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San Antonio Spurs

Popovich passa lo scettro.

Se Tony Parker è quello che vedete questa stagione non è solo merito delle buone qualità cestistiche del francese. Tutto è iniziato nella offseason, quando quel baobab d’uomo di Gregg Popovich è andato a trovare il suo giocatore portando con se non solo la sua pacata serietà, ma anche una sfida.

Mi ha semplicemente detto: ‘Timmy (Duncan) e Manu (Ginobili) stanno invecchiando, e ora è il tuo turno. Devi metterti la squadra sulle spalle e trascinarla sera dopo sera. Devi giocare al massimo ogni partita, diventare costante” ha ammesso Parker a USA TODAY “mi ha spiegato la differenza tra l’essere un buon giocatore e un gran giocatore. Ovvero che i buoni giocatori fanno una singola grande stagione, mentre i secondi realizzano ben più di una grande stagione” “Questo significa che in me vede davvero un grande giocatore, e questo suo rispetto ha fatto crescere la mia voglia di scendere in campo ed impegnarmi al massimo per non deluderlo“. La sua importanza è cresciuta a dismisura quando, vista la mancanza di Tim Duncan (che ha giocato solo due partite dal 22 gennaio ad oggi), ha condotto gli Spurs al miglior record della lega (43-12) grazie a9 incredibili vittorie nelle ultime 10 partite.

Parker, di anni trenta, tende a precisare quanto sia comunque importante il ruolo di Duncan (che viaggia a quasi due stoppate per partita), sostenendo quanto sia incredibile il suo modo di giocare all’età di trentasei anni. Ma ormai gli Spurs sembrano essere passati in mano al loro Play, che sta conducendo una stagione da 20.8 punti, 7.6 assists tirando col 53% dal campo (quasi 40% da dietro l’arco dei tre punti. “È proprio vero quando si dice che è all’eta di 28, 32 anni che si gioca il proprio miglior basket; perchè fisicamente stai bene, sei veloce e in più hai dalla tua parte un sacco di esperienza“. “Sento che è arrivato finalmente il momento di mostrare cosa posso fare e caricarmi la squadra sulle spalle“. Il francese ha chiuso dicendo di voler vincere un trofeo con la sua nazionale prima di ritirarsi dal palcoscenico della pallacanestro.

Pensare ora che Parker sia stato scelto al draft 2001 (a soli 19 anni) solo con la chiamata numero 28, è una cosa che fa rabbrividire. Ma dietro alla sua crescita, resta quel gastronomo di Coach Pop: “Appena Tony arrivò da noi fui davvero spietato. Volevo vedere fin da subito se fosse subito in grado di tenere il ritmo o no. Così decisi di metterlo subito a friggere per vedere se si sarebbe sciolto oppure se sarebbe riuscito ad uscirne rafforzato“. Alla fine ha vinto Tony. Anzi, hanno vinto entrambi e continuano a farlo. Seppure ogni stagione si parli degli Spurs come una squadra ormai decadente, sembra che a Pop non dispiaccia quel detto che dice “Gallina vecchia fa buon brodo”. I misteri di questa dinastia li dobbiamo solo a lui.

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