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Nowitzki sul tanking: “Non vogliamo una cultura della resa”

Dirk Nowitzki esprime il proprio disaccordo riguardo alla questione tanking che aveva annunciato il proprietario Mark Cuban

Recentemente il patron dei Dallas Mavericks, Mark Cuban, ha confessato al podcast di Julius Erving che il suo team stava tankandoSuccessivamente multato per $ 600.000 dalla NBA reo di aver rilasciato dichiarazioni dannose alla lega, il proprietario dei Mavs incassa anche il disaccordo dell’uomo franchigia, Dirk Nowitzki.

Il tedesco ha parlato ai microfoni di ESPN dopo la vittoria ottenuta contro gli Indiana Pacers per 109-103:

“Non si può volere una cultura della resa, non si può non giocare duro. Penso che dia un tono sbagliato al nostro futuro. Penso che sia importante per i nostri giovani imparare a competere e competere tutto il tempo giocando con impegno. È l’unico modo per giocare in questa lega e qualsiasi cosa accada dopo la stagione ripartiremo da lì. Ma per ora giochi duramente i tuoi minuti e giochi per vincere.”

La vittoria contro i Pacers va a rompere una serie di quattro risultati negativi per i texani, prima vittoria dopo la multa a Cuban.

Coach Rick Carlisle prima della pausa per l’All-Star Weekend si era dato da fare per aumentare il minutaggio di giocatori giovani dando priorità al loro sviluppo, motivazione che spesso viene viene utilizzata come alternativa al tanking. Sulla scia dei commenti di Cuban, l’allenatore capo dei Mavs ha invertito rotta facendo scendere in campo il suo quintetto standard contro gli Utah Jazz e la notte scorso contro i Pacers.

“Sentivo che era una partita che dovevamo vincere.”

Queste le parole di Carlisle in merito al match ed alla tanto criticata strategia della sconfittaHarrison Barnes, presente e futuro dei Mavericks, si trova d’accordo con le dichiarazioni di Nowitzki:

“Non ci si può abituare alla sconfitta. Ovviamente non puoi evitare le citazioni sul tanking. Siamo stati intervistati su quell’argomento fin da quando è uscito fuori, ma alla fine della giornata da professionista e da giocatore, tu devi andare lì fuori e devi giocare per vincere.

Ogni volta che non giochi per vincere o esegui semplicemente il compitino, rischi che diventi contagioso. Può diventare un’abitudine e può diventare la tua cultura. ‘oh va bene fare così. Oh per noi è ok non dare il massimo’.

Poi la prossima stagione quando serve non riesci a far scattare l’interruttore. È ancora quel malessere dell’anno prima.”

 

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