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Coach Of The Year: Gregg Popovich

Un’analisi dei San Antonio Spurs di Gregg Popovich, (eterno) candidato al premio di Coach Of the Year.

Ora non è il momento di pensare a quello che non abbiamo. Dobbiamo pensare a quello che possiamo fare con quello che abbiamo.

Gregg Popovich è l’Ernest Hemingway della palla a spicchi: un uomo burbero dalla bianca chioma, un cultore del buon vino allo stesso tempo severo e amabile, mosso da una passione viscerale e un profondo coraggio. La sua capacità di allenare e vincere con precisione svizzera va oltre le strategie sportive e la conoscenza profonda del gioco. Siamo dinnanzi ad un intimo conoscitore dell’animo umano, capace di ottenere il meglio dai propri giocatori e collaboratori, chiedendo un contributo prima alla loro umanità e poi alla loro professionalità. Un punto di vista sul basket e sulla vita, quello dell’allenatore nero-argento, che è probabilmente l’ingrediente segreto delle oltre 1200 vittorie in 20 anni di connubio con la squadra texana.

Nella corsa al titolo di Coach of the Year di quest’anno, non si può ignorare la capacità con la quale Gregg Popovich ha saputo tenere i suoi Spurs ai vertici della NBA, nonostante il ritiro in estate di Tim Duncan, pietra angolare di una delle culture più vincenti dello sport americano.

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L’ultimo abbraccio, nella serata del ritiro della maglietta di Timmy (Credits to Kens 5)

Proviamo a fare un semplice gioco di ruolo.

Sei uno degli allenatori più vincenti nella storia dello sport americano. Le tue capacità sono universalmente riconosciute e la tua visione del basket è apprezzata in ogni angolo del pianeta. Dovresti sentirti pienamente soddisfatto della tua carriera, magari anche un po’ “sazio”; sicuramente non hai il mordente dell’allenatore giovane che deve dimostrare a tutti quanto vale (vedi Brad Stevens ed Erik Spoelstra). A tutto questo, aggiungi che il tuo giocatore simbolo, quello che ti ha accompagnato per 19 anni di gioie e successi, si è ritirato, e i tuoi avversari si sono armati fino ai denti.

Cosa fai?

Probabilmente la maggior parte degli allenatori, in queste condizioni, punterebbe su una ricostruzione. Hai il miglior difensore della Lega, nonché giocatore all-around e in crescita anno dopo anno (Leonard). Ci sono anche i veterani (Parker, Ginobili e Gasol arrivato in estate) e un mix di i giovani interessanti e volenterosi (Murray, Simmons, Dedmon). Un paio di anni di pazienza e puoi tornare a reclamare un posto tra i giganti del basket americano, giusto? E invece sbagliato! Se ti chiami Gregg Popovich, non conosci nemmeno il significato della parola ricostruzione, tanto meno della parola pazienza.

Gli Spurs versione 2016/17 stanno distruggendo, vittoria dopo vittoria, i record storici dello sport americano e anche le più comuni regole del buon senso. Venti anni di presenza ai play-off sono un qualcosa di inimmaginabile, soprattutto considerato che la seconda striscia più lunga è quella degli Atlanta Hawks 2008-2016 con “sole” 9 presenze consecutive. L’ultima volta che San Antonio ha mancato l’appuntamento con la post-season era il 1997, Ronaldo vinceva il suo primo pallone d’oro e nei negozi di dischi spuntava “Ok Computer” dei Radiohead.

Per di più gli Spurs chiuderanno la loro ventesima stagione con almeno 50 vittorie, con un record positivo in trasferta e soprattutto sono ancora ai vertici della NBA, nel selvaggio ovest secondi solo alla corazzata di Steve Kerr. Chi vuole vincere il titolo dovrà vedersela ancora una volta con loro. Ma come ci riescono?

L’attacco dei San Antonio, durante questa regular season, tira col 47% dal campo (sesta nella NBA), e con il 39,1% da 3 punti, prima nella lega davanti anche ai Cavs e ai rivali Golden State. Le alte percentuali al tiro sono frutto del solito ottimo lavoro di Pop e del suo team, con particolare attenzione alla circolazione di palla. Il termine extra-pass nella città texana è diventato più un mantra che una semplice tattica di gioco. I tiri ad alta percentuale dal mid-range di Leonard, Aldridge e company permettono agli speroni di vantarsi di un efficienza offensiva di 108.9 punti per possesso, settimi in un tutta la Lega.

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Il blocco del lungo per il “ricciolo” di Danny Green che attira l’attenzione della difesa. Aldridge si apre e prende il miglior tiro possibile, piedi a terra.

Il sistema di gioco offensivo degli Spurs è basato sul continuo movimento dei giocatori e sulla loro continua partecipazione all’azione. Nella motion dei nero-argento non esistono elementi fermi e disinteressati a ciò che sta succedendo nella metà campo offensiva (come succede per altre squadre vittime dei cosiddetti ball hog). Tutti sono coinvolti e spesso tutti toccano la palla, prima che questa arrivi in post basso per Aldridge o in post alto per Leonard. Sono entrambi giocatori affidabili in situazione di post up, l’ex uomo degli Aztecs in particolare viaggia a 1.04 PPP (87.5 percentile). Una volta ricevuta palla in post, e dopo i classici palleggi in avvicinamento spalle a canestro, entrambi possono prendersi un tiro, scaricare per gli esterni o servire un assist. Avere due lunghi con un ampio range di tiro e delle buone mani come Gasol e Aldridge, costringe le difese avversarie ad uscire dal pitturato, lasciando il fortino in balia delle incursioni di Leonard, Parker o Simmons.

La compagine dell’ex agente CIA è nella top 10 assoluta anche per quanto riguarda le assistenze per partita, con 24 assist per ogni palla a due, nonostante siano aumentati i giochi in isolamento per Leonard e Aldridge.

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La difesa collassa sul giocatore più pericoloso nel pitturato (Aldridge) che scarica fuori per un Pau Gasol al suo massimo storico di triple tentate (1,6 a partita) e percentuale da dietro l’arco (54%).

La punta di diamante del funzionale meccanismo offensivo texano, non può che essere l’evoluzione modello 2017 dell’ala piccola col numero 2, Kawhi Leonard. L’uomo dalla California, nuovo leader della squadra di Gregg Popovich, è il miglior marcatore dei suoi con ben 25,8 punti a partita, circa 5 più della scorsa stagione regolare. È inoltre nono nella lista dei top scorer della NBA.
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Nonostante i minuti di utilizzo siano gli stessi dello scorso anno, Kawhi Leonard tira (da 15 a 18 tiri) e segna di più (da 21.2 a 25.8).

Pur giocando gli stessi minuti della scorsa regular-season, l’ala treccinata degli speroni tira più e meglio i liberi (7,3 a partita con 87.9%) e serve più assist ai compagni (3,6 per partita), diventando insieme a LMA il leader offensivo degli Spurs. Se il numero 2 da San Diego è oggi uno dei contendenti al titolo di MVP, è soprattutto grazie all’intelligenza con la quale Popovich ha saputo inserirlo nella squadra, al fianco dei veterani, facendolo crescere con calma e affidargli con parsimonia sempre più responsabilità.

Vedere l’evoluzione di Leonard negli anni è come vedere l’amichetto timido e introverso del gruppo. Lo si spinge a provarci con la ragazza più bella della scuola. Lui tituba, si fa pregare. Poi ci prova. Ci riesce. Ci prende gusto. Domina!

In circa 18 secondi effettivi è racchiusa l’evoluzione di Leonard versione 2017: da ottimo difensore a leader da un parte all’altra del campo. Canestro da 3 del sorpasso, stoppata decisiva su Harden e rimbalzo che chiude i giochi: Ginobili è ancora in cerca di un trapianto di cuore!

Nella città del famoso Forth Alamo ― simbolo della resistenza texana contro l’attacco dei soldati messicani nel 1836, durante la quale meno di 200 soldati tennero testa e difesero il fortino da migliaia di avversari ― il Generale Gregg Popovich non può esimersi dal rispettare la gloriosa storia texana e mettere in scena un altrettanto tenace e infrangibile difesa. L’addio di The Big Foundamental ha sicuramente tolto punti qualità al cuore della difesa nero-argento, ma l’esperienza di Lee e Gasol, unita all’atletismo straripante di Dedmon, permettono una protezione del ferro più che soddisfacente. A dimostrarlo, anche le 5,9 stoppate a partita che portano San Antonio al secondo posto di questa particolare classifica. La difesa texana riesce a tenere gli avversari ad un misero 44,3% dal campo, e la percentuale cala drasticamente quando parliamo di tiri dall’arco dei tre punti: 34%. 

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Coach Pop ci ha dato assaggio di zona, con una Princeton Break 1-2-2 che prevede l’alternanza dei lunghi (Lee e Gasol) per coprire il pitturato e uscire sul tiratore. Ottimo il lavoro di Simmon ad anticipare Kanter in post basso.

Sul perimetro, le lunghe braccia di Leonard non hanno certo bisogno di presentazioni. Il furto in punta con seguente transizione offensiva è diventato il marchio di fabbrica della casa. Il segreto di quest’efficienza perimetrale sta nella decisione di coach Pop di dare spesso i top scorer avversari (Westbrook o Harden, ad esempio) in pasto al sempre sottovalutato Danny Green, ancora una delle migliori guardie difensive della Lega. In questo modo il numero 2 ha la possibilità di interporsi nelle linee di passaggio e volare in campo aperto per due punti facili. Da non sottovalutare anche la possibilità, in questo modo, di sgravare Leonard dal lavoro sporco nella propria metà campo, per permettergli di dare il meglio nelle manovre offensive.

Gli Spurs, grazie anche a innesti freschi e importanti come Simmons e Dedmon, mettono a referto tante stoppate e rubano ben 8 palloni a partita e sono anche quest’anno la migliore difesa della Lega. Possono infatti vantare un Defensive Rating di 100,8 e a posizionarsi ancora una volta al vertice della Lega in questa importante classifica.

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Il furto di Leonard è favorito dal suo istinto e dalle lunghe braccia, ma coadiuvato dalla buona difesa di Danny Green che rende difficile il passaggio di Rush a Wiggins.

Probabilmente in estate le frasi più sentite nei bar di San Antonio saranno state :“senza Tim non avranno un leader” oppure “Parker, Ginobili, Gasol…sono troppo vecchi per arrivare fino in fondo”. Ma la differenza tra i comuni mortali e i sognatori, sta nella capacità di questi ultimi nel guardare il mondo con occhi diversi, e scovare la bellezza lì dove nessuno avrebbe mai immaginato di trovarla.

E in questo c’è la grandezza e il coraggio di coach Pop: prendere un giovane timido e taciturno (silent superstar, dicono gli americani), scelto alla 15 dopo personaggi come Derrick Williams e Bismack Biyombo (sic) e consegnargli le chiavi della franchigia più vincente degli ultimi vent’anni.

Ma nel momento clou della stagione, durante i play-off, una grande difesa e un leader nuove di zecca potrebbero non bastare per arrivare al 6 anello della storia di San Antonio.

Per fortuna, coach Pop, oltre ad essere un fine stratega è un navigato e attento recruiter, capace di costruire una corazzata vincente servendosi di “pezzi di ricambio” insospettabili e perlopiù sconosciuti. Gli Spurs possiedono infatti il miglior bench-net-rating della NBA, grazie al dinamic scorer Patty Mills, al rim-protector Dedmon e all’eterno Manu Ginobili che ancora non ne vuol sapere di appendere le scarpe al chiodo.

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I’m going to use him like a bar of soap until there’s nothing left!
Parole di Gregg Popovich, musica di Emanuel David Ginobili

Popovich si affida sempre molto alla sua panchina, e anche quest’anno sta dando tante soddisfazioni e tanti minuti a giovani carichi di talento e di energie come Anderson, Murray e Bertans, gestendo le rotazioni dei suoi giocatori chiave, evitando di sovraccaricarli di minuti e fatica. Inoltre con questo escamotage permetterà agli Spurs di arrivare ai play-off con dei veterani ancora in grado di apportare il loro prezioso contributo, e dei giovani con alle spalle una regular-season fatta di esperienza e di tanti minuti giocati.

Una grande incognita sulla permanenza degli Spurs ai play-off, è rappresentata sicuramente dalle condizioni di Kevin Durant dopo il suo rientro dall’infortunio per i suoi Golden State, ancora favoriti ad ovest. Non bisogna sottovalutare, sempre ad ovest, la capacità e la caparbietà con la quale James Harden sta guidando i suoi Houston Rockets all’arrembaggio. In entrambi i casi, la granitica difesa nero-argento avrà un ruolo da protagonista assoluto, e la panchina sarà chiamata ad uno sforzo in termini di energie e di qualità, per dare profondità ad una rosa dall’età media di 28,8 anni.

Non ci resta che attendere i playoff e la prima sfida con gli Orsi del Tennessee, sicuri del fatto che i nero-argento si faranno trovare pronti e agguerriti per difendere il fortino. Proprio come negli ultimi vent’anni, e come negli ultimi vent’anni alla loro testa ci sarà l’eterno Gregg Popovich, ancora una volta candidato a vincere il premio di Coach Of the Year.

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