby Portis, Kyle Anderson e Tim Frazier. Gli nominai questi giocatori e lui mi diede aneddoti interessanti su tutti questi, essendo un insider di un basket molto più di nicchia. Tipo il pasto medio di Sim Bhullar, di gran lunga superiore a ciò che in Somalia vedono in un anno. Ma al nome “Devin Booker” si fermò, accostò il panino facendo cadere diverse patatine fritte. “This kid can fuckin’ play” mi disse. Bellissimo, non avevo bisogno di altro.

I Phoenix Suns sono imbarazzanti. E’ una delle tante cose che la corrente stagione NBA ci ha insegnato. Non stiamo neanche ad elencare i mille motivi che hanno portato la franchigia dell’Arizona dalla lotta per i Playoffs ai bassifondi della Lega. Coach licenziato (dopo che gli avevano levato importanti assistenti…), presunta stella della squadra infortunata e una testa calda che ne combina una più di DeMarcus Cousins. Niccolò Ciuppani ha qui tragicomicamente riassunto la stagione dei Soli: più che una squadra NBA sembra un’accozzaglia di giocatori che aspetta solo il momento della cessione. Non soffermiamoci però su orrori cestistici o tweet ambigui. Né su un mix delle cose. Con l’arrivo della Primavera, qualche spiraglio di luce si è intravisto anche nei pressi di Phoenix. Il tutto grazie al più giovane giocatore della Lega.

Qualche tempo fa, vi parlammo di Devin Armani (non serve ripetere che è figlio di Melvin, che Melvin giocava in Italia e per questo lo ha chiamato così, vero?) Booker come un mortifero tiratore in uscita da una delle migliori squadre che la NCAA abbia mai visto: la Kentucky 2014-2015. Giacomo Sordo aveva visto lungo: non solo un eccellente tiratore, ma “un giocatore dotato di elevato QI cestistico, che capisce perfettamente il gioco e sa leggere le situazioni e reagire di conseguenza”. In questo senso, appare corretta la voce “feel for the game” nel video di DraftExpress che parla delle sue qualità; un po’ meno quella “creating offense” nelle debolezze. Se la dirigenza Suns si è definita sorpresa dalla sua abilità di condurre il pick-and-roll, lui (ex playmaker ai tempi del liceo) non lo è affatto. Zach Lowe, nel suo recente articolo riguardo il ragazzo, ha parlato di come in estate abbia imparato ad aggirare al meglio i blocchi alla Redick, passando ore in sala filmati con Korver, Beal e Klay Thompson proiettati.

Nell’annuale trasferta a Miami a casa di Zio Wade, il ragazzo ne ha scritti 34 e Flash si è sentito in obbligo di dire due parole al ragazzo a fine partita. Se hai l’approvazione di uno così…

Faccia d’angelo, ostentata somiglianza con il cantante Joe Jonas, figlio di un padre che gli vuole bene e non gli ha mai fatto mancare nulla, prototipo della guardia del futuro: non esattamente un giocatore comune. Dopo un suo canestro con ben poco senso per mettere il punto esclamativo sulla vittoria contro i Twolves, Booker ha ammesso di aver modellato il suo gioco per anni guardando Kobe. Se caratterialmente sono agli antipodi (Bryant da rookie voleva tirare giù il mondo ad ogni possesso), le coincidenze tra i due sono diverse. Nell’anno in cui il Mamba fu scelto al Draft, Devin nacque. Entrambi furono selezionati dopo 12 giocatori e tutti e due furono i più giovani chiamati da Stern nei rispettivi anni. Devin e Kobe si sono sfidati la scorsa notte, quando per l’ultima volta il figlio di Joe si è concesso una partita nell’odiata Phoenix. Prima della partita Kobe si è complimentato con il ragazzo, che avrebbe avuto l’unica possibilità di sfidare la leggenda, siccome aveva saltato tutte e tre le precedenti partite tra le due squadre. Non sono bastati i 17 di Bryant, perché Booker ha scritto 28 (con 22 tiri).

Sono 1-0 contro Kobe Bryant

Ha chiosato a fine partita.

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Incredibile ma vero, ha già una reputazione fenomenale. All’interno di una Lega in cui il tiro da tre è sempre più utilizzato, un cecchino dalla lunga distanza apre eccezionalmente il campo. In questo, esser stato il più giovane partecipante di sempre nella gara del tiro da tre ha influito eccome. Anche perché non ha sfigurato, anzi. E’ 112esimo per isolamenti totali in stagione, situazione nella quale si caccia solo nel 5,1% dei possessi da lui gestiti. Una mentalità per nulla self-centered gli ha garantito ottima reputazione, all’interno della squadra e non. Vedere i compagni che gli riempiono la macchina di polistirolo come scherzo dopo la sua convocazione All-Star Saturday è sintomo di tutto ciò. Ha già percentuali migliori di Knight, al quale dà anche 0,12 punti di media per ogni pick-and-roll giocato. Questo perché il diretto difensore di Booker sa di non potergli lasciare il tiro dall’arco e si francobolla. Una rotazione, un raddoppio, un compagno smarcato e la palla esce dalle sue mani veloce. Come dice lui stesso:

“Non sono mai stato il più veloce o il più atletico. Ed è per questo che ho sempre voluto essere il più intelligente”

In particolare, ha mostrato una chimica molto interessante con Tyson Chandler. Il lungo, arrivato a Phoenix a seguito di uno dei tanti errori del front office, segna un almeno punto il 60% delle volte che rolla verso canestro (settimo nella Lega per chi lo ha fatto almeno 75 volte). Ogni volta che esce da un blocco, Booker segna 0,97 punti (15esimo nella Lega in un minimo di 100 possessi), come Kevin Durant. Passa attorno ad un blocco il 14% dei suoi attacchi quando Redick è quasi al 40%.

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Il meraviglioso lavoro di ChartSide e Vantage Sports ci dimostra la futilità dei blocchi al gomito portati dai Suns.

Con l’ex Difensore dell’Anno, D-Book ha anche registrato questi due spettacolari video per The Players’ Tribune. Per innamorarvi del ragazzo, cliccare play.

In questo mese di Marzo, Mr. Booker è definitivamente esploso: tutte le stats sono in aumento. E’ a 21,4 di media in quasi 38 minuti di gioco. La partita della consacrazione la gioca al cospetto dei due migliori tiratori del pianeta, KT11 e SC30, a casa loro. Una performance da 18 punti, 11 assist e zero palle perse ha permesso ai Suns di competere sul campo più impenetrabile della Lega. Anche grazie ad un Knight versione tiro-tutto-e-tutto-entra, Phoenix rimane attaccata alla partita fino in fondo. Poi decidono due bombe di Curry, ma vabbè. E se gli highlights offensivi di Booker sono tutti da gustare, la fase difensiva decisamente meno.

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Dopo una stoppata di Bogut su Chandler, Green conduce la transizione offensiva. Pick your poison non vuol dire lasciare metri e metri di spazio ai tiratori: Booker è anni luce distante da Thompson. La palla ci mette un secondo a passare da Draymond a Steph a Klay. Booker dovrà sprintare per recuperare, finendo addosso al Varejao panchinato, mentre KT11 ne mette 3. Notare comunque come Knight sia molto più predisposto e fisicamente centrato per l’uscita su Curry di quanto non lo sia Booker su Thompson.

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Il granitico blocco di Bogut ritarda di parecchio l’uscita di Booker su Klay, che riceve un passaggio con i piedi sistemati oltre l’arco. Devin affretta decisamente il closeout sul prodotto di Washington, che lo scarta con facilità, andando poi a segno con un jumper dalla media nonostante l’aiuto di Teletovic.

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Entrando negli ultimi minuti di una partita prestigiosa addirittura in vantaggio, banali errori difensivi potrebbero costare caro. La non-curante svogliatezza con cui Booker torna in difesa è sinonimo di panchina. Curry, ancora al di qua della metà campo, effettua un passaggio lungo verso Klay, già appostato in angolo. Mentre il mortifero tiratore da tre carica la bomba, il figlio di Melvin e l’arbitro sono ancora nella Terra di Mezzo.

I tre errori difensivi qui mostrati non sono lacune irreparabili. La difesa è un aspetto secondario in una guardia al primo anno, ma comunque da migliorare molto. E’ ben ultimo nel Real Plus-Minus difensivo tra le guardie. La speranza di Ryan McDonough, il GM dei Suns, è comunque quella di riuscire a rendere il più giovane giocatore di tutta la NBA un difensore nella media nei prossimi anni. La voglia c’è, il lavoro in palestra per irrobustirsi pure. Se Curry o lo stesso Redick sono diventati difensori di sistema accettabili, lo potrà certamente diventare anche Booker. Quel “di sistema” rimane un problema, proprio perché Phoenix è una squadra profondamente sbagliata. Una free agency azzeccata, un nuovo coach e buone scelte al Draft potrebbero invertire la rotta.

Le uniche cifre scese dal 1° Marzo sono quelle relative alle percentuali di tiro, ma è naturale che in un attacco sempre più suo si prenda sempre più tiri. Nota a margine: prima o poi (più poi che prima, a quanto pare) torneranno a pieno regime anche Bledsoe e Price, e magari Knight non diventerà il nuovo Jamal Crawford. Ecco, in quel momento i Suns dovranno decidere che fare. Dopo Dragic, dopo I. Thomas, altro cambio in regia?

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Ah già, ci sarebbe pure Goodwin…

In America riescono a trovare una storia, a scrivere pezzi e pezzi su chiunque, anche la persona più normale del mondo. La quantità di materiale online su Devin Booker è paragonabile a quella che si trova su Mario Balotelli, nonostante il nativo del Michigan non faccia nulla per farsi notare al di fuori del campo. Di sue interviste simpatiche ce ne sono tantissime. Rendere il giocatore di turno più accessibile ai fan è una prerogativa delle squadre NBA moderne. Perciò sappiamo che Devin ha acquistato un cane: dopo essere stato indeciso tra un bulldog francese e uno inglese, ha optato per il secondo. Tuttavia, odia quando qualche animaletto gli ronza attorno ai piedi. Ha dovuto smettere di mangiare i maccheroni col parmigiano perché se ne ingozzava e la dieta NBA non glielo poteva permettere. La cantante preferita è Beyoncé, mentre la sua canzone preferita al karaoke è “Empire State Of Mind” di Jay-Z. Preferirebbe volare al leggere nelle menti (ahhh, gli americani). Tornando più sul serio, alla domanda sulla più grande paura risponde “fallire”. L’oggetto dal quale non riesce proprio a separarsi è… Il suo smartphone, per il quale si è fatto personalizzare la cover da un amico nel Texas. Ovviamente popola ogni tipo di social network: i must-have Twitter, Facebook e Instagram, ma anche, da bravo classe ’96, Snapchat. Paradossalmente, quest’ultimo è il più indicato per seguire la vita delle stelle, grazie non solo alla rapidità con cui si possono postare immagini e video, ma anche alla caducità degli stessi: dopo 24 ore, infatti, verrà eliminato ogni contenuto.

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Il social giallo permette di vedere piccoli momenti della vita dei nostri campioni preferiti senza annegare in quel mare di stilosa mania che è Instagram.

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Non che Booker-D si lasci scappare l’Insta-opportunità per ricordare a tutti che si può vivere da re anche da teenager.

Tutto questo (e molto altro) è Devin Armani Booker. Una guardia pericolosa senza palla, pericolosa sul primo palleggio ed con una conoscenza del gioco sufficiente per guidare lui stesso lo show. Le voci di coach Watson e GM all’unisono sembrano dire: dategli tempo e diventa un top-10 NBA. Allora goditelo, Phoenix, il tuo unico raggio di sole.

Michele Pelacci

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