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MIP Check #5: I pezzi da novanta

Quinto e penultimo episodio della stagione (trattenete le lacrime), cambia la formula con la presentazione di due candidati al premio invece dei consueti quattro. Ma Montrezl Harrell e Pascal Siakam non sono candidati banali.

Premessa: sappiamo cosa state pensando: “Hanno sempre fatto quattro giocatori, perché proprio in fondo alla stagione diventano pigri e ne tirano fuori solo due?”. La realtà dei fatti è che ci sarebbe piaciuto tanto, tantissimo annoiarvi parlando dei giocatori più hipster a cui possiamo/possiate pensare, qualunque ve ne venga in mente, ma i candidati più o meno realistici per il premio sono quelli che sono. E allora meglio condensare tirando fuori due pezzi da novanta, candidati ben più che legittimi, in attesa dell’ultimo episodio dell’anno, quello di Aprile, con i nostri personalissimi favoriti.

Montrezl Harrell

di Jacopo Gramegna 

Arrivato sulla sponda meno nobile di Los Angeles nel maxi-scambio che ha portato Chris Paul agli Houston Rockets, Montrezl Harrell ha vissuto una prima stagione in maglia Clippers molto intrigante, che gli ha permesso di guadagnarsi un contratto biennale da 12 mln complessivi. Una cifra che rappresentava tanto un ottimo riconoscimento per l’impatto avuto nel corso della sua unica stagione da Clipper, quanto una scommessa low risk-high reward su quella che avrebbe potuto essere la sua crescita all’interno del sistema di Doc Rivers.

La proposta del front-office era arrivata a seguito di un’annata, la scorsa, nella quale il prodotto di Louiville era stato in grado di far registrare cifre interessanti in un minutaggio leggermente inferiore (17 minuti anziché 18.4) rispetto a quello che gli era stato riservato nel suo anno da sophomore con la franchigia texana. Tanto gli 11 punti e 4 rimbalzi (entrambi career-high), quanto il 64% di effective field goal percentage con cui ha chiuso il suo terzo anno nella NBA erano cifre capaci di fotografare il suo ottimo apporto in uscita dalla panchina. Insomma, con il senno di poi quasi appare inspiegabile come, malgrado un’ottima stagione e una firma estiva che dimostravano la volontà della dirigenza capitanata da Jerry West di puntare su di lui, Harrell abbia potuto affacciarsi alla stagione 2018-19 come uno dei segreti meglio celati della NBA: a fari spenti e senza grosse pressioni addosso.

Questa incredibile dose di energia a 6 milioni di dollari annui. Che dite, firmate?

In realtà le ragioni che hanno fatto passare questa autentica steal della dirigenza dei Clippers in sordina, sono interamente legate al sorgere di una domanda costante nelle menti di tutti gli addetti ai lavori: ma se gli venisse riservato uno spazio ancora maggiore sarebbe capace di mantenere questa efficienza o magari il suo contributo verrebbe diluito?

La stagione in corso ha dato una decisa risposta a questi quesiti, tramutandosi di fatto in una vera e propria breakout season per il venticinquenne di Tarboro, North Carolina. Malgrado un minutaggio sensibilmente cresciuto (da quei 17 minuti si è passati ai 26.3 attuali), l’apporto di Harrell non è mutato di una virgola, anzi è cresciuto in maniera perfettamente proporzionale. L’ex Cardinal ha giovato pienamente del ristrutturato sistema di democrazia offensiva creato da Doc Rivers dopo gli addii degli uomini simbolo degli ultimi anni, ritagliandosi un ruolo preminente in uscita dalla panchina. I Clippers dispongono per distacco della miglior second-unit della lega (pensate che segnano 53.1 punti a gara con le riserve, contro i 47.5 di Brooklyn, seconda franchigia in graduatoria) e non è un caso che a guidarla, assieme a Lou Williams, ormai ufficialmente uno dei migliori sesti uomini di sempre, ci sia proprio Harrell che può abbattersi contro i secondi quintetti avversari con la sua debordante quantità di energia.

Ovviamente in questa stagione Harrell ha fatto registrare il suo career-high a livello realizzativo.

In questa stagione l’ex giocatore degli Houston Rockets sta, così, facendo registrare i propri career-high in punti (16.4), assist (1.9), rimbalzi (6.7), stoppate (1.4) e, cosa ancora più interessante, non ha visto calare le statistiche inerenti alla sua efficienza in campo, soprattutto nelle situazioni in avvicinamento al ferro: il tutto senza un innalzamento dello usage, che, invece, è addirittura leggermente in ribasso (da 23.8 a 23.6). Al momento Harrell sta tirando con oltre il 61% di true shooting percentage, un dato perfettamente in linea rispetto alle scorse stagioni ma chiaramente impressionante se si pensa a quanto il suo minutaggio e la sua mole di tiro siano cresciuti: Harrell tira 10.8 volte a notte (chiaramente career-high) ed è anche in grado di procacciarsi il maggior numero di tiri liberi della sua carriera (5 a notte, converiti con il 64%, anche questo career-high). Non dati da sottovalutare se si analizza quanto dispendioso sia il suo gioco.

Una situazione tipica all’interno delle partite di Harrell: rolla al ferro, tiene sigillato l’avversario alle sue spalle e deposita i due punti. Viste le sue dimensioni ridotte, il contatto creato per tenersi dietro il suo avversario è fondamentale per renderlo meno stoppabile.

 

Come vedete, a volte non è neanche così esplosivo: l’importanza di una corretta ricezione e del contatto creato col suo avversario è fondamentale per renderlo il giocatore efficiente che è.

Essendo un giocatore con pregi e difetti piuttosto marcati, Harrell lavora con molta intelligenza per amplificare i propri punti di forza, minimizzando i difetti: il suo enorme tasso di attività e la sua continua capacità di rovistare nella spazzatura nella gara sono il suo modo di rimediare a un’altezza tutt’altro che irresistibile per un lungo (203 cm, alla quale pone parzialmente rimedio con una wingspan di 224 cm) e alla totale mancanza di un jumper credibile.
Il numero 5 dei Clippers è una dinamo in continua attività, il suo segreto sta nell’aggredire la gara sempre in maniera dinamica, quando l’incidenza dei suoi difetti si assottiglia. Per questo nelle clip a lui dedicate lo vedrete sempre rollare fortissimo al ferro, andare a rimbalzo d’attacco con una veemenza incredibile o arrivare sempre a portare un aiuto dal lato debole: in queste situazioni sono la rapidità di esecuzione e la capacità di coprire ampie porzioni di campo a far la differenza più delle dimensioni. In determinate condizioni, Harrell sa essere davvero un giocatore capace di dare spettacolo.

La mobilità laterale e il tempismo in aiuto non mancano, anche se è tutto sommato un rim protector sotto media con una block percentage del 4.2% (che è comunque career high)

 

Senso della posizione, mani forti e tenacia: l’identikit di un ottimo rimbalzista offensivo.

 

…E non dimentichiamoci della sua voracità in contropiede.

Però il prodotto di Louisville non è solo un giocatore di energia: ha dimostrato di poter limare alcuni spigoli del proprio gioco, migliorando il proprio ball handling, implementando un paio di solidi movimenti in post e di partenze dal gomito, diventando un buon passatore tanto in situazioni di short-roll quanto dal post basso e lavorando per migliorare le proprie letture difensive del pick-and-roll. In questa stagione, di fatto, Harrell si è mostrato un ottimo studente del gioco.

I miglioramenti nel ball-handling sono evidentissimi.

 

I suoi assist medi sono raddoppiati (da 1 a 2 a gara) e la sua assist percentage è la più alta della carriera (11.8%).

 

Anche se non fluidissimo, è sicuramente un movimento molto evoluto se si considera quale fosse il suo apporto in post prima di questa stagione.

 

Coinvolto sul pick-and-roll e costretto a cambiare su un attaccante più rapido di lui come LaVine. Harrell è in grado di farsi trovare ben posizionato con i piedi, in maniera tale da indirizzare l’8 dei Bulls contro Gilgeous-Alexander flottato e, così facendo. stringe il campo quel tanto che gli basta per rimontare anche grazie alla sue braccia lunghissime.

Ormai giunti all’ultimo mese di regular season, possiamo tranquillamente affermare che Montrezl Harrell risulta un candidato più che credibile a ben due Award di fine anno in NBA: complice anche la meravigliosa stagione vissuta dai Clippers, il numero 5 losangeleno sembra poter ben figurare sia nella corsa al Sixth Man of the Year che, ovviamente, in quella per il titolo di Most Improved Player. Soprattutto in quest’ultima categoria potrebbe essere un serissimo cadidato a salire sul podio, anche in un’annata piena di giocatori che si sono profondamente migliorati come quella in corso.
A questo punto la domanda da porci è: se anche nella prossima stagione dovesse continuare a migliorare confermandosi come uno dei migliori giocatori in uscita dalla panchina nella NBA, quale sarà il suo valore sul mercato?

Una piccola previsione ci sentiamo di farla: di certo potrà ambire a molto più di 6 milioni annui.

Esiste una gif capace di racchiudere tutti i miglioramenti di Harrell meglio di questa? Chissà quale sarà la gif che fotograferà al meglio i suoi miglioramenti nella prossima stagione. 

 

Pascal Siakam

Di Leonardo Flori

A voler essere onesti, parlare soltanto adesso di Pascal Siakam è un po’ come voler ancora ballare con la musica al massimo la mattina dopo la festa dell’anno.

Che il giocatore camerunense sia una delle più grandi sorprese della stagione 2018/19, uno dei principali candidati al premio di Most Improved Player Of The Year e la seconda opzione offensiva di una delle contender più complete, lo scopriamo ben prima di Marzo inoltrato.

Quello di Siakam però è un caso particolare, un salto che in pochi casi si è verificato in maniera così vertiginosa e che merita tutte le attenzioni del caso; mi perdonerete, allora, se anche a mesi di distanza dalla nascita del fenomeno-Siakam ho ancora voglia di parlare di uno che da rookie, due anni fa, faceva registrare 4.2 punti e 3.4 rimbalzi a partita in 15 minuti di utilizzo, e adesso offre prestazioni del genere:

Che Siakam potesse migliorare esponenzialmente e diventare un giocatore importante nella rotazione era una grande speranza poco nascosta per i Toronto Raptors, che però probabilmente – come tanti tra cui il sottoscritto – fino a 10-12 mesi fa forse vedevano più in rampa di lancio OG Anunoby, giocatore dall’upside probabilmente inferiore ma più giovane e con caratteristiche tecniche più precise e delineate rispetto al #43.

Che il marchio di fabbrica del camerunense fosse la difesa lo avevamo già ampiamente captato: a 206 cm e 104 kg, Siakam ha le dimensioni che meglio si addicono a un giocatore che ha sia la massa muscolare necessaria per stare con giocatori più piazzati che la rapidità di movimenti e piedi per accettare praticamente ogni cambio e restare a contatto anche con giocatori più leggeri e rapidi.

E’ un tipo di difensore particolarmente dinamico, capace sia di andare in aiuto per recuperare palloni che di rendersi un incubo sulle linee di passaggio, grazie a braccia lunghe che lo fanno arrivare ovunque. 

Già durante la scorsa stagione, però, Siakam ha cominciato a dare segnali di un grande salto in arrivo, favorito dal cambio di rotta tecnico imposto da coach Dwane Casey che favoriva molto di più rispetto al passato il movimento di palla e il tiro da 3 punti, tendenza che ha così permesso a Siakam di cominciare definitivamente il proprio sviluppo verso l’archetipo di esterno moderno completo e versatile.

Il prodotto di New Mexico State è passato dalle 0.1 triple tentate a partita nella stagione 2016-17, da rookie, alle 1.6 dello scorso anno fino alle 2.6 di questa stagione, che realizza con il 35%.
Sebbene i passi in avanti siano arrivati anche per quanto riguarda la costruzione di un tiro, con Siakam in grado di colpire anche dal palleggio e in step back nelle serate migliori, la sua vera natura da tiratore è in catch and shoot: tirando da 3 subito dopo aver ricevuto la palla da un compagno, Siakam ha convertito il 37.7% delle conclusioni tentate nel 2018-19, dato impressionante se comparato al 21.9% della scorsa stagione.
Toronto sulla carta è una squadra completa e piena di tiratori, ma la realtà dei fatti è che il rapporto tra le triple tentate di squadra e quelle effettivamente a bersaglio non è tra i migliori della lega (vicino ai Milwaukee Bucks, per intenderci), e sarà quindi fondamentale che i tiratori più affidabili all’interno del roster, tra cui ovviamente Siakam, mantengano questo tipo di successo anche ai playoff.

Quella che però è la vera forza di Siakam, che è stato il suo marchio di fabbrica fin dai tempi del college e che meglio sta riuscendo a portare in NBA durante la stagione dell’esplosione, è la capacità di andare in transizione.

Il sistema che Nick Nurse ha fondato a Toronto ha permesso a Siakam di portare al massimo la sua capacità di correre per il campo, implementata anche dalle numerose partite in cui Kawhi Leonard è stato tenuto a riposo e la prima opzione dell’attacco dei Raptors è diventata proprio lui.

Ha una forza dirompente rispetto ai giocatori più piccoli di lui, che non possono ostacolarlo in transizione, ed è mediamente più veloce di quelli delle sue dimensioni.

La crescita nelle situazioni di isolamento è semplicemente la testimonianza definitiva che siamo di fronte a un giocatore dal potenziale al momento indefinibile, che potrebbe aver solamente grattato la superficie di quelle che saranno le sue possibilità all’interno di una lega che tende sempre di più a premiare caratteristiche simili alle sue.

In questa situazione ha di fronte Bradley Beal, difensore esperto e più rapido di lui, ma mette comunque palla a terra, arriva al ferro spazzando via Beal e infila il tap-in nonostante l’opposizione di un giocatore potente come Bobby Portis.

La stagione dei Toronto Raptors sarà definita quasi esclusivamente dai playoff, che potranno anche tracciare il futuro della franchigia in base a quella che sarà la scelta estiva di Kawhi Leonard. Quel che è certo è che anche se l’ex Spurs abbandonerà il Canada, Masai Ujiri ha già in casa la pietra angolare della rifondazione che verrà.

E noi abbiamo forse il favorito principale al premio di Most Improved Player of the Year.

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