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Primo Piano

Siete pronti per i Playoff NBA?

Dieci domande per prepararsi al meglio per l’inizio dei Playoff NBA, l’evento sportivo dell’anno.

6. Va bene. Però Cleveland sta avendo un mare di problemi e sembra tentennare. Davvero LeBron James rischia di perdere il settimo ticket consecutivo per le Finals? E soprattutto, chi sono le squadre che possono effettivamente impensierire i Cavs?

Il 2017 di Cleveland non è stato per adesso degno di una squadra campione in carica (che continua ad aggiungere giocatori come figurine: Korver, Williams, Bogut anche se subito fuori per infortunio). Dal 1 gennaio hanno vinto solo 25 partite (tra novembre e dicembre ne avevano vinte ventisei) e perse 24; hanno chiuso con 7-10 il mese di marzo (primo mese perdente della carriera di LeBron), e soprattutto hanno subito 109.8 punti su 100 possessi, peggio hanno fatto solo Denver, Phoenix, Lakers, Sacramento e Orlando.

Il problema è evidentemente nella metà campo difensiva, anche perché con 110.9 punti di efficienza offensiva i Cavs sono uno degli attacchi migliori della NBA ― cosa inevitabile data la presenza di tiratori mortiferi attorno a LeBron James.

Mentre nella metà campo offensiva Cleveland è un rebus impossibile da risolvere per chiunque ― troppe soluzioni, campo troppo aperto, LeBron come sempre incontenibile quando viene lasciato in single coverage ― in quella difensiva la squadra di Lue si squaglia come neve al sole. I Cavs difendono male sia il perimetro, dove concedono il 36.5%, che la restricted area (oltre il 61% concesso), ovvero i due punti nevralgici per gli attacchi avversari. Inoltre sembrano totalmente assenti in materia di collaborazione e comunicazione, non mostrando mai quella voglia di piegarsi sulle gambe che spesso fa la differenza tra vincere e perdere. E anche quando difensivamente le cose sembrano funzionare ― come nella recente partita vinta al Garden contro i Celtics ― gli errori e le disattenzioni restano sempre molte e ingiustificabili. Per di più, ogni volta che LeBron va a sedersi prendono parziali da chiunque (Net Rating di -8.5 senza di lui, il più vicino a lui è Love con -0.8, per intendersi), cosa che lo ha portato ad arrivare a giocarsi questi playoff dopo una regular season massacrante da 37.8 minuti di media a partita.

In molti pensano che una volta iniziati playoff, che vedranno i Cavs sfidare i Pacers nel primo turno, i ragazzi di Lue schiacceranno un bottone e saranno pronti. Forse sarà così. Ma forse per la prima volta negli ultimi anni, una squadra di LeBron James (che ricordiamolo si gioca la serie per l’anello da sei stagioni consecutive) arriva a disputare la post-season con un problema strutturale che gli avversari possono colpire.

7. Va bene, ma allora chi può impensierirli davvero?

Non vorrei che fosse passato il messaggio che i Celtics non hanno neanche una possibilità. Ce l’hanno eccome. Così come potrebbero averla i Washington Wizards, che tornano ai playoff dopo il disastro della scorsa stagione con tanto entusiasmo. La squadra allenata da Scott Brooks ha una delle coppie di guardie più talentuosa della NBA; giocatori versatili che sanno difendere più posizioni, andare a rimbalzo e spaziare il campo; e un centro come Gortat bravo sia a rollare che a fornire blocchi solidi per le scorribande di Wall e Beal.

L’esplosività di John Wall. (e la difesa dei Knicks da emoji-scimmia che si copre gli occhi)

Come Boston però anche loro non sembrano poter impensierire Cleveland su una serie a sette partite, un po’ per la mancanza di alternative (la panchina è cortissima anche se ha trovato nell’aggiunta di Bogdanovic quel cannone in più) un po’ perché anche i Wizards ballano dietro, con un 106.9 di Offensive Rating poco rassicurante. Per di più, come fatto notare anche da Zach Lowe, Washington concede oltre il 42% su triple non contestate, il 46% da dopo la pausa per l’All-Star Game.

Chi invece potrebbe dimostrarsi all’altezza della situazione sono i Toronto Raptors. Recuperati tutti gli infortunati (Patterson, Lowry), integrati i nuovi arrivati (Ibaka, PJ Tucker) Toronto si approccia alla post-season con grande curiosità. Il primo turno con Milwaukee non è certamente dei più facili, ma può essere il banco di prova ideale per testare le ambizioni dei canadesi.

La squadra di Casey quest’anno è partita fortissimo con un attacco (e un DeRozan) leggendario, per poi stabilizzarsi nella seconda parte di stagione ― dove a crescere è stata la difesa, visto il 102.7 di efficienza difensiva la collochi al terzo posto assoluto. In questo i due nuovi arrivati hanno inciso molto, dando versatilità alle scelte difensive, con Tucker già protagonista (con lui in campo subiscono 99.2 punti su 100 possessi, uno dei dati migliori di squadra). Con Patterson ristabilito ― +10.2 di Net Rating e vero uomo barometro ― i Raptors hanno un reparto esterni variegato da mandare contro LeBron e la presenza di Ibaka gli permettere di alternare quintetti grandi ad alcuni più leggeri. Il congolese, oltre a proteggere bene il ferro in difesa, sembra perfetto per giocare nell’attacco di Toronto, necessitando di poca palla in mano e potendo agire sia internamente (post) che aprendosi sul perimetro (dove sta tirando quasi il 40% su oltre quatto tentativi a sera).

Un esempio dell’attacco dei Raptors. Pochi(ssimi) tocchi, palla in mano a DeRozan e Ibaka che spazia il campo colpendo con la tripla.

Casey ha trovato un’altra freccia da aggiungere nel suo attacco destrutturato, dove la circolazione è quasi assente e il pallino ce l’hanno sempre Lowry e DeRozan. Così come saranno pedine importanti i vari Joseph, Powell e Valanciunas. Toronto sembra essere l’unica sufficientemente talentuosa e profonda per poter davvero cambiare la geografia della Eastern Conference. Non dormite sui Raptors.

8. Oppure potrebbero riuscirci gli Indiana Pacers, fiera settima forza della Guerra dei Poveri che è stata la bassa Eastern Conference. Hanno delle chance di eliminare Cleveland, soprattutto con un Paul George in grande spolvero?

No.

9. Parlando di utopie: potranno essere i playoff della redenzione dei Clippers? Riuscirà Chris Paul a raggiungere la sua prima finale di Conference in carriera? Quanto è probabile che Blake Griffin rompa la faccia ad un altro magazziniere e finisca per compromettere un’altra stagione dei suoi? Come sta DOC Rivers? E soprattutto: se tutto andasse male ancora una volta, esiste uno scenario migliore della faglia di Sant’Andreas per i californiani nella prossima estate?

Se esiste una squadra impossibile da inquadrare in questi Playoff NBA sono proprio i Clippers. Voglio dire: si può parlare di loro come una Contender? Si può dire che sono scarsi? Si può dire che sono sani, o che sono uniti o invece è meglio usare la parola disfunzionali? Nessuno li vede come la prima minaccia ad Ovest, non sembrano avere minimamente idea di come fermare gli Warriors e dovranno affrontare un primo turno complicatissimo contro i Jazz. Però i Clippers hanno vinto 51 partite quest’anno, che pochissime non sono (anzi, sono molte, cosa che rende le prestazioni degli ultimi due anni di Golden State e San Antonio ancora più eccezionali); hanno il quarto miglior attacco della Lega, tirano benissimo e giocano insieme da talmente tanto da trovarsi a memoria. E quindi?

Riuscirà Chris Paul a raggiungere la sua prima finale di Conference in carriera?

Onestamente è difficile capire cosa aspettarsi, ma se c’è un momento per dimostrare quanto valgono è proprio questo. Anche perché potrebbe essere l’ultimo. Quattro quinti dello starting-five attuale sarà free agent in estate e i Clippers non hanno modo di poter tenere tutti. Inoltre fallire nuovamente potrebbe voler dire salutare uno tra Chris Paul e Blake Griffin, o tutti e due. Lo stesso Rivers non è così certo rimanga. Insomma la parte meno cool di Los Angeles sembra ad un bivio, con due opzioni molto diverse tra loro: fare bene in questi playoff è l’unica via percorribile per tenere in vita questo progetto, altrimenti sarà demolizione (totale o parziale, andrà visto a luglio).

Nonostante se ne sia parlato a mala pena i Clippers hanno comunque una buonissima squadra. Hanno uno dei migliori rim-protector/runner della NBA in Jordan, un lungo versatile e dominante in Griffin, un difensore formidabile in Mbah a Moute, un tiratore formidabile come JJ Redick e soprattutto una delle point-guard più forti della Lega su entrambe le metà campo. È facile dimenticarsene visto l’exploit stagione di gente come Westbrook e Thomas ma Chris Paul è un giocatore unico, straordinario: è dalle sue (stranissime) mani che passeranno le sorti dei Clippers. Le rotazioni son sempre corte (nonostante uno Speights in più) e il mantra è sempre quello. Ciò che dovrà cambiare sarà l’esito finale, altrimenti di questi forti-non-forti noiosi-non-noiosi (son sempre Lob City) Clippers rimarrà poco o nulla.

 

10. Alcuni giocatori da tenere d’occhio, tra quelli che riempiono la sempre troppo poco stimata categoria de “giocatori da League Pass”? Di chi dobbiamo non perdere neanche una partita?

I giocatori da League Pass si suddividono in diverse categorie. Ci sono quelli che già ad oggi sono affermati ma che giocano in un mercato secondario, quelli che sono in procinto di esplodere, quelli che giocano in un mercato secondario e non sono neanche i front-man della loro squadra e quelli che sono semplicemente un feticcio personale, ma con prospettive di esplosione prossima. Tra quelli che già sono affermati ma che magari non nutrono di una copertura mediatica massiccia ci sono sicuramente i due talenti dei Jazz, la torre francese Rudy Gobert e il poliedrico Gordon Hayward. Utah sarà una squadra intera da tenere d’occhio, nel primo round più equilibrato di questi Playoff NBA e il motivo principale sono loro due. (Utah che ha vinto 51 partite nonostante sia stata falcidiata dagli infortuni, e che ha potuto schierare il suo quintetto titolare ― Hill, Hood, Hayward, Favours, Gobert solo in quattordici occasioni quest’anno, record 12-2).

Un gioco a due, tra le punte di diamante degli Utah Jazz.

Ovviamente c’è anche Giannis Antetokounmpo. Lui di pagine di giornali ne ha occupate di più ― e vorrei ben vedere visto che è il primo giocatore ad aver finito una stagione regolare tra i top-20 per punti, assist, rimbalzi, rubate e stoppate. Sì, avete capito bene ― ma Milwaukee è forse la piazza più piccola della NBA. Ma non pensate che questi Bucks non possano fare bene: dal rientro di Middleton sono cresciuti molto, hanno una panchina con punti facili nelle mani (Teletovic, Beasley), due solide guardie (Brogdon e Delly, con cui Giannis gioca spesso a due con ottimi risultati) e soprattutto Tony Snell. Lo si vede poco, ma la sua presenza difensiva è importantissima ― come molti suoi compagni ha delle braccia lunghissime ― ed è maturato in un tiratore d’élite.

Hop-Hop Giannis braccia. Nonostante la terrificante windmill quello che più m’impressione è l’apertura alare per intercettare il passaggio di Delaney. Uno pterodattilo.

Se gli Hawks vogliono eliminare Washington avranno bisogno del loro nuovo leader, Tim Hardway Jr. autore di una buonissima stagione, e che da dopo la pausa dell’All-Star Game è definitivamente esploso in un giocatore che quest’estate diventerà milionario. Compito di marcarlo toccherà probabilmente a Otto Porter, l’altro Junior della serie e altro elemento che può consacrarsi definitivamente in questa post-season (nonché altro prossimo milionario).

Poi ci saranno giocatori che potranno andare a fuoco per una notte come Crabbe (che zitto zitto tira il 47% da tre dopo l’ASG) o lunghi che avranno in mano il destino subdolo delle loro squadre come Olynyk o Zach Randolph o Nurkic, ammesso che stia bene fisicamente, o Dedmon. Parlando di lunghi, vorrei anche Myles Turner, forse l’unico vero raggio di luce della stagione dei Pacers e che nonostante se ne parli poco o niente resta uno dei giovani con più potenziale e prospettiva della NBA.

(PS: parlando di lunghi, un’ultimissima menzione che spero possa essere anche un augurio. Cara Denver, fai sì che questi siano gli ultimi Playoff senza Nikola Jokic. Grazie)

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6-10

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