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Il business delle arene NBA: Naming rights | Central division

Dallo United Center di Chicago al Fiserv Forum, misuriamo l’impatto di un‘arena su sponsor e business NBA. Tocca alla Central Division

United Center

Prosegue il nostro viaggio in sei puntate tra arene e sponsor NBA.  Il focus si sposta sulla Central Division, dove l’evoluzione in tal senso è recente e dunque assai tangibile.

 

Chicago Bulls

Nell’immaginario collettivo, lo United Center – inaugurato nell’estate 1994 – è inevitabilmente legato alla figura di Michael Jordan e alla dinastia Bulls del secondo Three-peat NBA (1996-1998). La statua in bronzo dedicata a MJ venne svelata pochi mesi dopo l’apertura dell’arena al pubblico, nel mese di novembre. Per capienza l’impianto è ancora oggi il più grande del Nord America. Ha ereditato inoltre dal Chicago Stadium, casa dei Bulls per 27 stagioni, una striscia di “tutto esaurito” protrattasi per oltre un decennio e 610 partite, ancora oggi tra le più lunghe nello sport professionistico statunitense. All’epoca – parliamo del  novembre 2000 – il mancato sold-out che interruppe la continuità fu imputato a diversi fattori, non ultimo la concomitanza con l’appassionante testa a testa elettorale nella corsa alla Casa Bianca tra Al Gore e il futuro inquilino George W. Bush.

L’incremento di prezzo che ha accompagnato la conferma di United Airlines quale title sponsor nel 2014 ha fatto drizzare diverse antenne. Il valore complessivo dell’accordo risulta infatti quasi triplicato rispetto all’intesa originaria datata 1994 (100 milioni di dollari contro i 36 del periodo precedente). Il fermento nel mercato è ormai sotto gli occhi di tutti. Interprellato dal Chicago Business Journal, Jeff Nelson, responsabile analytics di un ente di consulenza attivo nel settore, ha sottolineato più volte la trasversalità di simili partnership. Il vantaggio in termini di marketing non si limita certo alla sola esposizione mediatica del dato brand: “Chicago è la sede di United Airlines, il rinnovo dell’accordo ha avuto senso dal loro punto di vista”.

 

 

Cleveland Cavaliers

La Rocket Mortage Fieldhouse di Cleveland, sede del prossimo All-Star Game NBA, si sta preparando all’evento da oramai due anni e mezzo. Risale infatti all’aprile 2019 l’annuncio del cambio di denominazione della struttura, ciliegina sulla torta di un processo di ammodernamento necessario per rispondere agli standard più moderni di comfort e non solo. L’arena è parte integrante del Gateway Sports and Entertainment Complex, nel cuore downton di Cleveland. Lo snodo polifunzionale ha un indirizzo prettamente sportivo: comprende infatti anche il Progressive Fields, diamante del baseball che ospita le partite casalinghe degli Indians (MLB). Nata sotto l’insegna Gund Arena, dal nome dell’imprenditore Gordon Gund, è rimasta celebre con il nome di Quicken Loans Arena (e relativa abbreviazione, The Q). La variazione  fu effettiva dopo il via libera al passaggio di quote Cavaliers da Gund a Dan Gilbert, nel 2005. I  dettagli finanziari legati al valore dei soli naming rights non sono noti ma va segnalato che la venue che ospita i Cavs ha aperto la strada  delle sponsorizzazioni anticipando, in questo campo, gli altri impianti sportivi cittadini. Tra il 2015 e il 2018, impossibile dimenticarlo, la Quicken Loans Arena ha raggiunto l’apice di ‘popolarità’ ospitando in alternanza con la Oracle Arena di Oakland alcune partite simbolo della rivalità tra Warriors e Cavs alle NBA Finals.

Detroit Pistons

La Little Ceasars Arena, che da questa settimana vanta Kevin Durant come miglior marcatore tra le sue mura, ha avuto un compito piuttosto arduo. Non è banale rimpiazzare dopo oltre trent’anni il Palace of Auburn Hills, teatro di tre titoli NBA e – a margine – di una rissa  raccontata in lungo e  in largo, destinata a fare giurisprudenza nella  storia della lega. La costruzione del nuovo palazzetto, caldeggiata in primo luogo dai Red Wings (NHL), ha contribuito alla riqualificazione di un’area degradata di Motor City. Il costo complessivo del cantiere è stato stimato attorno alla cifra di $860 milioni di dollari. Più di ogni altro fattore, la vicenda dei naming  rights per l’arena è un riflesso sufficientemente chiaro della scarsa considerazione di cui godono i Pistons in tempi recenti. L’impianto ha infatti preso il nome dalla catena Little Ceasar Pizza, uno degli asset in mano alla famiglia Ilich, proprietaria dei qui citati Red Wings. La scelta, abbinata a un logo poco “serio”, non ha incontrato il gradimento – eufemismo – di quei tifosi che avrebbero dovuto popolarne gli spalti. Storpiature e rivisitazioni sono state per un periodo all’ordine del giorno. Esempi documentati  dai fan mostrano gli estremi dell’operazione di marketing. Da un lato chi vedeva nella nuova infrastruttura la sintesi di due passioni, binomio tale da renderla  Paradiso. Dall’altra chi, imbarazzato, aveva azzardato il simpatico appellativo Voldemort Arena spiegando di non volerla citare con la dicitura ufficiale. Comunque sia l’accordo vale all’incirca sette milioni di dollari all’anno. Sette milioni di buoni motivi per digerire anche la pizza più indigesta.

Indiana Pacers

Per Gainbridge, company finanziaria di Indianapolis il settore sportivo è da due anni a questa parte uno dei principali catalizzatori d’investimento. La visibiilità acquisita dal 2019, come title sponsor della celeberrima 500 miglia Indycar, si è rafforzata grazie alla partnership con la venue che ospita le gare casalinghe dei Pacers. Si è trattato di fatto del primo vero e proprio cambio di denominazione per l’arena. Aperta nel 1999 come Conseco Fieldhouse – intesa ventennale per un totale di $40 milioni di dollari – è divenuta dal 2011 Bankers Life FieldHouse, fino a naturale scadenza dell’accordo originario.  Il rinvio al 2024 dell’All-Star Game NBA, inizialmente previsto in città nel 2021, non ha tolto valore alla neonata partnership con Gainbridge. Da tempo sono infatti avviati i lavori di perfezionamento sia all’interno sia all’estreno dell’arena. Il cantiere dovrebbe chiudersi nell’autunno 2022. Nei piani il completamento di un nuovo padiglione d’ingresso e la creazione nella piazza antistante la struttura di una pista da pattinaggio

 

Milwaukee Bucks

Estate 2012, a un anno dal Draft NBA che avrebbe portato in Wisconsin Giannis Antetokounmpo. Il  Bradley Center di Milwaukee allarga la sua insegna e si associa all’istituto di credito BMO Harris. Superata, dopo quattro anni, la resistenza dei figli di Jane Bradley Pettit,  colei che nel 1985, assieme al marito, aveva finanziato la costruzione dell’impianto attraverso una donazione unica da $90 milioni. Nel comunicato che registra l’assenso degli eredi resta inteso tra le righe il legame affettivo:

“Siamo grati per il supporto della comunità, al lavoro per garantire l’accessibilità del Bradley Center. Sosteniamo soluzioni che preservino lo spirito del dono fatto dalla nostra famiglia per la costruzione e che assicurino il successo dei Bucks, squadra NBA della città di Milwaukee.”

Purtroppo, gli obiettivi di cui sopra non sono facilmente conciliabili.  L’accordo commerciale messo nero su bianco ha una valenza duplice: da un lato permette di affrontare, almeno  in parte, i costi di manutenzione ordinaria e straordinaria, dall’altro pone un’ipoteca sul futuro a termine della struttura. L’orizzonte temporale lo fissa di fatto il contratto di naming rights: sei anni. Adam Silver non è ancora commissioner, ma ha già alcuni punti salienti da affrontare in agenda e non ne fa mistero:

Una delle questioni da affrontare è la necessità di una nuova arena a Milwaukee.”

Nel 2014, la proprietà della squadra passa nelle mani di Wes Edens e Marc Lasry per 550 milioni di dollari e la NBA è ferma sulle sue posizioni. La lega si riserva il diritto di riprendere in mano la squadra in assenza di azioni tempestive: il precedente di Seattle agita venti di relocation. Nella primavera 2016 i Bucks annunciano il trasferimento nel nuovissimo Wisconsin Entertainment and Sports Center a partire dal 2018-19. Fiserv, società di servizi finanziaria, subentra a luglio 2018 come title sponsor: verserà circa sei milioni all’anno fino al 2043. Cambio di scenario radicale, a dimostrazione di come l’investimento in infrastrutture all’avanguardia possa cambiare il volto di una franchigia e città assieme. Due dati a supporto: il 2021-2022 dei campioni NBA in carica è anche la prima stagione con pacchetti abbonamento stagionale completamente sold out al Fiserv Forum. La città ha avanzato la propria candidatura in vista della Republican National Convention 2024.

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