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NCAA Conference Watch: Big 12

Eccoci già alla quinta delle sette tappe all’interno delle maggiori conference del college basket (cliccate sui link per vedere come si arriva al torneo NCAA e le analisi riguardanti la AAC, la ACC, la Big East e la Big Ten): questa volta andiamo a vedere la Big 12, probabilmente la conference più profonda della Division I insieme alla Big Ten, nonché casa di ben tre prospetti da top 5 del prossimo Draft NBA, hai detto niente.

  • Dopo un paio di sconfitte in più del previsto, ma comprensibili visto il difficilissimo calendario di non-conference, e ottimi inizi di stagione da parte delle dirette avversarie, non erano in pochi a saltare già giù dal carro di #6 Kansas (16-4, 7-0), pronosticando un passaggio di scettro della Big 12 dopo 9 anni di dominio Jayhawks con Bill Self in panchina. Quando una conference è ormai il tuo giardino di casa però agli altri tocca accontentarsi delle briciole e, dopo la sconfitta in casa contro San Diego St. nell’ultima partita di non conference, nona sconfitta casalinga in altrettanti anni di Self a Kansas, i Jayhawks hanno ritrovato subito la quadratura del cerchio con 7 vittorie in altrettante partite di conference, peraltro contro tutte le migliori squadre della Big 12.

    Self si è trovato all’inizio dell’anno a dover allenare una squadra particolarmente giovane, ma straripante di talento, con Wiggins ed Embiid che potrebbero/dovrebbero tranquillamente andare alla n. 1 e 2 del prossimo draft, con il secondo attualmente favorito sul primo per la chiamata più alta. Se però il talento è indiscutibile d’altra parte è anche vero che il gioco nelle singole partite è un altro discorso e all’inizio non tutto sembrava rose e fiori per i Jayhawks: Wiggins oltre ad ottimi sprazzi ha anche avuto diverse partite inconsistenti in fase offensiva, Embiid non ha messo tutto il suo potenziale a servizio della squadra fino a qualche partita fa ed è stato spesso limitato dai falli e, andando oltre ai soli freshman, giocatori come Tharpe si sono inizialmente spesso rivelati non ancora pronti a guidare l’attacco di una squadra da titolo, con tra le altre cose innumerevoli palle perse costate care, come ad esempio nella sconfitta subita contro Florida. Queste squadre sono quelle che hanno più bisogno di tempo per migliorare, ma anche quelle con i margini maggiori, come dimostrato appunto nelle prime gare di conference. La difesa ha incominciato a dare i suoi frutti, con eccellenti prestazioni in particolare contro Kansas St. e nel primo tempo della partita contro Oklahoma State.

    Dopo l’espulsione contro Kansas St. Embiid ha incominciato a dominare in pitturato, dove è proprietario di piedi raramente visti per un giocatore di quell’altezza e posizione, mettendo a referto tra le altre una doppia doppia con 8 stoppate nella vittoria contro Oklahoma State. Wiggins è già uno dei migliori difensori della nazione e ha lampi di onnipotenza, in particolare ora sta attraversando il periodo migliore della sua breve carriera collegiale, avendo migliorato in due partite consecutive il suo career high per punti: 27 contro TCU prima dei 29 nell’ultima partita contro Iowa State. Da sottolineare anche come l’attacco organizzato da Bill Self non aiuti il giovane talento, tendendo a non chiamare pick n roll e isolamenti, causando così spesso un congestionamento dell’area con i difensori dei giocatori interni e quindi portando a conclusioni più complicate per Wiggins. Importanti contributi arrivano anche dal mismatch vivente Perry Ellis, da un Tharpe che migliora di giorno in giorno, fino ai 12 assist con un solo turnover registrati contro Iowa State, e aiuti stanno iniziando ad arrivare, dalla panchina, da parte di Tarik Black e Jamari Traylor, due giocatori fino a poco tempo fa buoni solo per far falli. Sky’s the limit per questa squadra, che quando gioca al suo meglio è già tra le primissime di tutto il college basket, sarà difficile scommettere contro di loro a marzo.

  • Marcus Smart, leader dei Cowboys (fullscalesports.com)

    La rivale più realistica dei Jayhawks sembrava, e nonostante tutto sembra essere tuttora, #8 Oklahoma State (16-4, 4-3), squadra guidata da Marcus Smart, uno dei giocatori più esaltanti del panorama collegiale che insieme a Markel Brown forma uno dei backcourt migliori a livello offensivo, difensivo nonchè atletico di tutta la nazione. Smart è giocatore particolarmente fisico ed efficace in penetrazione mentre ancora non affidabile col suo tiro che sembrava essere arrivato ad inizio anno, vedasi la prima partita contro Memphis, ma è poi costantemente calato, fino allo 0-6 da tre contro Kansas e il 3-11 contro Oklahoma, posto che Brown e Phil Forte solitamente coprono senza troppi problemi questa lacuna. Escludendo il jumpshot in molti altri aspetti del gioco Smart è però già oggi un buon giocatore NBA ed è probabilmente il giocatore collegiale che più di tutti vorrei nella mia squadra negli ultimi 3 minuti di partita. La difesa di squadra è ottima e passi in avanti si sono visti da Le’Bryan Nash che finalmente gioca più in avvicinamento al ferro e non è più così innamorato del suo jump shot, che limitava il suo potenziale offensivo. Una brutta tegola è però arrivata con l’infortunio di Cobbins, uno dei pochi giocatori interni dei Cowboys, zona del campo dove si concentrano le maggiori preoccupazioni per la squadra di Ford, si vedano i 17 rimbalzi conquistati da Spangler nell’ultima partita persa contro i rivali di Oklahoma. Oltre a ciò nelle ultime due uscite ha incominciato a fare capolino, anche proprio per la mancanza di giocatori interni, un problema di falli per i Cowboys, con Smart che si è sostanzialmente auto-eliminato dalla partita contro West Virginia (con tanto di scuse postume ai compagni su Twitter) ed stato seguito nel cattivo esempio da Le’Bryan Nash nella partita contro Oklahoma. Il potenziale per far molto bene c’è, ma potrebbe essere una squadra da uscita anticipata al torneo.

  • Tra le diverse squadre in difficoltà nelle ultime partite stupisce poco Baylor (13-7, 1-6), nota per ottime partenze che vanno poi tendenzialmente a spegnersi col salire dell’intensità delle partite, sebbene ora sembri essersi lasciata andare oltre ogni negativo pronostico con sei sconfitte consecutive. In difesa la squadra concede troppo, impressiona poi l’incapacità di un efficacia difensiva in transizione e in pitturato dove l’atletismo e la fisicità dei giocatori dovrebbe dare decisamente più frutto, mentre invece vengono concesse facili giocate in pitturato a chiunque. Isiah Austin sta cercando maggiormente conclusioni vicino al ferro e meno tiri dalla distanza, ma la consistenza è ancora altalenante. Le palle perse sono un altro problema sorto in queste prime partite di conference, dove i Bears sono ora nelle retrovie con un record di una vittoria e sei sconfitte. Ora i Bears sono attesi da tre partite contro squadre del ranking a partire da una trasferta contro Oklahoma St: le opportunità per rimettere in piedi la situazione ci sono, ma al momento queste tre partite sembrano più probabilmente i tre chiodi finali sulla bara delle speranze di torneo di Baylor.
  • Altra squadra in un momento non facile è #16 Iowa State (15-4, 3-4) che può contare su uno dei migliori giocatori della nazione in DeAndre Kane, ma il cui attacco ha incominciato a dare meno frutti nelle ultime partite, con Kane che ha viaggiato a 5 palle perse di media nella strisca di tre sconfitte consecutive precedente alla vittoria contro K-State e la coppia Thomas-Long che ha tirato con percentuali molto basse. Proprio il freshman Thomas ha ritrovato la propria verve al tiro contro Kansas State, aiutando i Cyclones a tornare alla vittoria. L’ iniziale striscia di 14 vittorie consecutive era probabilmente anche frutto di una schedule che presentava tutte le partite più difficili tra le mura amiche dell’Hilton Coliseum, dove il fattore campo si sente eccome. I Cyclones rimangono tuttavia un’ ottima squadra ad alto ritmo, limitata a livello di centimetri, ma che riuscendo ad imporre il proprio stile di gioco e con una ritrovata consistenza in attacco potrà fare molto meglio del record di conference attuale, sebbene sembri, a chi scrive, squadra al massimo da Sweet Sixteen.
  • Nella top 25 nazionale troviamo altre due squadre della Big 12: La prima è #23 Oklahoma (17-4, 6-2), squadra che punta principalmente sul proprio attacco, giocando ad alti ritmi con 4 guardie in campo, colpendo da 3 ed essendo nonostante tutto anche solida a rimbalzo con Ryan Spangler che è l’unica presenza interna ma anche il miglior rimbalzista della conference. Dopo la sconfitta in casa di K-State con vittoria di questi ultimi, che hanno tenuto i Sooners al 33% dal campo, evidenziando la necessità di un maggior contributo da parte di alcuni giocatori qualora i tiri inizino a non entrare con la costanza sperata, in particolare da parte del senior Cameron Clark, i Sooners hanno poi inanellato 4 vittorie consecutive, compresa la convincente vittoria nel derby con Oklahoma State. La difesa non è certo un punto forte della squadra, ma vista la giovane età media sarà un gruppo da tenere in alta considerazione nei prossimi due anni ancor più che in questa stagione. La seconda è #25 Texas (16-4, 5-2), una delle sorprese di questa stagione: Rick Barnes dopo la pessima campagna 2012/2013 era considerato uno degli head coach più a rischio di perdere il posto, anche per il deficitario lavoro a livello di recruiting locale, ma il record di Texas e le tre vittorie consecutive contro squadre (allora) appartenenti al ranking nel giro di 7 giorni (Iowa St, K-State e Baylor le vittime nell’ordine) hanno portato alla ribalta i Longhorns, che esprimono un bel basket di squadra, sono talentuosi e molto atletici. Cameron Ridley è molto migliorato rispetto alla sua bolsa versione da freshman, Johnathan Holmes è salito di colpi con l’inizio della conference e il freshman Isaiah Taylor è il terzo realizzatore tra i freshman della Big 12 e forma un dinamico duo di giovani guardie con il sophomore Javan Felix. Sostanzialmente Texas rimane una squadra che andrà dove la porteranno le proprie guardie e la verve offensiva di Holmes, ma già essere tornati squadra da torneo non è poco considerando le aspettative iniziali.

  • Kansas State (15-6, 5-3) è una squadra ottima difensivamente e che può contare sull’apporto di uno dei migliori freshman di cui in troppi tendono a dimenticarsi, ovvero Marcus Foster, giocatore che da il proprio contributo su entrambi i lati del campo e ha un futuro NBA davanti a sé. I problemi però stanno in un attacco che tira molto male e in un frontcourt deficitario a livello di centimetri, con Thomas Gipson che è giocatore energico ed efficiente, ma maledettamente piccolo nonché passatore dal post pressochè nullo. Il facile calendario di non-conference (con peraltro tre, brutte, sconfitte nelle prime 5 gare) non aiutano i Wildcats, la cui partecipazione al torneo sarà probabilmente dubbia fino al selection sunday.

Prossimo appuntamento con il sole della California e la Pac 12 di Arizona e UCLA

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