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New Orleans Pelicans

Perchè Monty Williams non va bene alla guida degli Hornets

We have reached the boiling point, direbbero i tifosi degli Hornets. Il bilancio parla chiaro: sei vittorie e ventidue sconfitte nel giro di due mesi. Monty Williams, alla terza stagione sulla panchina degli Hornets riconferma quel trend negativo della scorsa annata che la città del Jazz contava di lasciarsi alle spalle con il mercato estivo e un draft particolarmente florido. Niente da fare.
A New Orleans sono arrivati al punto di ebollizione. Quando si è talmente saturi  che viene solo voglia di trovare un capro espiatorio e dare a lui la colpa di tutti i fallimenti. La persona che più si avvicina a questa figura è Monty Williams.

Ok, si sapeva che questa sarebbe stata una stagione di prova” per una squadra costruita sul futuro, ma la maggior parte delle decisioni di Williams sembrano opporsi all’ agenda di work in progress. La maggioranza dei veterani( vedi Ariza, Jack e Okafor) hanno lasciato New Orleans, rimpiazzati dal sopracitato Davis e dai rookies Ausin Rivers( figlio d’arte del coach dei Celtics DOC ) e  Roberts. Alcuni giocatori invece (vedi Aminu, Lopez e Vasquez) sono finiti a ricoprire ruoli al di sopra del loro effettivo potenziale. Se a questo aggiungiamo la saga di infortuni di Eric Gordon, i presupposti per una stagione non proprio incoraggiante c’erano in partenza.

Ma dove ha toppato l’ex-assistente allenatore dei Blazers? È giusto accusare Williams di aver dato un impronta di basket sostanzialmente povera agli Hornets?

Cerchiamo di rispondere alle domande evidenziando qualche punto di riflessione.

IL MARCHIO DI FABBRICA

Tra tifosi, coach e giocatori NBA, Williams è riconosciuto come idealista della difesa. Infatti nel suo primo periodo alla guida degli Hornets, la squadra era nella top 15 delle migliori difese NBA. Oro puro rispetto al ventinovesimo posto di quest’anno. Per rendere  l’idea di come la difesa sia stata un fiasco totale, prenderemo in considerazione tre fattori.

1)      percentuale dal campo delle squadre avversarie: 51.6% (30°) Nella propria metà campo gli Hornets concedono di tutto e di più, contro di loro gli avversari hanno il più alto livello di precisione al tiro che con qualunque altra squadra NBA. Una buona difesa dovrebbe contenere la percentuale al campo intorno al 40%.

2)      Palle perse concesse: 12.87 (25°) Per rimediare ad una pessima difesa, si tenta di indurre gli avversari a perder palla. Sfortunatamente, gli Hornets creano davvero poche situazioni di gioco in cui possono generare una stoppata o una facile conclusione in contropiede

3)      Rimbalzi offensivi concessi: 27.41 (20°) Meglio rispetto alle precedenti categorie, ma resta un dato poco confortante. Perché comunque relega gli Hornets al ventesimo posto nella fascia bassa della classifica e numerose sconfitte sono arrivate a causa dei rimbalzi offensivi regalati che hanno esteso il possesso in attacco, una, due, a volte anche dieci volte.

Il calo è avvenuto per due motivi principali: la partenza di due specialisti del settore come Okafor e Ariza e una scarsa esperienza di fondo da parte dei rookies e dei nuovi arrivati( Anthony a parte).

 

LE ROTAZIONI

Altro tasto dolente sono i cambi. La lineup iniziale comprendeva: Vasquez, Rivers, Aminu, Davis e Lopez.  Questo quintetto è stato composto in prima battuta ,quando gli Hornets chudevano la prima fase di novembre con un record di 3-2
Da quel momento e dopo un’infinità di sconfitte, Williams ha sperimentato un numero di formazioni così alto che il concetto di giocatori punta è andato in fumo. Il continuo ricambio ha avuto inizio dalle ali. Xavier e Miller al posto di Aminu e Roger Mason e Lance Thomas rispolverati nelle ultimi uscite per dare fiato a Austin Rivers. Un gran bel casino. Perchè la prima cosa per una squadra giovane sarebbe mettere in ordine le gerarchie, stabilire chi sono i giocatori chiave e chi i comprimari e da qui costruire una base per il futuro. Ma la situazione in casa Hornets sembra opaca, un po’ come le idee di Williams.

RYAN ANDERSON: CHE SOPRESA!

L’ala grande degli Hornets, arrivato a luglio da Orlando, sta disputando la migliore stagione in carriera. Forse una dalle operazioni meglio riuscite dello staff di New Orleans. Anderson vanta un campionario di movimenti che gli consentono di tirare da fuori, come giocarsela spalle a canestro( vista la stazza di 2.08m). Da segnalare i 34 punti rifilati ai Suns, con otto triple e una partita  giocata da vero trascinatore, ma persa all’overtime. Al momento sta viaggiando a circa 18 punti e 7 rimbalzi di media ed è partito come starter solo in 17 occasioni su 28 partite. Numeri che( forse bestemmierò)dopo essersi aggiudicato il most improved player ai Magic, adesso lo mettono anche  in lizza per il premio di sesto uomo dell’anno. Uno spiraglio di luce nel buio pesto che è lo scenario degli Hornets. E probabilmente l’unica scommessa vinta da Monty Willliams.

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