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playoffs 2014

Top & Flop: Indiana-Atlanta, il pagellone della serie

L’intossicazione da Playoffs è la malattia più diffusa tra gli appassionati Nba. Estranea al dolore, si distingue dalle altre perchè abbinata a un incredibile senso di piacere. I brividi si manifestano con una certa frequenza tra aprile e giugno, poi purtroppo passa tutto. Continueranno a soffrire di questo meraviglioso virus i tifosi degli Indiana Pacers, freschi di successo su Atlanta ma già carichi per ospitare i Washington Wizards. Prima di catapultarci su ciò che sarà, chiudiamo il cerchio riassumendo ciò che è stato. E’ tempo di bilanci: sotto con il pagellone della serie.

INDIANA PACERS

ROY HIBBERT: 5. In Gara 7 ha acceso la torcia. Le tenebre avevano infestato la sua mente facendogli perdere sicurezza, ma proprio quando il sipario stava per calare lui ha risposto presente. L’impressione, fondata, è che ancora debba ritrovarsi al cento per cento. Vogel è disposto, o se vogliamo obbligato, ad aspettarlo ancora considerata la mancanza di alternative di livello. All’orizzonte si affaccia Gortat (cliente ostico) e con Bynum fermo ai box lo slogan continua ad essere “Roy is our boy”. In attesa dell’esplosione, ci accontentiamo di ciò che passa il convento. BIRICHINO

DAVID WEST: 7,5. Chapeau. Un giocatore così incute timore per tre motivi: perchè pesa un quintale, perchè è cattivo, perchè è forte. Abbiamo trascurato altre doti come la freddezza e l’esperienza, calate alla stregua di una coppia d’assi per esaurire le fiches degli Atlanta Hawks. Sa sempre cosa fare, da buon segugio usa i primi minuti di partita per fiutare la situazione e ritagliarsi un compito. Servono punti? Lui segna. Servono rimbalzi? Lui li cattura. Servono tecnici per scuotere i compagni e trasmettere grinta? Lui li prende. Basta chiedere. CERTEZZA

PAUL GEORGE: 8,5. E’ più affezionato lui al numero 24 che un labrador al suo osso. Non lo molla. A 24 anni e con il 24 stampato sulla schiena, sta viaggiando a 24 punti di media in questa edizione dei Playoffs. L’unico aggettivo per descrivere la sua parabola ascendente è spaventosa. Migliora costantemente, è maturo, si assume responsabilità manco fosse il veterano della ciurma. L’anno scorso, con quella schiacciatona inchiodata a Miami sotto gli occhi di LeBron, aveva servito l’antipasto. Adesso sta preparando la torta, e chissà se a giugno riuscirà nell’impresa di appoggiarci la ciliegina. STAR

LANCE STEPHENSON: 7. Esistesse un font per catalogare la calligrafia del suo cervello, il risultato sarebbe “geroglifico”. Non potrai mai capirlo fino in fondo. Quando lo ringrazi per aver segnato 8 punti in un minuto, lui ti risponde “prego” perdendo 3 palloni in trenta secondi. E’ il Cassano del parquet, è una bomba ad orologeria pronta a scoppiare se qualcosa gira storto, ma fondamentalmente è un genio come pochi se ne trovano in circolazione. In Gara 6 e Gara 7 ha dettato legge, facendosi rispettare sotto i tabelloni e bruciando la retina. READY

GEORGE HILL: 6. Volevo dargli cinque e mezzo, sono sincero. Nutro una stima incondizionata nei confronti di questo fedele scudiero, ma nelle sette puntate della telenovela contro Atlanta è stato moscio. Può fare di più, può rovinare i piani degli avversari con la sua difesa asfissiante, può entrare con più personalità nel vivo del gioco. Da buon camaleonte tende a mimetizzarsi diventando trasparente, ma nonostante tutto nei finali di partita è stato in grado di regalarci qualche guizzo. Arginare Wall sarà dura. Non lo invidio, ma ci stupirà. DIESEL

LUIS SCOLA: 6,5. Da mattatore a esiliato. Il crollo verticale del minutaggio del professore argentino rappresenta uno dei misteri della serie appena consegnata agli annali. Fino a Gara 3 ha incantato, facendo irruzione dalla panchina e sfoderando il suo proverbiale tiro dalla media. Poi Vogel lo ha accartocciato come un A4 qualsiasi, gli ha regalato il biglietto e lo ha trasformato in spettatore non pagante. Uno così non si scoraggia di certo, ne ha viste troppe in carriera per gettare la spugna. Ma con gli Wizards sarebbe sacrosanto tornare ad ammirarlo un po’ di più. USATO SICURO

CJ WATSON: 6,5. Organizzassimo domani una partitella tra amici, mi scannerei per prenderlo. Non si lamenta mai, non ti delude mai, tiene attaccata la spina sempre. Gli addetti ai lavori lo sottovalutano, escludendolo dagli highlights e relegandolo ai margini delle analisi tattiche. Coach Frank invece lo coccola, e senza stravolgere le gerarchie lo tiene caldo con l’obiettivo di farlo sfogare al momento giusto. SOLDATO

FRANK VOGEL: 6. Quando lo spogliatoio sembrava essergli scappato di mano, è riuscito a salvarsi in calcio d’angolo. Il suo gruppo è oggetto di speculazioni mediatiche un giorno sì e l’altro pure, ma ormai ci ha fatto il callo. Litigi, musi lunghi, cene con i capoccia seduti ai piani alti: si è parlato di tutto. Ha ingoiato decine di rospi, ma ha avuto la pecca di dimostrarsi riluttante al cambiamento. Per insistere su Hibbert serviva coraggio, e lui non si è tirato indietro. La sufficienza sarebbe pronta a fare largo a un dieci qualora il lunatico giamaicano tornasse l’ariete di novembre. AMANTE DEL BRIVIDO

https://www.youtube.com/watch?v=fS1S7Iyjseg

ATLANTA HAWKS

PERO ANTIC: 4,5. Il suo è un torpore infinito. E’ simpatico, lo sentiamo vicino per le sue radici europee, ma dopo il fuoco di paglia in Gara 1 depone le armi e diventa un agnellino. A rimbalzo è quasi una presenza scomoda, occupa spazio e costringe Millsap alle capriole pur di portare giù qualche arancia. Il tiro da 3 gli si rivolta contro, e la tendenza non si inverte neanche quando in mano gli capita il match-point. SGONFIO

PAUL MILLSAP: 7. E’ superlativo. In Georgia gli stavano costruendo una statua, ma lo 0-9 al tiro del primo tempo di Gara 7 ha convinto qualcuno a distruggerla a picconate. E’ venuto a mancare proprio nel momento decisivo, recuperando parzialmente negli ultimi due quarti. Un ritardo inaccettabile: la sua assenza è coincisa con il solco scavato da George e compagni. PECCATO

KYLE KORVER: 6,5. Sembra uno di quei cannoni spara-palle che popolano i Luna Park. E’ tarato per colpire, per produrre canestri pesanti e portare fieno in cascina. Completa spesso e volentieri giochi da quattro punti, giusto per non darsi limiti. Le sue qualità di cecchino si compensano (in negativo) con una intermittente fase difensiva. La ruggine di alcuni soci in maglia rossa lo ostacola nel tentativo di eliminare i campioni della Eastern Conference. SCATENATO

JEFF TEAGUE: 7. E’ un’anguilla. Pensi di averlo preso e lui scappa, si infila in fessure improponibili e sfida in penetrazione colossi alti il doppio. In Gara 7 si becca quattro stoppate, ma lui non demorde ed entra, entra, entra. Testardo come pochi, lo ricorderemo per averci coperto di emozioni. In cima al podio una tripla impossibile e le successive spallucce, della serie “spacconi sì, ma al punto giusto”. INVERTEBRATO

MIKE BUDENHOLZER: 7,5. Nel rapporto risorse a disposizione-risultato ottenuto, domina il duello a distanza con Frank Vogel. L’allievo di Pop si presenta come testa di serie numero 8, e mentre gli esperti lo danno per spacciato lui si esalta. Ordina ai suoi di tirare da fuori, stronca Hibbert costringendolo ad allontanarsi dall’area e fabbrica motivazioni da iniettare all’ambiente. Sul piano tattico e psicologico, un grande coach. Per essere un rookie con l’etichetta di assistente passato di grado, davvero niente male. BRAVO

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