Spunti di interesse nella partita della notte tra Pelicans e Cavaliers vinta dai primi 100 – 89? Non molti, contando che si tratta di due squadre che, allo stato attuale, ricoprono rispettivamente l’undicesima e la decima posizione della Western e della Eastern Conference. A ben vedere però la partita ha offerto agli appassionati la possibilità di apprezzare una sfida nella sfida tra Anthony Davis ed Anthony Bennett, i numeri uno rispettivamente al Draft 2012 e al Draft 2013, il cui esito era senz’altro scontato. Il centro dei Pelicans, che ieri ha concluso con 30 punti, dopo un anno di assestamento viaggia infatti a 20,4 punti e 10,4 rimbalzi di media in 37 partite, laddove i numeri del canadese in quota Cavs sono da decimo della classe: 2,8 punti, 2,4 rimbalzi di media in soli 10,8 minuti a partita.
Insomma il campionato di Bennett non è stato e continua a non essere all’altezza delle aspettative, anche se si conta la scusante dell’essersi presentato al camp infortunato, cosa che ha obbligato Mike Brown a mettere ai margini il giocatore il cui ruolo è tutt’altro che definito. Così facendo il numero 15 è presto diventato un vero e proprio mistero, oggetto di approfondimenti da parte di commentatori e giornalisti, alcuni dei quali attribuiscono il rendimento alla personalità del povero Anthony che avrebbe una scarsa considerazione di se stesso.
Personalmente mi dispiace, perchè il sorriso sincero e un pò impacciato di Bennett nel corso della prima intervista post Draft con Shane Battier mi aveva conquistato tanto da iniziare a tenere d’occhio con costanza i box score delle partite di Cleveland. Così ho fatto anche questa mattina, solo che anzichè trovare la consueta prestazione alla sventola asciugamenti Sacre ho letto con piacere quel 15 nella casella punti. Il mio augurio è che quel sorriso impacciato col tempo si trasformi in consapevolezza dei propri mezzi e voglia di vincere. In NBA non c’è spazio per deboli di cuore.
Giacomo Bertone
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