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Los Angeles Clippers: Steve Ballmer piazza l’offertona. 2 miliardi sul piatto per l’ex CEO di Microsoft

Con un patrimonio stimato in circa 20 miliardi di dollari Ballmer tiene anche all’igiene orale.

 

«Le jeux sont faits. Rien ne va plus». Frase sicuramente consona ad una sala da gioco monegasca, ma in questo caso traslabile a tutt’altra situazione e località geografica.

É di poco fa, infatti, la notizia che vorrebbe Steve Ballmer in pole position (a propò d’atmosfera monegasca) per l’acquisizione dei Los Angeles Clippers.
Ballmer, classe 1956 e amministratore delegato di Microsoft dal Giugno 2008 al Febbraio 2014, – riferiscono alcune fonti di ESPN – sembra essersi stancato di tagliare prato e siepi del giardino di casa dopo aver rassegnato le dimissioni dal colosso informatico e avrebbe, poche ore fa, piazzato un’offerta di circa 2 miliardi di Dollari per rilevare i Los Angeles Clippers.

La franchigia di Los Angeles, come tutti sanno, vive infatti una situazione d’incertezza nelle sue alte sfere, conseguente ai colpi di testa a sfondo razziale del (quasi ex) proprietario Donald Sterling, che è stato bandito a vita dalla NBA dal Commisioner Adam Silver, dopo aver manifestato telefonicamente alla propria fidanzata lo scontento per le sue frequentazioni con alcune persone dalla carnagione – per dirla come un nostro celebre ex-Premier – leggermente troppo “abbronzata”.

E la stellare offerta del Signore delle stock options – con quelle ha costruito la sua fortuna, stimata in un patrimonio di quasi 20 miliardi di Dollari – pare sia arrivata proprio al momento giusto, sbaragliando la concorrenza di David Geffen, fermatosi a “soli” 1,6 miliardi per tutta la baracca.
Nonostante quella di Ballmer sia, al momento, la migliore proposta pervenuta alla famiglia Sterling, le negoziazioni sono ancora aperte e il vecchio Steve non può cantar vittoria.

L’avvocato di Mr. Sterling – che dai sondaggi risulta, attualmente, l’uomo più odiato d’America – ha infatti dichiarato ad ESPN che il suo cliente non ha ancora firmato alcun atto di vendita, perché non ha alcuna intenzione di vendere.
Nondimeno la situazione è leggermente più complicata di così e rischia di mandare i piani del buon Donald a farsi benedire.
Infatti il 3 Giugno si terrà una riunione del Board of Governors della NBA (banalmente una riunione dei 30 proprietari), presieduta da Silver, durante la quale verrà richiesto agli stessi il consenso per procedere con le accuse ai danni di Sterling. Se il Commissioner dovesse riuscire ad ottenere il quorum deliberativo dei 3/4 della ownership, verrebbe terminato ogni interesse di Sterling sulla franchigia di sua proprietà.
Proprio per questo la signora Shelly, moglie dello Sterling e titolare del 50% della franchigia, sta spingendo per raggiungere un accordo di vendita prima del fatidico 3 Giugno, ma senza successo vista la cocciutaggine del marito, che si dichiara pronto a contrastare ogni tentativo della lega di forzare la vendita.

Nel frattempo Ballmer gongola, visto che Geffen si è ritirato dall’asta a seguito della sua proposta indecente, la quale rimane (praticamente) l’unica sul tavolo e la seconda più alta nella storia dello sport professionistico americano, piazzandosi dietro solo ai 2.1 miliardi sborsati dalla cordata di investitori (fra cui anche Magic Johnson, pomo della discordia nell’affaire Sterling) che nel 2012 acquisì, sempre a Los Angeles, i Dodgers.

Oltretutto se Steve Ballmer dovesse aggiudicarsi l’asta, realizzerebbe un obiettivo inseguito già tempo fa, non essendo questa la prima volta che il magnate da Detroit avanza un’offerta per l’acquisizione di una franchigià NBA.
Faceva parte, invero, di quel gruppo che lo scorso anno tentò di rilevare i Sacramento Kings con l’intento di spostare la squadra a Seattle, motivo per il quale l’affare non andò in porto venendo bloccato dalla lega.
A questo giro, però, Ballmer sembra non intenzionato a ripetere lo stesso errore e al Wall Street Journal ha dichiarato che se dovesse ottenere i Clippers, non tenterebbe assolutamente di spostare la franchigia da Los Angeles a Seattle, perché – parole sue – «would be value destructive».

E poi, diciamoci la verità, un ex-Microsoft con una squadra a Seattle c’è già (Paul Allen ndr) e a uno come Ballmer piace arrivare primo, non secondo.

 

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