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New York Knicks

George Karl: “Anthony non ha ancora capito cosa vuol dire essere il miglior giocatore di una squadra”

Con l’ennesima sconfitta patita ieri sera sul campo dei Chicago Bulls (final score 109-90 per i tori), il traguardo della postseason sembra allontanarsi sempre di più per i New York Knicks di Carmelo Anthony, scivolati all’11° posto della classifica della Eastern Conference e in serie negativa da 6 partite; nonostante le responsabilità per quest’annata a dir poco deludente siano forse equamente divisibili tra tutti i membri del roster di coach Woodson, però sarà purtroppo Melo a portarne da solo il fardello visto il suo ruolo da superstar all’interno della squadra.

Ed è proprio riguardo a questo ruolo e alle responsabilità connesse che si riferiscono le ultime dichiarazioni su Anthony rilasciate dall’ex-coach dei Denver Nuggets, George Karl, il quale ritiene che Melo non abbia ancora capito le responsabilità collegate al ruolo di miglior giocatore di una franchigia:

“Non c’è dubbio che voglia vincere e il suo Q.I. cestistico è decisamente buono “– ha detto Karl – “Vuole sempre pensare da coach, ma quello che non riesce a fare è venirci a patti. Io credo che Melo rispettasse me così come credo che rispetti Mike Woodson. Ma non credo invece che abbia ancora capito che allenarsi con la massima intensità ogni singolo giorno è la cosa più importante quando sei il miglior giocatore di una squadra. Non è la stessa cosa di giocare al massimo in partita. Quello che ti fa diventare un giocatore completo è anche concentrarsi al 100% sulle piccole cose. I giocatori che lo fanno sono rari. Kevin Garnett ad esempio, oppure Michael Jordan. LeBron invece non ha sempre avuto questa qualità, ma adesso ce l’ha.”

Dopo avere descritto le qualità, a suo avviso, indispensabili per un giocatore completo che sia anche un vincente, Karl rincara la dose criticando apertamente lo scarso approccio di Melo sotto questo aspetto:

“Sotto il profilo della concentrazione e dell’attitudine al lavoro, Melo non è un giocatore da A, ma al massimo da B-. Il suo approccio è: ‘abbiamo lavorato duramente oggi, magari domani posso riposarmi’. Ecco perché ha bisogno di un giocatore che faccia da ponte tra lui e il coach”.

E proprio in riferimento a questo, Karl elogia l’impatto avuto da Chauncey Billups nel “portare quella mentalità da campione che a Denver mancava”, durante la playoff run del 2009 che vide i Nuggets, allora con Anthony in ala piccola, giocarsi le Finali di Conference contro i Los Angeles Lakers di Kobe e Pau Gasol.

È dunque veramente il poco approccio al lavoro il vero problema di Anthony? Per quanto possano essere vere le dichiarazioni di Karl, che lo conosce indubbiamente meglio di chi scrive, l’annata attuale sta restituendo comunque l’immagine di un giocatore disposto a sacrificarsi per i compagni e capace di prendere la squadra sulle spalle nei momenti del bisogno. Il vero quesito che ci si potrebbe invece porre è se un Anthony, ormai giunto al suo prime, capisca di poter riuscire a  limare i propri difetti tecnici andando a inserirsi in un contesto di gioco strutturato, cosa che i Knicks evidentemente non sono, con il dichiarato obiettivo di raggiungere l’anello NBA. Possibile allora che cambi aria (considerati anche i suoi non infrequenti mal di pancia)? Alla luce di una stagione del genere , non c’è nulla di scontato e la prossima estate di New York potrebbe rivelarsi davvero molto calda.

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