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Washington Wizards

Benvenuti nella House of Guards

Se soltanto 2 anni e mezzo fa qualcuno vi avesse detto che oggi i Washington Wizards sarebbero stati tra le prime due/tre forze della Eastern Conference, probabilmente lo avreste preso per pazzo. Il motivo è semplice: nella stagione 2011-2012, la franchigia capitolina annoverava a roster, solo per citarne alcuni, giocatori come Andray Blatche, Jordan Crawford, Rashard Lewis, Javale McGee, Nick Young e un John Wall lontano parente di quello che conosciamo oggi. Atleti che definire “teste calde” sarebbe un eufemismo. Il record (su 66 partite visto che si tratta della stagione del lockout) era un pessimo 20-46, con un orrido 2-15 in partenza che costò la panchina a Flip Saunders.

Ecco, uno dei momenti cruciali nel processo di ricostruzione dei maghi fu proprio il cambio di coach: il 24 gennaio, infatti, dopo aver dato il benservito a Saunders, la dirigenza decide di puntare sul suo vice, Randy Whittman, impegnandosi con un progetto di più ampio respiro senza la necessità di ottenere risultati immediati. La stagione termina con il secondo peggior record della Lega, è vero, ma nelle estati del 2012 e del 2013 in quel di Washington vengono prese decisioni importanti e, finalmente, sensate. Dal Draft arrivano prima Bradley Beal e poi Otto Porter, entrambi conosciuti per le straordinarie qualità di tiratori ma anche per le buone capacità difensive; con una serie di scambi i vari Nick Young, Javale McGee e Rashard Lewis abbandonano la capitale per essere sostituiti da giocatori più funzionali al progetto come Nenè e Trevor Ariza, mentre John Wall inizia finalmente a far vedere quel talento che gli era valso la prima chiamata al Draft 2010. Insomma, una serie di scelte che hanno cambiato in positivo il volto di una franchigia che, però, ha fatto il vero e proprio salto di qualità nella scorsa stagione.

Poco prima dell’avvio di campionato arriva dai Phoenix Suns Marcin Gortat, che va a completare un ottimo reparto lunghi in cui erano già presenti Nenè, Trevor Booker, Kevin Seraphin, Al Harrington e Drew Gooden. Sebbene i primi mesi di regoular season lascino un po’ a desiderare, da Febbraio in poi i Wizards cambiano marcia, arrivando al record di 44-38 che li vede qualificarsi alla post-season come quinti. Al primo turno dei PO schiantano letteralmente i Chicago Bulls, prima di essere eliminati in 6 gare dagli Indiana Pacers. Ma da un nucleo così giovane (la maggior parte era alla prima apparizione ai playoff) non ci si sarebbe potuto aspettare molto di più, e comunque iniziare a giocare partite di una certa importanza non ha certamente fatto male a Wall e compagni. È probabilmente da leggere in quest’ottica (la necessità di esperienza) anche la dipartita di Trevor Ariza in estate, rimpiazzato dall’arrivo di un giocatore dal grandissimo carisma come Paul Pierce, destinato ad avere un ruolo fondamentale nel processo di maturazione dei giovani Wizards.

Ma veniamo ora all’attuale stagione, in cui Washington sta dimostrando che quanto seminato negli anni scorsi sta dando i suoi frutti. Nonostante un calendario tutt’altro che semplice nelle ultime settimane, il record è di 25 vittorie e 11 sconfitte, valevole per la seconda piazza della Eastern Conference,  anche se dietro a questo 25-11 c’è di più. Sì, perché i Wizards hanno dimostrato di potersela giocare alla pari con tutti, tanto sul parquet del Verizon Center quanto in trasferta. Rockets, Cavs, Clippers e Bulls, solo per citarne alcune, sono cadute contro la formazione capitolina, e anche nelle sconfitte come quelle arrivate sul campo degli Spurs, dei Thunder o dei Mavs, Wall e compagni se la sono giocata fino alla fine, pagando spesso un po’ di inesperienza nei momenti finali dovuta soprattutto alla giovane età.

Ma andiamo adesso ad analizzare più nel dettaglio i fattori che hanno permesso a Washington di tenere il passo delle prime forze dell’Est.

IL BACKCOURT: JOHN WALL E BRADLEY BEAL

Innanzitutto, è doveroso parlare di John Wall, un giocatore spesso criticato (giustamente) negli ultimi anni ma che in questa stagione sembra stia facendo l’ultimo e decisivo passo che trasforma un ottimo giocatore in un All Star. Rispetto al 2013/2014, infatti, il prodotto di Kentucky ha migliorato notevolmente gran parte delle sue statistiche, fatta eccezione per il tiro da oltre l’arco (caratteristica in cui non ha mai rappresentato un’eccellenza) sceso dal 34% al 30%. Seppur giocando leggermente meno, infatti, Wall è passato dal 43% scarso al tiro al quasi 46% di queste prime 36 partite, frutto di una più accurata selezione di tiro e di un netto miglioramento al jumper, in cui soprattutto all’interno dell’arco da tre punti risulta letale. Sono molte, infatti, le circostanze in cui sfrutta il blocco del lungo di turno per andare in palleggio-arresto-tiro, spesso con ottimi risultati. Ma l’aspetto in cui la prima scelta al Draft 2010 ha veramente fatto un step decisivo è la lettura delle situazioni offensive: tralasciando qualche palla persa di troppo, infatti, quando il #2 è sul parquet l’attacco della formazione capitolina gira che è un piacere, e non è un caso che al giorno d’oggi sia lui in testa alla classifica dei migliori assistman della Lega con ben 10.3 assistenze di media (netta la differenza con gli 8.8 passaggi vincenti dispensati solo l’anno scorso). Ad ulteriore dimostrazione della fluidità dell’attacco di Washington, poi, c’è il fatto che i Wizards sono la quarta squadra della Lega per percentuale di assist sui canestri realizzati (64%, secondi ad Est dietro solo agli Hawks), la settima nel rapporto assist/palle perse (1,73) e la seconda per numero di triple “assistite” mandate a bersaglio (92%).

Ma se quest’anno Washington è stata ribattezzata “House of Guards”, il merito non può essere soltanto di Wall. Il playmaker capitolino, infatti, ha la fortuna di essere affiancato da una guardia come Bradley Beal, terza scelta assoluta al Draft 2012 e giocatore che ormai tutti conosciamo: ottimo difensore che nasce principalmente come un letale tiratore, anche se dal sua arrivo in Nba ha aggiunto diverse frecce alla faretra delle sue capacità offensive, avvicinandosi ad essere un attaccante completo. Complice anche un infortunio al polso che lo ha tenuto fuori per le prime 9 gare di regoular season, Beal sta segnando meno punti rispetto allo scorso anno, ma da 3 punti sembra essere ulteriormente migliorato visto che dal 40% è passato al 47,7%. Il tutto, come detto, accompagnato da una solida difesa che lo rende il partner ideale per John Wall.

“GLI ALTRI”: PIERCE, NENÈ E GORTAT

Detto del backcourt, indubbiamente uno dei migliori della Lega (anche se Curry e Thompson restano di un altro livello, opinione personale e, immagino, condivisa dai più), nella testa di Randy Whittman gli altri tre componenti dello starting five sono Paul Pierce, Nenè e Marcin Gortat. Per via delle partite saltate prima da Beal, poi da Nenè e ogni tanto anche da Pierce, non è al momento il quintetto più utilizzato dal coach capitolino, ma con il tempo è destinato a diventarlo. Oltre all’enorme bagaglio di esperienza, la firma di The truth ha aggiunto un giocatore di esperienza che è mancato a Washington lo scorso anno. Trevor Ariza, uno dei più positivi nell’ultima stagione, garantiva forse maggior difesa, ma offensivamente le qualità di Pierce, nonostante l’età, permettono alla formazione della capitale una grandissima varietà di soluzioni che potrebbe rivelarsi fondamentali soprattutto in ottica playoff. Parlando invece dei due lunghi, Nenè e Gortat, il loro ruolo all’interno della squadra è ben definito: il brasiliano sfrutta il suo jumper dalla media distanza per giocare anche lontano da canestro e spesso viene innescato con un pick’n pop; il centro polacco, invece, è il giocatore con cui John Wall sembra aver trovato il feeling migliore tra i lunghi, soprattutto nei pick’n roll, tanto che ogni 10 canestri fatti dall’ex Suns quasi 4 (più precisamente il 38,4%) scaturiscono da un passaggio vincente del #2.

 

LA PANCHINA

Nel 49% dei casi è canestro.

Ogni contender (o presunta tale visto che i Wizards, pur essendo un’ottima squadra, non sembrano ancora pronti per il titolo, quantomeno quest’anno) che si rispetti deve avere una panchina profonda, formata da buoni giocatori in grado di dare il loro apporto in qualunque momento del match. E Washington, da questo punto di vista, rappresenta una delle eccellenze della Nba. Andre Miller, Otto Porter, Kris Humpries, Kevin Seraphin e soprattutto Rasual Butler sono solo alcune delle carte che Whittman può pescare dal mazzo, visto che a roster, tra gli altri, figurano anche Drew Gooden, Garret Temple e Martell Webster, che sta rientrando dall’infortunio proprio nelle ultime partite. Una serie di variabili importanti, dal momento che si tratta di atleti con caratteristiche ben definite: Miller utilizza la sua esperienza e il suo gioco in post per attirare i raddoppi e scaricare per i vari Porter, Butler e Humpries, sempre pronti a colpire. Su Rasual Butler, ala 35enne che sta vivendo probabilmente la sua miglior stagione di sempre, mi permetto di fare un piccolo excursus, visto che soltanto due anni fa non giocò nemmeno 1 minuto e sembrava essere sparito definitivamente dai radar Nba. Arrivato a Washington a Settembre, quando firmò un contratto annuale non garantito, Rasual riuscì a far parte della squadra anche per via dell’infortunio di Bradley Beal. Sin dalle prime partite, però, si dimostrò utile alla causa grazie alla sua mano letale da oltre l’arco che gli vale oggi il terzo posto nella classifica dei migliori tiratori da 3 punti con il suo 49,6%. La scelta di dargli fiducia di Randy Whittman sembra aver dato i suoi frutti, tanto che attualmente è proprio con il #8 in campo che Washington, spesso e volentieri, trova la sua miglior espressione di gioco.

 

Anche in questo caso sono i numeri a dare manforte a questa teoria: tra i vari quintetti schierati quest’anno per almeno 30 minuti complessivi, quello in cui prende il posto di Paul Pierce con Wall, Beal, Nenè e Gortat segna 107 punti ogni 100 possessi, subendone appena 68: mica male. Ma non c’è il solo prodotto di La Salle a fare la differenza in uscita dalla panchina, perché come detto anche Miller, Porter e Humpries portano punti importanti e sono ben supportati da un Kevin Seraphin che si fa valere sotto i tabelloni lavorando in post e a rimbalzo.

L’ATTACCO

Come già accennato in precedenza, l’attacco dei Wizards è spesso fluido e bello da vedere. Guardando il roster, però, si potrebbe commettere un errore di valutazione, ossia quello di pensare che Washington sia una squadra molto perimetrale visti i numerosi giocatori abili nella conclusione da oltre l’arco. Sbagliato. La formazione capitolina, infatti, è la prima squadra dell’intera Lega per tiri presi dentro l’arco, quasi il 66%, molti dei quali vengono presi dal mid-range. Non è difficile, tuttavia, immaginare il motivo di questa scelta: potendo disporre di un playmaker atleticamente devastante come John Wall, la maggior parte delle azioni parte da un pick’n roll centrale da cui poi il play decide come sviluppare il gioco: spesso e volentieri si conclude all’interno dei 7,25 con una penetrazione o un jumper, ma lo scarico oltre la linea da 3 punti ha comunque buone possibilità di successo visto che ben due dei primi 5 migliori tiratori da 3 della Lega giocano a Washington (di Butler abbiamo già parlato, l’altro è Bradley Beal con il 47,7%).

LA DIFESA

Se offensivamente parlando i ragazzi di Whittman possono dire la loro, è nell’altra metà campo che si esprimono come fanno davvero poche squadre in tutta la Nba: una difesa intensa, fatta di tanti cambi sui blocchi e di aiuti che arrivano spesso con i tempi giusti. Non c’è un vero e proprio intimidatore sotto canestro (per quanto Gortat comunque non sia un agnellino), ma il sistema difensivo dei maghi non sembra risentirne, sopperendo a questa carenza con ottime rotazioni che costringono l’attacco avversario a ribaltare spesso il lato. Come al solito, ad ulteriore conferma di quanto detto, ci vengono in aiuto i numeri: i Wizards, infatti, sono la quinta squadra della Lega (la prima ad Est) per Defensive Rating, subendo 100.1 punti ogni 100 possessi e la terza miglior difesa con 97 punti concessi per gara. Parlavamo di grande intensità, e non è un caso che Washington sia la squadra che concede meno assist tra tutte e 30 le squadre (17.8) e che costringe gli avversari a tirare con il 34% da oltre l’arco, statistica che rende la formazione capitolina una delle migliori per quanto riguarda la difesa sul perimetro. Resta da capire se riusciranno a mantenere questo livello difensivo anche durante i playoff, anche se le basi di partenza sembrano essere più che buone.

Come detto, con ogni probabilità non è ancora questo l’anno giusto per immaginare i giocatori di Washington con l’anello al dito a Giugno (anche se nella pallacanestro mai dire mai), ma se il processo di crescita dei giovani continua con questo ritmo, il futuro non può che essere roseo. D’altronde da qualche mese a questa parte si sono fatte insistenti le voci che vorrebbero un Kevin Durant intenzionato a tornare nella sua Washington nel 2016, quando potrà uscire dal contratto. Se tra questa e la prossima stagione Wall, Beal e compagni riuscissero a migliorare ulteriormente, accumulando magari esperienza anche nella post-season, e tra un anno e mezzo arrivasse davvero KD, chi li fermerebbe più questi Wizards? Solo il tempo ha la risposta, quindi non ci resta che aspettare.

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